di Paolo M. Storani - L'inedita pronuncia penale che segue, frutto della penna del Dott. Domenico Potetti, si segnala per completezza e per il ricco corredo di giurisprudenza. Buona lettura!
TRIBUNALE DI MACERATA, Sezione GIP / GUP, 16 novembre 2016, Giudice Domenico Potetti, imp. P.
La distrazione (art. 216, comma 1, n. 1, L.F.) è condotta che deve provocare una diminuzione patrimoniale; essa (distrazione) si può annidare anche in un negozio oneroso a prestazioni corrispettive, ed è caratterizzata da un'anomalia funzionale del negozio, nel senso che nel processo formativo della volontà del fallito interferirono e prevalsero, e furono quindi oggettivamente perseguiti (invece che l'interesse della salvaguardia del patrimonio e del benessere dell'impresa, e quindi l'interesse del ceto creditorio), interessi diversi e contrastanti, eventualmente anche non patrimoniali; si può ben dire, quindi, che l'atto di distrazione è un atto "viziato nella funzione". °°°°
Si può evitare un ampliamento eccessivo del concetto di distrazione evidenziando che la responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. (che è oggetto della tutela offerta dalla norma penale sulla distrazione), tradotta sul piano della legge fallimentare diventa soggezione del patrimonio dell'imprenditore agli organi fallimentari, e quindi l'atto di distrazione si caratterizza (e si limita) per essere atto diretto ad impedire l'apprensione del bene da parte degli organi del fallimento (solo un atto oggettivamente funzionale a tale risultato può essere considerato distrattivo).
Un forte ridimensionamento delle potenzialità accusatorie del concetto di distrazione (intesa quale sviamento dalla funzione dell'impresa, di produrre ricchezza e quindi garanzia dei creditori) si verifica anche sul piano dell'elemento soggettivo del reato, sia che venga inteso come dolo generico, sia che si propenda invece per il dolo specifico, e quindi si deve ritenere che la distrazione ha ad oggetto quei soli atti di gestione caratterizzati dalla consapevolezza di sottrarre con essi le attività dell'impresa alla garanzia dei creditori, e più specificamente all'eventuale esecuzione concorsuale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si provvedeva a costituire il rapporto processuale.
Veniva richiesto e disposto il giudizio abbreviato.
All'esito del rito le parti concludevano come segue (in sintesi): il Pubblico Ministero e la Difesa chiedono: assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste.
°°°°
2) I fatti in sintesi.
L'accusa mossa nei confronti … consiste nell'aver concorso a cagionare il dissesto della … Snc avendo proceduto al ripianamento della perdita sociale della controllata … Srl per complessivi € 7.445.921,00, perdita originata anche da fatti materiali non corrispondenti al vero, con contestuale aumento di capitale sociale della stessa per € 4.000.000,00 come da delibera assembleare del 29/12/2010; operazione a seguito della quale … Srl è divenuta socio di maggioranza della … Srl.
Questi, in sintesi, gli eventi che portano a detta delibera assembleare, nonché le dirette conseguenze della stessa.
Fino al 2010, la … snc deteneva nella … una quota pari a circa il 74%, sia direttamente che indirettamente ….
Nelle more del concordato preventivo della … s.n.c. (ammesso con decreto del 14/05/2010), gli amministratori della controllata …, come da delibera di Cda del 14/12/2010 (presenti … ed il collegio sindacale al completo), considerata una perdita al 31/12/2009 portata a nuovo di € 2.250.478,00 ed una perdita di periodo al 31/10/2010 pari ad € 5.195.443,00, importi superiori ad 1/3 del capitale sociale ex art. 2482 bis c.c., optavano per la riduzione del capitale sociale e contestuale aumento dello stesso, da deliberare in assemblea fissata per il 29/12/2010 (avviso di convocazione del 15/12/2010).
L' … snc in c.p., che stando ai Curatori fallimentari (Rel. ex art. 33 pag. 9), ometteva la dovuta informazione agli organi della procedura, ricevuta la convocazione del 15/12/2010 conferiva delega all'… (anche legale della … Srl e delegato di … Srl) al fine di rappresentarla nell'assemblea della … che si sarebbe tenuta a Milano presso lo studio del Notaio … in data 29/12/2010.
