Per il Tar Campania, la variazione di quanto autorizzato nell'istanza di rilascio di permesso di costruire è opera abusiva

Avv. Giovanni Maria di Lieto - Con sentenza pubblicata il 14 dicembre 2016, la Sez. II del Tar Campania Salerno ha respinto il ricorso proposto dal titolare del permesso a costruire contro l'annullamento del pdc in via di autotutela disposto dal Comune - su esposto di un vicino - per avere accertato difformità rispetto a quanto dichiarato dal ricorrente nell'istanza di rilascio di permesso di costruire
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Il fatto

Il Comune di Ravello ha, in un primo tempo, rilasciato un permesso di costruire per il recupero ad uso abitativo del sottotetto di un edificio (ubicato in zona costiera) e, successivamente, ha annullato il predetto permesso di costruire, perché ha riscontrato una difformità rispetto a quanto ha dichiarato il ricorrente nell'istanza di rilascio di permesso di costruire. In particolare, dietro esposto di un vicino, il Comune ha accertato la realizzazione di uno scalino sul terrazzo di copertura che avrebbe provocato un aumento di quota di 30 cm che avrebbe impedito di rispettare i parametri urbanistico-edilizi.

Secondo il Comune, infatti, si sarebbe realizzato un aumento di volumetria che, nella zona territoriale interessata, soggetta a vincolo paesaggistico, non può essere autorizzato neanche in sanatoria. Secondo il ricorrente tale motivazione sarebbe errata perché il Comune non avrebbe evidenziato la data di realizzazione dello scalino e, in ogni caso, lo stesso sarebbe da qualificare come intervento di manutenzione.

Secondo lo scrivente, difensore del controinteressato (il vicino che aveva presentato l'esposto), "non incombeva al Comune dimostrare né l'epoca di realizzazione dell'opera abusiva (è irrilevante il tempo di commissione dell'abuso edilizio), né la sua strumentalità (cioè un disegno preordinato) al recupero abitativo del sottotetto.

Il Comune di Ravello correttamente e motivatamente ha applicato la norma regionale (art. 3, n. 1, lett. b, L.R.C. 15/2000, norma vigente al tempo in cui è stata esaminata l'istanza del privato diretta al recupero abitativo del sottotetto) secondo cui "l'edificio in cui è ubicato il sottotetto deve essere stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché realizzato abusivamente, deve essere stato preventivamente sanato". Si legge nella motivazione del provvedimento di autotutela impugnato: "la realizzazione dello scalino presente sul terrazzo di copertura ovvero la differenza di quota di + 30 cm non risulta legittimata da alcun pregresso atto di assenso e pertanto è abusiva". Questa affermazione basta da sé a giustificare il provvedimento di autotutela comunale, che correttamente - a rafforzare l'assunto - aggiunge: "la differenza di + 30 cm è risultata determinante per il rispetto dei parametri edilizi e igienici previsti dalla L. R. 15/2000". […]

"Non v'è dubbio che la differenza di quota di + 30 cm sul terrazzo di copertura configuri volumetria (abusiva).

Tanto è vero che - come riconosce controparte nel ricorso - il volume costituito dalla differenza di quota di + 30 cm viene utilizzato (assieme al volume risultante dalla riduzione di spessore dei solai superiore e inferiore dell'ambiente sottotetto) per raggiungere l'altezza minima interna prevista dalla legge per il recupero abitativo (m 2,40)".

La decisione

La Sez. II del Tar Campania Salerno, con sentenza pubblicata il 14/12/2016, ha condiviso questa tesi, ritenendo i motivi dedotti dal ricorrente tutti infondati.

In particolare, rileva il giudice amministrativo, "è emerso pacificamente che lo scalino in argomento non è stato autorizzato con il permesso di costruire n. […], perché non ricompreso nell'istanza. La realizzazione dello scalino ha di certo comportato un aumento di volumetria e non rappresenta un intervento di manutenzione ordinaria […] Il ricorrente fonda gran parte del ricorso sulla data di realizzazione dello scalino che il Comune non avrebbe provato. Sul punto occorre evidenziare che il Comune è tenuto a provare che il permesso di costruire rilasciato non comprendeva anche lo scalino e che quindi lo stesso era abusivo. Per individuare il carattere abusivo dello scalino, il Comune si può avvalere anche di elementi presuntivi, quali quelli offerti dal controinteressato che, se non possono avere piena efficacia di prova, assumono quelli di argomenti di prova. Questi uniti alla considerazione che il ricorrente non è stato minimamente in grado di provare la legittimità edilizia dello scalino, consentono di ritenere consolidata una prova sul carattere abusivo dell'opera".

Tale carattere abusivo, ha proseguito il Tar, "una volta che il Comune ha fornito elementi per provare la sua abusività, può essere escluso dall'interessato che, a ben vedere, è quello che meglio può provare la data di realizzazione dello scalino in base al principio di vicinanza della prova. Poiché il ricorrente non è stato in grado di fornire tale prova contraria" il ricorso è respinto.

Avv. Giovanni Maria di Lieto

Avvocato amministrativista

Foro di Salerno

Tel. 089.854077

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