Per la Cassazione l'animus corrigendi se sproporzionato concretizza la fattispecie di maltrattamenti in famiglia e non quello meno grave di abuso dei mezzi di correzione

Avv. Francesca Servadei - La scuola non è solo un luogo dove si imparano nozioni, ma rappresenta anche un luogo dove il minore ripone fiducia nei confronti di chi insegna, tanto è vero che, è un dato di fatto, la scuola rappresenta il luogo più prossimo al focolare domestico. Pertanto la Suprema Corte con sentenza numero 40959/2017 (sotto allegata) ha statuito che nella fattispecie in cui l'insegnante utilizzi ripetutamente violenza non risponde del reato di cui all'articolo 571 del Codice Penale (Abuso di mezzi di correzione o di disciplina), bensì del più grave reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli.

La fattispecie

Il ricorso, dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte vedeva la vicenda di due maestre di asilo, colpevoli di aver posto in essere comportamenti che andavano a ledere l'incolumità fisica e affettiva delle piccole persone offese a loro affidate, per le quali era stato effettuato ricorso per Cassazione a seguito della sostituzione della misura coercitiva degli arresti domiciliari con quella della sospensione dall'esercizio del pubblico ufficio per la durata di mesi dodici. Veniva censurata in modo particolare la carenza di motivazione dell'impugnata ordinanza, la violazione di legge, l'omessa considerazione dell'animus corrigendi.

In sede di riesame veniva respinto quanto sollevato dalla difesa e la Suprema Corte qualificava il fatto nella condotta riconducibile ai maltrattamenti, sottolineando il clima di tensione che aleggiava nelle classi delle ricorrenti, caratterizzato da urla, esagerate punizioni degli alunni, tirate di capelli, violenza fisica di significativa entità.

Violenze reiterate a scuola: reato di maltrattamenti e non abuso dei mezzi di correzione

Gli Ermellini di Piazza Cavour hanno adottato un consolidato orientamento alla luce del quale si evince che "il termine correzione va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo (omissis) in ogni caso non può ritenersi tale l'uso della violenza finalizzata a scopi educativi:ciò sia per primato che l'ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice" (Cass. n. 4904/1993). Da ciò si evince che laddove fosse configurato il reato di cui all'articolo 571 del Codice Penale deve sussistere una sproporzione delle modalità educative rispetto alla gravità del comportamento e che in ogni caso non devono sussistere i trattamenti lesivi dell'incolumità fisica ovvero afflittivi del minore.

La Cassazione ribadisce, dunque, che l'uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore affidato, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può, infatti rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso di mezzi di correzione , ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti (cfr. tra le altre, Cass. n. 11956/2017; n. 53425/2014; n. 36564/2012).

Per quanto concerne l'illegittimità del cumulo della misura cautelare interdittiva con la sospensione dal servizio, misura già adottata dall'Ufficio Scolastico Regionale, la Suprema Corte ha sottolineato che la sospensione ad opera del citato ufficio non risulta idonea ad escludere il pericolo di una reiterata condotta, in quanto trattasi di un provvedimento autonomo che può avere diversa e minore durata con effetti diversi sul piano lavorativo, quanto deliberato in sede amministrativa potrebbe essere oggetto di revoca ovvero annullata in pendenza di un procedimento penale.

Alla luce di quanto esposto, la VI Sezione della Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha fatto rientrare le condotte delle due maestre nella fattispecie di cui all'articolo 572 c.p.

Avv. Francesca Servadei

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Cassazione, sentenza n. 40959/2017

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