La Cassazione rammenta i requisiti di validità in Italia della procura alle liti rilasciata all'estero, richiamando i necessari adempimenti a cui è tenuto l'interessato

di Lucia Izzo - Quali sono i requisiti affinché la procura alle liti rilasciata all'estero possa dirsi valida e quando, in caso di nullità, è possibile una sanatoria?


A tali interrogativi ha fornito risposta la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nella recente ordinanza n. 8174/2018 (qui sotto allegata), pronunciandosi sulla vicenda di un'opposizione promossa da un cittadino tedesco, residente in Germania, avverso un verbale di contravvenzione al Codice della Strada.


Tale opposizione, inizialmente accolta dal Giudice di Pace, veniva rigettata dal Tribunale adito in appello dal Comune di Firenze. Anche il successivo ricorso in Cassazione promosso dal cittadino si risolve in un nulla di fatto.


Tuttavia, nel provvedimento gli Ermellini trovano occasione di esprimersi sulla validità della procura rilasciata all'estero a seguito del ricorso incidentale promosso dal Comune sul punto (nullità inesistenza della procura alle liti), già rilevato in appello in via pregiudiziale e sul quale il giudice a quo non si era pronunciato.


In sostanza, l'Amministrazione ritiene che la procura speciale alle liti rilasciata su foglio a parte in primo grado dal cittadino sia inesistente, doglianza che la Cassazione ritiene fondata.

Procura alle liti disciplinata dalla legge processuale italiana anche se rilasciata all'estero

In base al disposto dell'art. 12 della L. n. 218/1995, spiegano i giudici, il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana e la procura alle liti utilizzata in un giudizio celebrato nel nostro Stato, anche se rilasciata all'estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana


La nostra legge processuale, tuttavia, rinvia al diritto sostanziale nella parte in cui consente l'utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, sicché in tali evenienze la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della lex loci.


A tal fine, prosegue la Corte, "occorre però che il diritto straniero conosca, quantomeno, i suddetti istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell'ordinamento italiano e che consistono, quanto alla scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell'identità del sottoscrittore".

Procura alle liti rilasciata all'estero: necessaria la traduzione anche dell'attività certificativa del notaio

Inoltre, spiega il Collegio, per atti come la procura, prodromici al processo e non endoprocessuali (per i quali l'art. 122 c.p.c. prescrive l'uso della lingua italiana), varrà pur sempre il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto.


Nel caso in esame, la procura, rilasciata dall'opponente, in Germania, era risultata essere esente (in conformità alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, ratificata dall'Italia con L. n. 1253/1966, nonché alla Convenzione bilaterale tra l'Italia e la Germania conclusa in Roma il 7 giugno 1969) sia dalla legalizzazione da parte dell'autorità consolare italiana, sia dalla c.d. apostille, e cioè dal rilascio, da parte dell'organo designato dallo Stato di formazione dell'atto, di un attestato idoneo a che l'atto venga riconosciuto e accettato come autentico.


Ciò per la Cassazione non esclude, tuttavia, la circostanza che si sarebbe dovuta allegare non solo la traduzione della procura speciale, bensì anche quella dell'attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l'attestazione che la firma era stata apposta in sua presenza, da persona di cui egli aveva accertato l'identità. Il mancato espletamento di tale adempimento comporta la nullità della procura.


Tuttavia, una sanatoria a tale nullità è possibile poichè per la Cassazione può trovare applicazione anche, anche al vizio inerente alla procura alle liti (come confermato dalle Sezioni Unite nella sent. 28337/2011), il principio di cui all'art. 182, secondo comma, c.p.c., nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009 (applicabile "ratione temporis" trattandosi di procura rilasciata il 21 febbraio 2011)


La disposizione, la quale stabilisce che il giudice, ogni qualvolta rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione "può" assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dovrà essere interpretata nel senso che il giudice "deve" promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti "ex tunc", senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali.


Di tale principio dovrà tenere conto il giudice del rinvio a seguito dell'accoglimento del ricorso incidentale e della conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Cassazione ordinanza n. 8174/2018

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