All'uopo, l' … Snc conferiva specifica delega all'…, datata 29/12/2010, come segue:
<
In data 29/12/2010, come da atto pubblico a rogito Notaio …, si teneva l'assemblea alla presenza di tutti i soci della …, ovvero:
…
All'esito dell'assemblea veniva quindi deliberato:
<< […] di ripianare le perdite risultanti dalla situazione patrimoniale come sopra allegata per complessivi € 7.445.921,00, nel modo seguente:
• per euro 2.050.000,00 mediante utilizzo totale della voce "riserve da sovrapprezzo delle azioni" iscritta per pari importo nella predetta situazione patrimoniale;
• per euro 132.005,00 mediante utilizzo totale della voce "altre riserve" iscritta per pari importo nella predetta situazione patrimoniale;
• per i restanti euro 5.263.916,00 mediante riduzione del capitale sociale per il corrispondente importo, che risulterà quindi ridotto ad euro 3.436.084,00.
- di aumentare il capitale sociale del complessivo importo di euro 4.000.000, 00 e quindi fino ad un massimo di euro 7.436.094,00, aumento da collocare a cura dell'organo amministrativo con le modalità e nei termini di seguito descritti:
i) una prima tranche di euro 2.500.000,00 e quindi fino ad euro 5.936.084,00 da offrire in opzione ai soci in proporzione alle quote dagli stessi possedute, e da collocare a cura dell'organo amministrativo anche in più riprese entro:
a) il 31 marzo 2011 ovvero, se anteriore
b) il decimo giorno dalla stipula tra la società e le aziende di credito di un accordo di ristrutturazione e consolido del debito; qualora però tale scadenza si verifichi prima del trentesimo giorno dalla data di iscrizione della presente delibera nel Registro delle Imprese, essa si intenderà prorogata fino a tale trentesimo giorno.
Decorso il termine iniziale di sottoscrizione, i soci che abbiano sottoscritto la quota di spettanza potranno sottoscrivere la porzione eventualmente inoptata entro il 15 aprile 2011; occorrendo, si farà luogo a riparto; decorso tale termine il capitale si intenderà aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte.
ii) subordinatamente alla integrale sottoscrizione e liberazione dell'aumento sopra proposto, la seconda tranche di aumento per un importo massimo di euro 1.500.000,00, verrà offerta in opzione ai soci che abbiano sottoscritto l'aumento fino ad euro 5.936.084,00, e nelle proporzioni in cui gli stessi hanno sottoscritto la prima tranche.
Tale seconda tranche di aumento dovrà essere collocata a cura dell'organo amministrativo anche in più riprese entro il 30 settembre 2011; decorso tale termine di sottoscrizione, i soci che abbiano sottoscritto la quota di spettanza potranno sottoscrivere la porzione eventualmente inoptata entro il 15 ottobre 2011; occorrendo, si farà luogo a riparto.
Decorsi tutti i termini, l'eventuale residuo potrà essere offerto a terzi dall'organo amministrativo e collocato entro il 30 novembre 2011.
Nel caso in cui l'intero aumento non venisse collocato nei termini sopra stabiliti il capitale si intenderà aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte.
- di dare atto che il capitale sociale deliberato è di euro 3.436.084,00, sottoscritto e versato per euro 3.436.084,00 come segue: …
L'assemblea delibera altresì, subordinatamente alla sottoscrizione da parte del socio … Srl di una parte del proposto aumento pari o superiore ad € 2.500.000,00, di ridurre i quorum per le delibere assembleari inerenti l'ordinaria e straordinaria amministrazione al 50%, delegando la modifica statutaria all'organo amministrativo successivamente alla effettiva sottoscrizione da parte di ….
Tale aumento di capitale viene sottoscritto e versato effettivamente nell'aprile 2011 dalla sola … Srl per € 2.500.000,00 (pari all'intera prima tranche), con trascrizione del medesimo nel Registro delle Imprese di …, avendo rinunciato gli altri soci alla sottoscrizione della propria quota.
Conseguentemente, la partecipazione patrimoniale dell'… Snc (già pari a circa il 74%) si riduceva a circa il 37%, con perdita altresì del controllo della … in favore del nuovo socio di maggioranza … Srl.
