Per il tribunale di Potenza, in presenza di un animus donandi, la contestazione di un conto corrente bancario deve essere considerata una donazione indiretta

di Valeria Zeppilli - In presenza di un animus donandi, la cointestazione di un conto corrente bancario o di un dossier titoli deve essere considerata una donazione indiretta, che, si ricorda, non necessita del requisito formale dell'atto pubblico per la sua validità.

Il principio, già ampiamente consolidato in giurisprudenza, è stato di recente riaffermato dal Tribunale di Potenza nella sentenza numero 915/2017 (qui sotto allegata), che ha precisato anche che, se invece la sussistenza dell'animus donandi non è provata, la cointestazione va considerata come comproprietà della giacenza e dei titoli.

Animus donandi

In buona sostanza, l'animus donandi assume un ruolo fondamentale ai fini della corretta identificazione della cointestazione come donazione. Infatti, "la mera cointestazione di un conto corrente o di titoli anche a firme disgiunte, non integra, comunque, di per sé un atto di liberalità a favore del cointestatario". A tal fine è invece necessaria la prova che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro (e, quindi, colui che ha immesso nel conto le risorse finanziarie o ha pagato il prezzo dei titoli che sono poi stati immessi nel dossier), fosse animato solo ed esclusivamente da uno scopo di liberalità.

Nel caso di specie, tale prova mancava e non era emersa alcuna situazione giuridica differente rispetto a quella che risultava dalla cointestazione. Di conseguenza, in forza di quanto detto sopra, il Tribunale non ha potuto che affermare la proprietà del denaro presente sui buoni postali e sul libretto di risparmio in parti uguali tra i contitolari, così dichiarando il subentro degli eredi di uno dei cointestatari nella quota di proprietà di questo ai sensi dell'articolo 582 del codice civile.

Tribunale di Potenza testo sentenza numero 915/2017
Valeria Zeppilli

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