Per la Cassazione serve il consenso scritto di tutti i condomini per modificare il criterio di ripartizione spese stabilito dal regolamento

di Lucia Izzo - Va dichiarata la nullità della delibera assembleare, non adottata all'unanimità, nella parte in cui, violando i criteri ex art. 1123 c.c., attribuisce al condominio il potere di condannare il singolo condomino, colpevole di aver cagionato un costo per una "patologica attivazione dell'amministratore", al risarcimento di un danno previamente liquidato in favore del condominio stesso.

Tanto si desume dalla sentenza n. 21965/2017 (qui sotto allegata) con cui la seconda sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata circa un contenzioso originato tra condominio e singolo condomino.

Il caso

Quest'ultimo, che si era visto addebitare una somma a titolo di "spese personali amministratore", evidenzia che il regolamento condominiale, approvato all'unanimità, poneva a esclusivo carico dei condomini che le provocavano le spese per solleciti o pratiche legali.


Tuttavia, un'assemblea non totalitaria aveva poi deliberato che le spese di fotocopie, fax e telefoniche, se non di interesse comune e non dirette simultaneamente a tutti i condomini, avvenissero con addebito di spesa personale, secondo un tariffario approvato dalla stessa assemblea.


Una successiva delibera del 2003 aveva confermato il tariffario e introdotto un meccanismo di controllo per verificare se le spese e le competenze dell'amministratore fossero riferibili all'interesse comune o a quello di singoli condomini.


Tale delibera considerava spese condominiali quelle fatte nell'interesse comune per deliberato o ratifica assembleare, per adempimenti di legge e/o per attuare quanto necessario a tutelare gli interessi del Condominio.


Personali, invece, erano le spese richieste o indotte dai singoli, le lettere inviate a tutti dall'amministratore, sia per conoscenza sia per consulenza, ma indotte dal singolo per suo personale interesse, come pure le spese per la convocazione di assemblee straordinarie non dovute a termini di legge e di interesse privato.


Gli addebiti, secondo la delibera, sarebbero dovuti avvenire secondo un criterio di interesse e responsabilità a seguito di accertamenti da parte dell'amministratore di eventuale pretestuosità delle richieste.


Da qui originava l'addebito di 748 euro a carico del condòmino che, impugnando sia la delibera di approvazione del bilancio che quella del 2003, chiedeva dichiararsene nullità.

Ripartizione spese condominiali: irrilevante il comportamento concludente dei condomini

La Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la richiesta solo per la parte in cui la delibera, approvata a maggioranza, "attribuiva al condominio il potere di condannare il singolo condòmino al risarcimento di un danno liquidato in favore del condominio stesso", in tal modo violando il principio di ripartizione delle spese tra condomini ex art. 1123 del codice civile.


La parziale nullità della delibera del 2003 viene confermata anche dalla Corte di Cassazione, secondo cui non poteva neppure assumere rilievo il comportamento concludente dei condomini ai fini della modifica dell'originario regolamento contrattuale e della validità della delibera del 2003, non approvata all'unanimità (a differenza del regolamento condominiale),


Come confermato da una consolidata giurisprudenza, per la modifica di clausole del regolamento di condominio, avente natura contrattuale, è richiesto il consenso, manifestato in forma scritta "ad substantiam" di tutti i partecipanti alla comunione, non essendo a tal fine rilevante il mero comportamento tenuto dai condomini in altre assemblee o in sede extra assembleare.


Nel caso di specie, la modifica al criterio di ripartizione delle spese contenuto nel regolamento contrattuale avrebbe richiesto il consenso scritto di tutti i condòmini, non fornito nell'assemblea solo maggioritaria, e appare all'uopo irrilevante il "mero" comportamento di accettazione tenuto dagli stessi.

Cass., II sez. civ., sent. n. 21965/2017

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