Costituire una società all'estero in Italia non è facile, c'è il problema della sede e dei reati fiscali. In Europa invece vige la libertà di stabilimento. Vediamo i vantaggi, i rischi e le regole generali

di Annamaria Villafrate - Trattare in maniera esaustiva il tema della costituzione delle società all'estero è compito arduo, perchè ogni Stato ha regole commerciali e fiscali diverse da rispettare. E' bene però fornire alcune indicazioni non tanto su cosa si può fare, ma su che cosa non si può fare se si vuole costituire una società all'estero. Lo step successivo? Affidarsi a una società di consulenza per la gestione degli aspetti burocratici e fiscali della società.

Facciamo chiarezza:


Costituire una società all'estero: è vantaggioso?

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Costituire una società all'estero attrae da sempre gli imprenditori italiani attirati, a torto o ragione, dai vantaggi burocratici e fiscali che una scelta di questo tipo può offrire. Peccato che la realtà sia un po' diversa. Costituire una società all'estero infatti, contrariamente a quello che si può pensare, non fa venire meno definitivamente i rapporti con il Fisco italiano. Come vedremo più avanti infatti le tasse si pagano nel paese in cui il reddito viene prodotto.

Società all'estero, il problema della sede

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L'art 73, comma 3 del T.U imposte sui redditi D.P.R n. 917/1986 prevede che: "Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato. Si considerano altresì residenti nel territorio dello Stato gli organismi di investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e, salvo prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, in cui almeno uno dei disponenti ed almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, inoltre, residenti nel territorio dello Stato i trust istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, quando, successivamente alla loro costituzione

, un soggetto residente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un'attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi."

Reato di omessa dichiarazione per società con residenza estera

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Come ha avuto modo di precisare la Cassazione nella sentenza penale n. 16001/2013: "ai sensi dell'art. 73, comma 3, del DPR 22/12/1986 n. 917 - l'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di società avente residenza fiscale all'estero, la cui omissione integra il reato previsto dall'art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sussiste se detta società abbia stabile organizzazione in Italia, il che si verifica quando si svolgano in territorio nazionale la gestione amministrativa e la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell'espletamento dei servizi (sez. 3, sentenza n. 7080 del 24/01/2012 - sez. 3, sentenza n. 29724 del 26/05/2010 con riferimento all'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte di società avente residenza fiscale all'estero)".

Chi vuole costituire una società all'estero gestendola dall'Italia quindi deve pagare le imposte al Fisco Italiano, in caso contrario si commette il reato di omessa dichiarazione.

Secondo la recentissima Cassazione n. 16296/2018 non è possibile costituire una società estera e gestirla dal territorio italiano neppure se opera online in modalità e-commerce, con conti correnti aperti presso banche italiane. A titolo di esempio quindi, non è possibile aprire un e-commerce con sede legale in Romania per usufruire dei vantaggi fiscali e vendere i prodotti in Italia.

L'esterovestizione

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L'esterovestizione consiste nella "fittizia" localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che svolge la sua attività in Italia, per usufruire di un regime fiscale più vantaggioso rispetto a quello italiano.

Abbiamo visto che l'art. 73 del TUIR indica i criteri da utilizzare per stabilire la residenza fiscale delle persone giuridiche. La residenza fiscale di una società in Italia sussiste in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  • sede legale indicata nell'atto costitutivo o nello statuto in Italia;
  • sede amministrativa, o luogo di direzione effettiva in Italia;
  • oggetto principale localizzato in Italia.
  • Dal primo gennaio 2006 il comma 5 bis dell'articolo 73 prevede che, salvo prova contraria, è residente nello Stato l'Ente che è amministrato o controllato da soggetti residenti in Italia.

La dicitura "salvo prova contraria" pone a carico del contribuente l'onere di dimostrare che la società da lui costituita opera realmente all'estero e non che ha nel paese straniero solo una sede fittizia.

In Europa vige la libertà di stabilimento

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La libertà di stabilimento prevista dall'art. 49 del TFUE è il diritto di trasferirsi in uno Stato membro europeo diverso da quello di origine per esercitarvi una qualsiasi attività economica non subordinata, alle stesse condizioni previste per i cittadini di quello Stato. La norma infatti così dispone: "La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini".

La libertà di stabilimento si può esercitare attraverso:

  • la facoltà di trasferire il centro dell'attività economica in un Paese diverso da quello di provenienza;
  • la possibilità di aprire in uno Stato europeo diverso, filiali, agenzie o succursali di altro genere nel rispetto delle normative nazionali, a condizione che, comunque, le politiche restrittive previste dallo stato ospitante siano «giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica», ai sensi dell'art. art. 52 TFUE.

La libertà di stabilimento, anche se prevista dalla disciplina UE alla quale l'Italia appartiene, non fa venire meno il rischio di abuso, quando il fine esclusivo consiste nelpoter beneficiare di normative fiscali o leggi societarie più favorevoli.

Società all'estero: regole generali

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E' evidente che costituire una società all'estero non significa evadere il fisco.

Meglio quindi fare tutto nel rispetto della legge ovvero:

  • ubicare la sede fisica della società all'estero;
  • svolgere l'attività nel paese in cui si localizza l'attività d'impresa;
  • tenere i libri sociali e contabili previsti per la forma societaria prescelta;
  • e conservare tutti i documenti legati all'attività: contratto, verbali dei Consigli di Amministrazione, biglietti aerei e marittimi, che possono tornare utili come mezzi probatori in caso di controlli o contenziosi.


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