Per la Cassazione è solo "tentata" la violenza sessuale se l'aggressore non riesce nel suo intento per l'intervento di terzi

di Lucia Izzo - È violenza sessuale, ma solo tentata, l'aver immobilizzato la vittima costringendola con violenza a un bacio indesiderato che, tuttavia, non si è riuscito a "rubare" a causa dell'intervento di altre persone che hanno impedito il realizzarsi della condotta e l'invasione della sfera sessuale della parte offesa.

Tanto si desume dalla sentenza della Corte di Cassazione, sez. III Penale, n. 43802/2017 (qui sotto allegata) che è intervenuta sulla condanna per violenza sessuale comminata a un uomo, il quale con violenza aveva immobilizzato la vittima, spingendola con le spalle contro una ringhiera, cercando di baciarla sulla bocca.

La Cassazione ritiene di accogliere le doglianze attoree e riqualifica la condotta come delitto solo "tentato", annullando senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Violenza sessuale "tentata" se non è invasa la sfera sessuale della vittima

Quanto all'ipotesi del tentativo, nonostante la difesa e la Procura generale avessero concluso in tal senso, il ricorrente evidenzia che la sentenza della Corte d'appello non ha motivato sul punto. In effetti, sostiene la difesa, l'imputato ha soltanto tentato di baciare la parte offesa, non riuscendo nel suo intento per l'intervento di parenti della persona offesa.

Per gli Ermellini, in effetti, il reato configurabile si è fermato al tentativo, come evidenziano la descrizione del fatto come contestato nell'imputazione («... cercava di baciarla sulla bocca ...») e la motivazione delle due sentenze di merito, le quali hanno precisato che la condotta non ha invaso la sfera sessuale della parte offesa.

I giudici richiamano il principio di diritto (Cass. n. 17414/2016) secondo cui, in tema di violenza sessuale, è configurabile il tentativo del reato previsto dall'art. 609 bis c.p. in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l'agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest'ultima con le proprie parti intime.

Inoltre le parti in appello concludono entrambe relativamente al tentativo, e non per il reato consumato, quindi non risultano necessari ulteriori accertamenti di merito sul punto.

Ancora, il reato tentato risultava prescritto alla data del 19 dicembre 2014, prima della decisione della Corte di appello del 28 aprile 2015, per il decorso del termine massimo di anni 8 e mesi 4, ex art. 157 e 161, del codice penale. Pertanto la sentenza di condanna deve annullarsi, senza rinvio, perchè il reato (solo tentato) è estinto per prescrizione.

Cassazione, ordinanza n. 43802/2017

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