Il Giudice Delegato del … Snc, su istanza del Commissario Giudiziale …, autorizzava in data 20/05/2011 la sottoscrizione della seconda tranche del deliberato aumento di capitale della … Srl per € 1.500.000,00, mediante l'utilizzo del credito vantato dalla società in C.P. nei confronti della ex controllata pari ad € 1.800.000,00 (All. 8 alla relazione peritale).
La … Srl convocava pertanto l'assemblea del 30/05/2011 alle ore 11:00 presso il Notaio …, al fine di revocare parzialmente il verbale di delibera assembleare del 29/12/2010 circa il punto II), ovvero sulla proporzionalità della seconda tranche dell'aumento di capitale da riservarsi esclusivamente ai sottoscrittori del primo aumento, con contestuale rinuncia del socio … Srl a sottoscrivere detta seconda tranche e permettere così alla … snc di dare seguito all'autorizzazione del G.D. alla sottoscrizione dell'aumento di capitale della … per € 1.500.000,00 mediante conferimento di crediti commerciali.
Detta assemblea, tuttavia, andava deserta.
Nel frattempo, con sentenza del 31/05/2011 emessa dal Tribunale di Macerata, la … Snc non superava la fase di omologa e veniva dichiarata fallita.
In data 17/06/2011 i nominati curatori fallimentari reiteravano la convocazione di una nuova assemblea di … Srl, con il medesimo ordine del giorno dell'ultima andata deserta.
Gli stessi affermano che detta assemblea si è tenuta presso lo studio dell' …, ed affermano altresì che a causa del mancato intervento dell' …, delegato del socio di maggioranza …, l'assemblea non risultava validamente costituita.
Riferisce il perito che nessuna documentazione è stata rinvenuta sul punto.
Nessuna ulteriore assemblea di … risulta in seguito convocata dagli amministratori o fatta convocare dai soci ai fini della sottoscrizione dell'aumento di capitale da parte della … Snc, nonostante il termine per la sottoscrizione della seconda tranche, come da delibera del 29/12/2010, scadesse in data 30/09/2011.
In base a quanto risulta dalla visura camerale, anche la seconda tranche di aumento di capitale, pari ad € 1.500.000, è stata sottoscritta per intero da … Srl, con atto del 12/09/2011.
La medesima visura, peraltro, dà atto che l'intero capitale di …, pari ad € 7.436.084 è stato interamente versato, e quindi anche tale ultima tranche di € 1.500.000, sebbene non sia chiaro in che momento, in quanto le delibere assembleari sino ad aprile 2012 allegate alla Rel. art. 33 L.Fall. dei Curatori … Snc riportano il mancato versamento della seconda tranche (si veda all. 11 alla relazione peritale), e successivamente non risultano protocolli su composizione soci e modifica capitale sociale (così anche il capo d'imputazione, come al punto che segue, evidenzia il mancato versamento della seconda tranche). ****
3) La specifica posizione di ….
Il capo d'imputazione mosso al … trae origine dalla delibera di aumento di capitale della … Srl 29/12/2010, posto che, secondo l'accusa, tale operazione consentiva al socio … Srl di divenire quotista di maggioranza della società tramite sottoscrizione di un credito commerciale, dato dalle forniture di semola, e quindi senza alcun apporto finanziario immediato del quale la … avrebbe invece necessitato.
Peraltro, nel capo d'imputazione si rimarca anche che … Srl (che ne sarebbe stata titolata quale sottoscrittore del primo aumento di capitale, ai sensi della delibera 29/12/2010), non ne versava la seconda tranche di aumento, aggravando ancor più il dissesto della …, che veniva dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Mondovì in data 24/04/2012, con ricaduta diretta sul valore della partecipazione (benché ora di minoranza) posseduta dalla … Snc.
Come osserva correttamente il perito, l'imputazione del …, in concorso con …, è quindi mossa nell'ambito (in riferimento al) del fallimento della … Snc, socio della … Srl, per il depauperamento patrimoniale che si presume essere stato cagionato alla prima dalla delibera di aumento di capitale della seconda.
Rileva il perito, innanzi tutto, che il ruolo del … nella vicenda è stato quello di delegato dagli amministratori della …, tramite delega conferita in data 29/12/2010, nonché dell'altro socio … Srl.
