La Corte conferma il diritto dell'avvocato a recuperare in via esecutiva le spese generali se la sentenza distingue gli esborsi dagli onorari

di Lucia Izzo - Il procuratore distrattario è legittimato ad azionare il titolo in sede esecutiva per reclamare il pagamento del 10% ex art. 15 della tariffa forense sulla base della sentenza che contiene la condanna alle spese processuali in suo favore senza dover impugnare la sentenza.


Tuttavia, la somma dovuta per il 10% potrà essere riconosciuta in via esecutiva soltanto ove la sentenza distingua gli esborsi dai diritti e dagli onorari, altrimenti verranno meno i requisiti della liquidità e della certezza che devono contraddistinguere il diritto di credito che costituisce l'oggetto del titolo esecutivo ex art. 474 del codice di procedura civile.


Tanto si desume dall'ordinanza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 3970/2018 (qui sotto allegata) pronunciatasi su una vicenda che aveva visto contrapposti l'Inps e un avvocato.


In particolare, il legale aveva notificato all'Istituto dei precetti per il recupero del rimborso c.d. forfettario del 10% delle spese generali, in relazione a compensi professionali liquidati in suo favore dal Tribunale in più sentenze.


Tuttavia, nonostante l'opposizione dell'Inps fosse stata inizialmente respinta, la Corte d'Appello dà ragione all'Istituto: in particolare il giudice a quo sostiene che l'avvocato, a cui l'Inps aveva già liquidato gli importi di cui alle sentenze (compresi quelli a titolo di rimborso di spese di lite) non potesse ottenere un ulteriore pagamento per il titolo dedotto.


Ciò perché, in alcuni casi, le spese erano state liquidate dal giudice in un unico importo insieme agli onorari, senza distinguere gli onorari dalle altre voci onde sarebbe stato impossibile determinare l'importo dovuto (che costituisce una percentuale degli onorari) con quella certezza che rappresenta un requisito di validità del precetto.

Cassazione: rimborso spese generali all'avvocato in via automatica con determinazione ex lege

Di diverso avviso la Cassazione che ritiene di accogliere il ricorso con cui l'avvocato, tra l'altro, aveva evidenziato che solo in alcuni casi le spese erano state liquidate dal giudice senza distinguere gli onorari dalle altre voci, mentre in altri casi i giudici avevano liquidato distintamente le spese rispetto alle altre voci (diritti e onorari) su cui si calcola la percentuale del 10% delle spese generali, che ben poteva essere quindi correttamente determinata.


Gli Ermellini evidenziano come il rimborso delle spese generali (nella specie, richiesto ai sensi dell' art. 15 della tariffa forense approvata con d.m. n. 585/1994) spetta all'avvocato in via automatica e con determinazione "ex lege", dovendosi, pertanto, ritenere compreso nella liquidazione degli onorari e diritti di procuratore nella misura del 10%, anche senza espressa menzione nel dispositivo della sentenza.


Da ciò consegue che l'avvocato distrattario sarà legittimato a pretenderne il pagamento in forza della sentenza da cui discende la liquidazione delle stesse voci e nelle quali deve ritenersi automaticamente compresa quella in discussione.

Invece, è privo di fondamento, conclude la Cassazione, sostenere che sia la parte rappresentata a dover impugnare una sentenza all'interno della quale si ritiene già compresa ex lege la condanna al pagamento della somma a favore dell'avvocato distrattario, a nulla rilevando la sua omessa menzione nel dispositivo della sentenza.

D'altronde, fino a quando non interviene l'eventuale revoca del provvedimento di distrazione, il difensore distrattario sarà l'unico legittimato a intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorari.


Tuttavia, la somma dovuta potrà essere riconosciuta, in via esecutiva, soltanto laddove la sentenza distingua gli esborsi dai diritti e dagli onorari, poiché, in caso contrario, vengono meno i requisiti della liquidità e della certezza che devono contraddistinguere il diritto di credito che costituisce l'oggetto del titolo esecutivo. Parola, sul punto, al giudice del rinvio.

Cass., sezione lavoro, ord. n. 3970/2018

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