La lettera di licenziamento è l'atto formale con cui il datore mette fine al rapporto di lavoro nei casi previsti dallo Statuto dei lavoratori, dai contratti collettivi, dall'art. 2119 c.c. e dalla legge n. 604/1966

Lettera di licenziamento: che cos'è

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La lettera di licenziamento è un documento con cui il datore di lavoro pone fine al contratto di lavoro a tempo indeterminato o a quello a tempo determinato, prima della scadenza convenuta dalle parti.

Disciplina di riferimento

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Questa la disciplina di riferimento:

  • Contratti collettivi
  • Art. 18 l. 330/1970 "Statuto dei lavoratori"
  • Art. 2119 c.c. "Recesso per giusta causa"
  • Legge 604/66 "Norme sui licenziamenti individuali"

L'art. 2 della legge 604/66 prevede che il datore di lavoro, sia egli imprenditore o non imprenditore, ha l'obbligo di comunicare il licenziamento

al prestatore di lavoro in forma scritta, specificando i motivi che lo hanno determinato in tal senso, poiché il mancato rispetto di queste formalità ne comporta l'inefficacia. Una volta redatta e sottoscritta dal datore di lavoro, la lettera di licenziamento deve essere spedita al lavoratore, a mezzo raccomandata per avere la sicurezza dell'intervenuta notifica.

La Cassazione con sentenza n. 16857/2020 ha chiarito al riguardo che: "In tema di licenziamento

individuale, la novellazione dell'art. 2, comma 2, della I. n. 604 del 1966 per opera dell'art. 1, comma 37, della I. n. 92 del 2012, si è limitata a rimuovere l'anomalia della possibilità di intimare un licenziamento scritto immotivato, introducendo la contestualità dei motivi, ma non ha mutato la funzione della motivazione, che resta quella di consentire al lavoratore di comprendere, nei termini essenziali, le ragioni del recesso; ne consegue che nella comunicazione del licenziamento il datore di lavoro ha l'onere di specificarne i motivi, ma non è tenuto, neppure dopo la suddetta modifica legislativa, a esporre in modo analitico tutti gli elementi di fatto e di diritto alla base del provvedimento (Cass. n. 6678 del 2019)."

Quando si può licenziare un dipendente?

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Nei casi in cui al lavoratore viene comunicata in anticipo la decisione di porre fine al rapporto di lavoro, si parla di licenziamento con preavviso. Per "preavviso" infatti si intende il periodo di tempo (variabile in base al contratto collettivo e al tipo di lavoro) che intercorre tra la lettera di licenziamento e l'ultimo giorno di lavoro e che consente al lavoratore di cercare un altro impiego. Costituisce eccezione al licenziamento con preavviso quello per giusta causa, noto come licenziamento "in tronco", che ha effetto immediato.

Il licenziamento comunque è legittimo solo se è adeguatamente giustificato.

Il datore infatti può porre fine al rapporto con un licenziamento disciplinare, se il lavoratore ha tenuto una condotta colpevole o in malafede. Spetta comunque al datore provare la giusta causa o il giustificato motivo del licenziamento.

In base alla maggiore o minore gravità del fatto commesso dal dipendente il licenziamento può avvenire:

- per giusta causa: se il fatto è talmente grave che il rapporto non può proseguire neppure per un giorno (dipendente che aggredisce fisicamente il proprio datore di lavoro). La Cassazione nella sentenza n. 26199/2022 ha chiarito inoltre che: "La giusta causa di licenziamento, che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, integra una clausola generale che richiede di essere concretizzata dall'interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e a cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto demandato al giudice del merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici (Cass. 26.4.2012 n. 6498; Cass. n. 5095/2011)."

- per giustificato motivo soggettivo: se il fatto commesso dal lavoratore è meno grave, ma non consente in ogni caso di proseguire il rapporto di lavoro;

- per giustificato motivo oggettivo: se la cessazione del rapporto è legata a problematiche aziendali (chiusura di un settore, esternalizzazione di funzioni, crisi di mercato, politica aziendale che prevede un taglio dei costi). Ai sensi dell'art. 3 della legge 604/66 infatti: " Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa."

Preme menzionare a questo punto, la Cassazione n. 20789/2022 in relazione a importanti chiarimenti forniti in ordine all'art. 18 comma 4 dello Statuto dei lavoratori: "È stato rilevato che l'art. 18 comma 4 citato nell'assimilare, quanto alle conseguenze, il caso in cui la condotta rientri tra quelle punibili con una sanzione conservativa all'insussistenza del fatto contestato si pone in continuità, per il peculiare aspetto della tutela da accordare, con l'indirizzo consolidato secondo cui in via generale il datore di lavoro non può irrogare un licenziamento disciplinare quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal c.c.n.l. in relazione ad una determinata infrazione (cfr. Cass. 14 dicembre 2018, n. 32500 ed ivi le richiamate Cass. n. 6165 del 2016 e n. 19053 del 2005). Ed infatti condotte che pur astrattamente ed eventualmente sarebbero suscettibili di integrare una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo di recesso ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l'autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse sanzioni meramente conservative (cfr. Cass. 9223 del 2015, n. 13353 del 2011, n. 1173 del 1996, n. 19053 del 1995). D'altronde le norme sul concetto di giusta causa o giustificato motivo soggettivo e sulla proporzionalità della sanzione sono pur sempre derogabili in melius ed il potere del giudice di valutare la legittimità del licenziamento disciplinare, quanto alla proporzionalità della sanzione, anche attraverso le previsioni contenute nei contratti collettivi, trova un fondamento normativo nella legge n. 183 del 2010, che all'art. 30 comma 3 ha previsto che: "nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni"

Lettera di licenziamento con preavviso

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Questo tipo di lettera (vedi fac-simile sotto allegato), da redigersi in duplice copia, una per il dipendente e una per il datore di lavoro, deve contenere le seguenti informazioni:

  • nome e indirizzo dell'azienda;
  • nome e indirizzo del dipendente;
  • introduzione: in cui riassumere il motivo della lettera ;
  • data del licenziamento effettivo;
  • periodo di preavviso;
  • motivo per cui l'azienda manifesta la volontà di recedere dal contratto di lavoro.
  • firma del datore e spazio per quella del lavoratore.

Lettera di licenziamento senza preavviso

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Se il licenziamento avviene in tronco, per ragioni talmente gravi da impedire la prosecuzione del rapporto, il datore non è tenuto a rispettare alcun termine di preavviso.

La lettera quindi (v. fac-simile sotto allegato) dovrà contenere tutti gli elementi previsti per quella da redigere in caso licenziamento con preavviso, con la sola differenza che non dovrà riportare alcun termine di avvertimento, dal momento che il licenziamento ha effetto immediato.

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