Per la Cassazione nei confronti del trafficante di cani dall'estero sussiste il reato ex art. 544-ter c.p. e non spettano le attenuanti generiche stante la gravità delle condotte e il numero elevato di cani maltrattati

di Lucia Izzo - Il trafficante di cani che importa cuccioli dall'estero irregolarmente e li detiene in condizioni pessime e inadeguate, rischia il carcere e una multa per maltrattamento di animali. Non potrà neppure beneficiare delle attenuanti generiche laddove il numero di cuccioli sia elevato e le condotte particolarmente gravi.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 1448/2018 (qui sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo e confermando la condanna comminatagli dalla dalla Corte d'Appello, ovverosia tre anni di reclusione, risarcimento danni nei confronti della parte civile e una provvisionale di ben 15mila euro.


All'imputato, titolare di un'impresa, erano contestate plurime condotte. In primis, violando l'art. 544-ter, commi 1,2 e 3, c.p., l'uomo aveva maltrattato con crudeltà e senza necessità 112 cuccioli di cane, cagionando loro delle lesioni, allontanandoli prematuramente dalla madre ostacolandone la corretta crescita e l'adeguato sviluppo, nonché sottoponendoli a trattamenti di vaccinazione antirabbica prima del tempo.


Da tale comportamento era derivata la morte di 28 cuccioli per malattie quali il cimurro e la parvovirosi canina. Inoltre, l'uomo aveva trasportato i cuccioli dall'Ungheria in Italia senza preventivo esame clinico da parte di veterinario abilitato dall'autorità competente, consentendo così la diffusione delle malattie contratte da alcuni esemplari.


Ancora, era stato rilevato come i contenitori ospitanti i cani fossero privi di ciotole per il cibo e il beveraggio e, ancora, come l'imputato avesse omesso di approntare le dovute cure ai cuccioli ammalati, relegandoli in spazi fatiscenti nelle loro gravi condizioni.


Infine, all'uomo è contestato anche di aver, nell'esercizio dell'attività di commercio degli animali, venduto ai propri acquirenti esemplari che per origine, qualità e provenienza differivano da quella dichiarata e pattuita e contraffatto in tutto o in parte i passaporti canini.

Maltrattamento di animali: niente attenuanti per l'elevato numero di cuccioli maltrattati

In Cassazione, l'imputato tenta di respingere le accuse e contesta la mancata concessione delle attenuanti generiche. Tuttavia, gli Ermellini difendono il giudizio della Corte territoriale, fondato sulle fonti di prova raccolte che avevano dimostrato le pessime condizioni nelle quali erano stati ritrovati i cuccioli acquistati dalla ditta del ricorrente.


Questi erano tenuti nei locali di una cascina (inadeguati, fatiscenti e insalubri), ammassati all'interno di casse di plastica troppo piccole per il numero di cuccioli ivi posti e senza ciotole per cibo e acqua a disposizione. Pertanto è apparsa evidente la sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all'art. 544-ter del codice penale.

Inutile, per l'uomo, anche cercare di difendersi dall'accusa di falso denunciando la propria estraneià: il ricorrente, esperto dell'attività commerciale che svolgeva, aveva contraffatto il timbro sui passaporti traendone vantaggio.

Non gli spettano neppure le attenuante generiche: queste, rammenta la Corte, consentono al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all'imputato, della sanzione prevista dalla legge, e la meritevolezza di detto adeguamento va appositamente motivata indicando gli elementi ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio.

L'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte ha motivato il diniego del riconoscimento delle attenuanti in parola valorizzando la assenza di resipiscenza, la sussistenza di un precedente penale specifico, l'elevato numero di cuccioli coinvolti, la gravità dei maltrattamenti e il contesto di commissione delle condotte.


Cass., III sez. pen., sent. n. 1448/2018

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