La Cassazione conferma che l'indennità deve essere percepita dopo l'introduzione del giudizio divorzile e sempre che ne sussistano gli altri presupposti previsti dalla fattispecie
di Enrico Pattumelli - L'art 12-bis della legge sul divorzio (legge 898/1970) prevede che l'ex coniuge, ossia colui che abbia ottenuto la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha diritto a ricevere una percentuale del trattamento di fine rapporto percepita dall'altro coniuge.

La succitata disposizione individua quali siano le condizioni necessarie affinché possa essere riconosciuto tale diritto.

Nello specifico, il coniuge non deve essere convolato a nuove nozze e deve essere titolare di un assegno divorzile.

Si chiarisce altresì che la quota spettante è pari al 40% dell'indennità totale, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il matrimonio.

Tfr all'ex: quando sorge il diritto

La norma in esame prevede che l'indennità deve essere corrisposta pro quota all'ex coniuge anche se maturata dopo la sentenza.

Ai fini della corresponsione della quota, bisogna tener conto del momento in cui il coniuge lavoratore termina il rapporto di lavoro, maturando così il diritto a ricevere l'indennità, oppure il momento in cui detta somma rientra nella sua disponibilità?

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza 7239/2018 (sotto allegata), ha confermato il proprio orientamento sulla questione, fornendo un'interpretazione letterale, sistematica e teleologica dell'art. 12 bis della legge sul divorzio.

Si considera il tenore letterale della norma nella parte in cui prevede "anche se maturate dopo la sentenza".

Il dato normativo, impiegando la congiunzione "anche", permette di desumere che l'indennità può essere maturata sia prima che dopo la sentenza di divorzio, con la necessità e, dunque, il limite temporale della presentazione della domanda giudiziale.

Si può facilmente osservare che nelle more del giudizio, nessuna delle parti processuali sia titolare dell'assegno divorzile con la conseguenza che difetterebbe uno dei requisiti richiesti dalla norma ai fini dell'ottenimento della quota di TFR.

Come noto, la titolarità dell'assegno divorzile si ottiene con il passaggio in giudicato della sentenza o con una successiva che lo liquidi.

La ratio della norma è proprio quella di correlare il riconoscimento della quota di TFR con l'assegno divorzile.

In astratto, il diritto della parte più debole ad ottenere un contributo economico sussiste già al momento della presentazione della domanda.

In concreto, tale somma sarà esigibile solo con il passaggio in giudicato della sentenza.

Sono proprio questi percorsi logici che permettono di risolvere la questione in modo inequivoco.

L'indennità si considera maturata dal coniuge lavoratore nel momento in cui termina il proprio rapporto di lavoro e, per riconoscerne una quota in capo all'ex coniuge, ciò deve avvenire successivamente alla data di presentazione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio.

L'attribuzione della quota in capo all'ex coniuge abbisogna altresì del riconoscimento in concreto della spettanza dell'assegno divorzile, dovendosi attendere quanto meno il passaggio in giudicato del relativo provvedimento.

Tali conclusioni trovano conferma nella natura costitutiva della sentenza di divorzio e nella facoltà di riconoscerne la retroattività degli effetti patrimoniali sino al momento di presentazione della domanda ex art. 4 co 10 della medesima Legge sul divorzio.

Cassazione civile, sez. 6, ordinanza 7239-2018

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