La delega della … Snc presenta un testo estremamente specifico, delimitando il raggio d'azione dell'imputato, che si sarebbe dovuto limitare a votare in assemblea reiterando la bozza di delibera inviata dalla … alla … Snc, della quale dunque gli amministratori di quest'ultima avevano preso visione e su cui concordavano, salvo modificare l'importo massimo dell'aumento di capitale …, da deliberarsi non maggiore di € 4.000.000,00.
Quello che segue è il testo della bozza di delibera, come inviata via mail dagli amministratori della … Srl al socio … snc:
"la copertura della perdita al 31 Dicembre 2009 portata a nuovo, di € 2.250.478,00 e della perdita di periodo al 31 Ottobre 2010 di € 5.195.443,00, giusta situazione patrimoniale a quella data depositata ai sensi dell'art. 2482 - bis c.c. con la relazione del collegio sindacale (quindi complessivamente € 7.445.921,00) mediante:
a) l'utilizzo delle riserve a ogni titolo iscritte per complessivi € 2.182.005;
b) la riduzione del capitale da €. 8.700.000,00 ad €. 3.436.084;
- il contestuale aumento scindibile del capitale sociale da € 3.436.084,00 fino ad € 8.436.084, quindi per un importo massimo dì €. 5.000.000, in due tornate:
• prima tornata di importo fino ad € 2.500.000,00: tale aumento potrà essere sottoscritto dai soci pro quota entro:
1) il 31 marzo 2011 ovvero, se anteriore,
2) il decimo giorno dalla stipula tra la società e le aziende di credito di un accordo di ristrutturazione e consolido del debito (qualora però tale scadenza si verifichi prima del trentesimo giorno dalla data di iscrizione della presente delibera nel Registro delle Imprese, essa sì intenderà prorogata fino a tale trentesimo giorno);
3) decorso il termine iniziale di sottoscrizione, i soci che abbiano sottoscritto la quota di spettanza potranno sottoscrivere la porzione eventualmente inoptata entro il 15 aprile 2011; occorrendo, sì farà luogo a riparto,
• seconda tornata di importo fino ad € 2,500.000,00: tale aumento potrà essere sottoscritto entro il 30 settembre 2011 da coloro che abbiano sottoscritto la prima tornata, nelle medesime proporzioni;
decorso il termine iniziale di sottoscrizione, coloro che abbiano sottoscritto la quota di spettanza della seconda tornata potranno sottoscrivere la porzione eventualmente inoptata entro il 15 ottobre 2011;
occorrendo, si farà luogo a riparto.
Decorsi tutti i termini, l'eventuale residuo potrà essere offerto a terzi dall'organo amministrativo entro il 30 Novembre 2011. La seconda tornata potrà essere offerta in sottoscrizione solo ove la prima tornata sia stata integralmente sottoscritta nei termini e l'aumento sia stato integralmente versato.
Osserva il perito che la delega si configura come l'atto attraverso il quale un soggetto (delegante) trasferisce ad un altro soggetto (delegato) l'esercizio di poteri e facoltà rientranti nella sua sfera di competenza.
Nel nostro caso, osserva il perito, gli amministratori della … trasferiscono all' … il proprio diritto di poter votare nell'assemblea della controllata …, specificando tuttavia letteralmente il contenuto della delibera che il delegato avrebbe dovuto approvare.
Trattasi, pertanto, di delega di esecuzione e non anche di delega di funzioni, posto che la prima è utilizzata per delegare solo compiti di mera attuazione delle decisioni del delegante, mentre con la seconda vi è invece l'attribuzione di autonomi poteri deliberativi al delegato.
L' … si configura pertanto come mero esecutore di un'azione rientrante nella disponibilità giuridica del delegante … snc, ed in quanto tale egli approva asetticamente una delibera di aumento di capitale formalmente corretta e non in grado (ritiene il perito), almeno nell'immediato, di intaccare il patrimonio della … Snc, come si dirà nel prosieguo. ****
4) Verifica della congruità, convenienza e funzione economica della delibera assembleare 29/12/2010.
4.1 Il perito si dedica quindi a verificare se la delibera assembleare de qua abbia avuto una sua autonoma congruità, convenienza e funzione economica, come richiesto nel quesito.
Nello specifico, la stessa va scissa in due distinte operazioni, ovvero riduzione del capitale e contestuale aumento del medesimo.
