Per i giudici l'attuale suddivisione è irragionevole. Bocciati anche il colloquio e la norma regolamentare sulle conseguenze per chi spende illegittimamente il titolo

di Valeria Zeppilli - Il Consiglio di Stato ha posto un freno alle specializzazioni degli avvocati: l'elenco delle 18 materie oggi previste va rivisto e il loro numero va limitato, riportandolo entro confini ragionevoli e congrui.

Tanto si legge nella sentenza numero 5575/2017 (qui sotto allegata), nella quale i giudici hanno osservato che la censura sollevata circa il numero massimo di specializzazioni conseguibili "è fondata ... alla luce della acclarata irragionevolezza della suddivisione relativa che individua ambiti contermini e settori affini, tanto da far apparire egualmente irragionevole la limitazione impugnata".

Servono congruità e ragionevolezza

Le opzioni del regolatore, per il Consiglio di Stato, non riescono a superare il vaglio di coerenza e sostenibilità rispetto al metro della logicità e della ragionevolezza con la conseguenza che, vista l'impossibilità di "ricostruire il criterio ordinatore dei settori di specializzazione contenuti nel regolamento", risulta ora imprescindibile un "profondo ripensamento della disciplina introdotta con l'adozione di parametri che siano il frutto di una scelta di merito, ma che devono rispettare i criteri di effettività, congruità e ragionevolezza".

Colloquio troppo vago

La sentenza in commento si è confrontata anche con la questione del colloquio che l'avvocato che aspira alla specializzazione deve tenere dinanzi al CNF, affermando che esso in effetti, per come è attualmente delineato, non tutela sufficientemente gli interessi né del professionista né del consumatore-cliente: è in fatti un colloquio dai contorni troppo vaghi e imprecisi.

Anche sotto questo punto di vista il regolamento va rivisto.

Illecito disciplinare

Con riferimento alle conseguenze che può subire l'avvocato che spende il titolo di specialista in realtà non posseduto, il Consiglio di Stato ha bocciato a pieno l'articolo 2, comma 3, del regolamento che afferma che "commette illecito disciplinare l'avvocato che spende il titolo di specialista senza averlo conseguito".

L'articolo 3, comma 3, della legge professionale forense, infatti, affida l'individuazione di fatti di rilievo disciplinare al codice deontologico, con la conseguenza che "la norma regolamentare è illegittima se vuole ampliare l'ambito delle fattispecie rilevanti, superflua e illogica se non perplessa, e dunque parimenti da annullare, se intende riportarsi alle previsioni del codice deontologico specificandole".

Del resto, in relazione alla condotta di chi spende illegittimamente il titolo di specialista è possibile fare riferimento sia all'articolo 35 ("dovere di corretta informazione") sia all'articolo 36 ("divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli") del codice deontologico.

Errata corrige: il presente articolo va ad integrare e chiarire, sulla base della sentenza del Consiglio di Stato, allegata, l'articolo pubblicato ieri dal titolo "Consiglio Stato: ok a specializzazioni avvocati", redatto sulla base del comunicato stampa diffuso dall'Unione Camere Penali "Il Consiglio di Stato conferma la specializzazione forense" prima che venisse ufficialmente diffusa la decisione dei giudici amministrativi



Consiglio di Stato testo sentenza numero 5575/2017
Valeria Zeppilli

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