L'allarme della Cgia sulla prospettiva di un aumento dell'imposta per coprire i costi della riduzione delle tasse sul lavoro

di Redazione - L'ipotesi di aumentare l'Iva per finanziare il taglio al cuneo fiscale non va. A lanciare l'allarme è la Cgia di Mestre che ricorda come una riduzione del costo del lavoro, andrebbe a vantaggio di imprese e lavoratori dipendenti - mentre - il rincaro dell'Iva lo pagherebbero tutti". E in particolare, sostiene l'associazione degli artigiani, "i più deboli, come i disoccupati, gli inattivi e i pensionati che, invece, dal taglio delle tasse sul lavoro non beneficerebbero, almeno direttamente, di alcun vantaggio".

Non solo, attualmente, segnala la Cgia, l'Italia è tra i paesi dell'Eurozona dove l'aliquota ordinaria dell'imposta sul valore aggiunto è più elevata (22% contro il 21% della Spagna, il 20% della Francia e il 19% della Germania).

Un ulteriore incremento, dal 22 al 23%, ad esempio, porterebbe per una famiglia media di 3/4 persone, prosegue la nota degli artigiani, "un aumento di imposta di circa 100 euro all'anno che, ovviamente, avrebbe delle ripercussioni negative sui consumi interni del paese che costituiscono la componente più importante del nostro Pil".

Per di più, rincara il segretario Renato Mason, oltre alle famiglie più povere, sarebbero penalizzati anche "gli artigiani, i commercianti e tutto il popolo delle partite Iva", tutte realtà che oggi "vivono quasi esclusivamente di domanda interna". Con un'Iva più pesante che farebbe contrarre seriamente i consumi, si danneggerebbero anche "queste attività economiche che non hanno ancora superato la fase critica di questa crisi".


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