Il motivo per cui si è proceduto all'abbattimento del capitale sociale è quello della riduzione di oltre 1/3 ex art. 2482 bis c.c. per perdite risultanti al 31/10/2010.
Trattasi quindi di una necessità dettata dalla legge, dato che si realizzava l'ipotesi prevista dall'art. 2482 bis c.c. (riduzione del capitale sociale superiore a € 8.700.000,00 - € 2.900.000,00 = € 5.800.000,00, come nel nostro caso, con un capitale che si era eroso sino ad € 3.436.084,00).
A seguito di tale abbattimento il capitale sociale rimaneva comunque ampiamente positivo, e quindi, osserva il perito, non vi era ragione giuridica per procedere al successivo deliberato aumento.
Da un punto di vista economico-finanziario, la ragione dell'aumento di capitale non viene puntualmente espressa nella delibera assembleare del 29/12/2010.
Nei documenti allegati a quest'ultima (situazione patrimoniale al 31/10/2010 con relazione amministratori ed osservazioni dei sindaci), in effetti, si evidenziano più che altro le difficoltà economiche e finanziarie dell'azienda … (che avevano indotto la società ad ipotizzare ed in parte predisporre un piano attestato ex art. 67 L. Fall.), i rapporti di fornitura di materia prima (semola e grano) con i soci …, le difficoltà del primo dovute anche alla domanda di concordato pendente ed il supporto industriale e finanziario garantito dal socio ….
La relazione sulla situazione patrimoniale elaborata dagli amministratori si chiude genericamente con la richiesta di aumento del capitale "in misura congrua per l'utile prosecuzione dell'attività".
Ad ogni modo, ritiene il perito, nonostante tali informazioni generiche, l'aumento di capitale ha avuto sicuramente una giustificazione finanziaria - patrimoniale: e ciò sia in via generale, posto che capitalizzare una società, e dunque apportare risorse gratuite e durevoli, conduce sempre al rafforzamento aziendale, sia e soprattutto nel caso specifico della … Srl, in netto squilibrio patrimoniale.
Osserva il perito che la situazione della società al 31/10/2010 mostra infatti un netto squilibrio finanziario a breve, con debiti esigibili entro l'esercizio pari ad oltre 30 milioni di Euro (tra cui fornitori, e quindi debiti commerciali a veloce rigiro per € 15.022.085) a fronte di attività a breve pari a poco più di 10 milioni (date in particolare da rimanenze per € 4.845.685 e crediti per € 5.331.524, e quindi valori solo in parte prontamente liquidabili).
E' evidente, quindi, secondo il perito, che la società necessitasse di nuova liquidità da immettere nel ciclo finanziario a breve senza ulteriori aggravi in termini di costi (dati da eventuali interessi).
Peraltro, ritiene il perito, anche qualora l'aumento di capitale non si fosse concretizzato (come poi avverrà) in un apporto monetario, ma in una rinuncia ad un credito commerciale conferito a patrimonio, si può riconoscere comunque a tale operazione un vantaggio finanziario mediato, in quanto la stessa permetteva la liberazione di risorse della società, da poter utilizzare in altri impieghi, riducendo in parte il consistente indebitamento commerciale a breve.
Per quanto riguarda la congruità dell'operazione di aumento di capitale (per € 4.000.000,00) si osserva che, comunque, la stessa era in grado di sanare solo in minima parte il grave squilibrio patrimoniale nel quale versava la … a fine 2010, e pur tuttavia risultava certamente più conveniente di un ulteriore ricorso a capitale di debito, posto che quest'ultimo per sua natura avrebbe rivestito carattere oneroso (e peraltro, nelle condizioni della …, difficilmente sarebbe stato concesso). ****
4.2 Ritiene comunque il perito che la delibera di riduzione ed aumento di capitale della … votata dall'… non poteva, almeno nell'immediato e comunque non automaticamente, danneggiare il socio, allora di maggioranza, … Snc.
Infatti, l'aumento di capitale era strutturato in modo da garantire la partecipazione di tutti i soci, posto che lo stesso, per un totale di massimo € 4.000.000,00, sarebbe stato collocato dagli amministratori in due tranche, di cui la prima offerta "in opzione ai soci in proporzione alle quote dagli stessi possedute", da sottoscrivere al più tardi entro il 31/03/2011.
Decorso tale termine iniziale, i soci che avessero sottoscritto la propria quota di spettanza avrebbero potuto sottoscrivere anche la porzione eventualmente inoptata entro il 15 aprile 2011 (occorrendo, si sarebbe fatto luogo a riparto).
Orbene, nonostante tutti i soci, tra cui la … Snc, avrebbero potuto sottoscrivere l'aumento di capitale mantenendo, in proporzione, le stesse quote di partenza, nel termine del 31/03/2011 solo il socio … sottoscriveva la spettante quota di aumento (pari ad € 483.579,00).
E ciò nonostante, come da Rel. art. 33 dei Curatori, la … Snc vantasse un credito commerciale di circa € 1.800.000 per fornitura semola, che ben avrebbe potuto essere girato a capitale della controllata … come contropartita della sottoscrizione dell'aumento.
Considerato che la … Snc fallisce in data 31/05/2011, la mancata sottoscrizione dell'aumento del capitale … è quindi da imputare agli amministratori della prima, ovvero i coniugi …, che pur potendo partecipare all'aumento, rimangono inerti, pur avendo interagito ante delibera alla predisposizione della stessa tanto da imporre il tetto massimo di € 4.000.000,00 per l'aumento di capitale.
D'altro canto la mancata sottoscrizione dell'aumento di capitale … da parte della … Snc rientra nel novero delle scelte discrezionali degli amministratori, che ben potrebbero aver ritenuto più conveniente mantenere il credito commerciale a discapito della perdita della quota maggioritaria nella controllata, probabilmente edotti del fatto che il valore di quest'ultima avrebbe comunque risentito di lì a breve del grave squilibrio patrimoniale in essere.
Dalle carte, osserva il perito, non emerge nemmeno una situazione di conflitto d'interesse del … quale delegato sia del socio … Snc che del socio … Srl, posto che, come già detto, l'asettica delibera di aumento di capitale permetteva a tutti i soci … di partecipare, senza preferenza degli uni sugli altri (e dunque di … su … Snc).
Per quanto riguarda la seconda tranche di aumento pari ad euro 1.500.000,00, subordinata alla integrale sottoscrizione e liberazione della prima tranche, la stessa aveva effettivamente una portata limitata, essendo da offrirsi in opzione ai soli soci che avessero "sottoscritto l'aumento fino ad euro 5.936.084,00, e nelle proporzioni in cui gli stessi hanno sottoscritto la prima tranche".
Tuttavia la limitazione ivi prevista si configura come diretta conseguenza della mancata sottoscrizione della prima tranche, offerta a tutti i soci, e pertanto rimangono valide le considerazione precedentemente effettuate sul ruolo del … e sul rapporto con ….
Infine, si può rilevare che anche se il … era o comunque doveva essere a conoscenza della situazione patrimoniale dell'… Snc, che non consentiva a quest'ultima di sottoscrivere l'aumento di capitale con denaro "fresco", d'altra parte l'esistenza dei crediti commerciali sia in capo alla … medesima che alla … consentivano la sottoscrizione dell'aumento del capitale per l'intero ed il mantenimento della maggioranza in capo alla … Snc.
Infatti, come emerso dalla relazione ex art. 33 LF dei Curatori, nonché dagli atti del Pubblico Ministero e dall'avviso di convocazione dell'assemblea … ad opera dei Curatori del Fall. … Snc datata 17/06/2011, sia quest'ultima società che .. Srl disponevano di ingenti crediti commerciali verso … al dicembre del 2010, la prima per € 1.800.000, la seconda per € 2.500.000.
Va da sé, dunque, osserva il perito, che anche la … Snc, come la … Srl, avrebbe potuto sottoscrivere l'aumento di capitale utilizzando il proprio credito commerciale.
Se la stessa avesse utilizzato per intero il proprio credito commerciale, unitamente alla …, la composizione del capitale sociale di … Srl all'esito della sottoscrizione di entrambe le tranche di aumento del capitale avrebbe condotto alle seguenti percentuali: …
Pertanto … Snc, con la controllata … Srl, avrebbe mantenuto comunque il controllo della … Srl. ****
4.3 Com'è noto, alla prova dei fatti la sola … Srl sottoscrive la prima tranche di aumento di capitale nel termine stabilito dalla delibera.
Il valore numerario della quota della … Snc rimane pertanto invariato e pari ad € 1.881.273 (e quello della … Srl rimane pari ad € 879.756), mentre si riduce la quota in percentuale sull'intero capitale sociale (dal 74% al 37% circa).
La conseguenza è pertanto quella della perdita del controllo di … da parte della … Snc.
Ricorda il perito che il c.d. "premio di maggioranza" attribuisce, secondo la dottrina aziendalistica, un maggior valore alle quote che consentono il controllo di una società, generalmente riconducibile ad una percentuale variabile tra il 15% ed il 30% da aggiungere al valore patrimoniale della partecipazione.
Trattasi di una perdita di controllo il cui valore "economico" nel caso di specie è difficilmente valutabile (osserva il perito), sia in quanto lo statuto ante modifica, con una maggioranza di delibera prevista nell'87% per i principali atti gestionali (anche di ordinaria amministrazione), di fatto sminuiva i poteri della … Snc, sia perché nella situazione di crisi in cui … versava non è agevole attribuire un valore di mercato alla partecipazione nella medesima (si ricorda che in sede di concordato preventivo non era stato attribuito alcun valore alla stessa).
Peraltro, a fronte della riduzione del valore percentuale della quota detenuta, il credito commerciale di € 1.800.000, che poteva essere trasformato in capitale, è rimasto comunque esigibile per intero, non essendo stato impiegato nell'operazione.
Inoltre, come peraltro rilevato dal Prof. … nella relazione prodotta dai legali del …, stante la successiva perdita realizzata da … tra il 31/10/2010 ed il 31/12/2010 per € 1.971.540 (dato evincibile dal bilancio al 31/12/2010 approvato da tutti i soci nel febbraio 2012), la mancata sottoscrizione dell'aumento di capitale deliberato il 29/12/2010 (che faceva riferimento alla situazione 31/10/2010, che quindi di tale perdita non teneva conto) da parte della … Snc ne ha evitato un pregiudizio certo alla quota partecipativa che, dopo l'aumento di capitale sottoscritto solo da …, è gravato proporzionalmente in maggior misura sulla … stessa.
In altre parole, se la percentuale di partecipazione fosse rimasta invariata tra i vari soci, la … Snc avrebbe dovuto sopportare il 54% di tale perdita, mentre successivamente all'aumento di capitale, tale perdita gravava sulla stessa solo per il 25%. ****
4.4 Ritiene tuttavia il perito che, leggendo la vicenda dell'aumento di capitale … nel suo complesso, appare evidente che tale operazione fosse preordinata al fine di consentire alla … Srl di prendere il controllo di …, e ciò per i seguenti elementi:
a) nella relazione accompagnatoria degli amministratori alla delibera assembleare del 29/12/2010 si evidenziano le difficoltà del socio … snc, assoggettato a procedura di concordato preventivo, e le prospettive di continuazione, sia sul piano delle forniture che finanziariamente, garantite dall'altro socio … Srl, che naturalmente, a questo punto, aveva interesse a prendere il controllo gestionale della …;
b) la prima tranche di aumento di capitale … era pari al credito vantato dal … Srl verso la partecipata;
c) in ultimo, e di maggior evidenza, nella delibera 29/12/2010 si prevede anche che, qualora l'aumento di capitale fosse sottoscritto da … srl per almeno € 2.500.000 (pari al credito commerciale), il quorum deliberativo si sarebbe ridotto dall'87% al 50% del capitale sociale, e quindi di fatto dando il controllo societario alla … Srl.
Ma anche in tale prospettiva, l'operazione si sarebbe comunque mossa nell'alveo di convenienza economica, in quanto al momento della sottoscrizione solo … Srl poteva consentire la prosecuzione dell'attività di …, con ciò salvaguardando anche il valore in termini assoluti della partecipazione detenuta da … Snc, nonché del credito vantato da quest'ultima.
Peraltro la … Snc non era comunque interessata alla prosecuzione dei rapporti commerciali, stante la procedura di concordato liquidatorio alla quale la stessa era assoggettata.
In conclusione questi sono i punti che il perito pone all'attenzione del giudice:
- la delibera di aumento di capitale … 29/12/2010, a cui ha partecipato quale delegato l'imputato …, aveva una sua funzione economico-patrimoniale;
- la stessa era formalmente neutra nei rapporti tra i diversi soci, tra cui la … Snc ed effettivamente consentiva alla stessa di sottoscrivere l'aumento di capitale (stante il credito commerciale) e di mantenere la maggioranza;
- anche ove si fosse presunta ex ante la mancata sottoscrizione da parte della … Snc, sarebbe stato difficile quantificare l'impatto sul patrimonio di quest'ultima derivante dalla perdita del premio di maggioranza sulla partecipazione, mentre certa sarebbe stata l'ulteriore erosione del capitale di … (e di conseguenza della partecipazione della … Snc) in considerazione della ulteriore perdita di esercizio fatta registrare dalla stessa nel periodo 01/11/2010 - 31/12/2010;
- anche qualora si ritenesse appurato che l'intenzione dei soci era quella di trasferire la gestione di … da … Snc a … Srl, e che tale situazione fosse a conoscenza del …, tale operazione si muoveva, allo stato delle cose, in un alveo di convenienza economica per la … Snc, in quanto al momento della sottoscrizione dell'aumento di capitale … solo … Srl poteva consentire la prosecuzione dell'attività della partecipata, con salvaguardia degli interessi della … Snc quantomeno relativamente al credito commerciale per fornitura di semola pari ad € 1.800.000 circa. ****
5) Soluzione della questione di responsabilità.
5.1 Gli elementi forniti dal perito, opportunamente nominato per chiarire soprattutto gli aspetti valutativi - economici della vicenda, consentono una rapida soluzione della questione di responsabilità dell'imputato qui giudicato.
Infatti, l'imputazione "chiede" sostanzialmente al giudice di valutare la convenienza per la società fallita dell'operazione incriminata, alla quale partecipò l'imputato, nonché il suo significato economico.
Si è visto anche che il perito nella sostanza ritiene non censurabile, anche sotto il profilo squisitamente economico e della opportunità imprenditoriale, l'operazione in questione.
Si rimanda, in questo senso, alle suddette osservazioni del perito.
In estrema sintesi l'operazione in questione era comunque opportuna, in ragione della situazione economica della … .
Del resto, la stessa società … s.n.c. bene avrebbe potuto comunque sottoscrivere l'aumento di capitale e mantenere la maggioranza della …, nelle forme indicate dal perito.
Si è visto inoltre come se l'operazione in questione non si fosse verificata la partecipazione della società … nella … si sarebbe comunque erosa e svalutata.
E si è visto infine come in effetti solo la … s.r.l. era in grado di "soccorrere" la …, a beneficio, in definitiva, della stessa società ….
Ma non serve qui ripetere quanto già ampiamente illustrato dal perito, in maniera del tutto convincente e condivisibile.
Preme però rilevare che l'atto imprenditoriale incriminato non può, oltre misura, essere sindacato in questa sede dal giudice penale.
In effetti, l'accertamento peritale finisce per porre sotto la lente del giudice un atto dell'imprenditore, al fine di valutare se lo stesso possa essere compreso in particolare nella nozione di distrazione prevista dall'art. 216 LF.
Gli elementi raccolti dal perito consentono di circoscrivere la questione di responsabilità semplicemente in questo ambito, non risultando in effetti diversi profili di rilevanza penale.
Ma parte la sostanziale "assoluzione" dell'atto di impresa che deriva dalle considerazioni e valutazioni del perito, ritiene questo giudicante che la soluzione favorevole all'imputato sia a monte.
Essa non necessita nemmeno di spingersi alle valutazioni di opportunità compiute comunque dal perito, che comunque sono assai utili per qualificare come "fisiologico" (dal punto di vista imprenditoriale) l'atto incriminato.
Il giudice penale, infatti, non è chiamato a sostituirsi all'imprenditore nella valutazione circa la convenienza dell'atto di impresa, a meno che non si tratti in realtà di atto d'impresa, se non dal punto di vista estetico e formale, ma si tratti invece di un atto che, sotto le sembianze di un atto di impresa, nasconda al contrario e in realtà un atto posto in essere dolosamente dall'imprenditore contro gli interessi dell'impresa e soprattutto del ceto creditorio.
Solo in questo caso, da definirsi chiaramente patologico, il giudice penale può considerare come reato distrattivo l'atto dell'imprenditore.
Peraltro, come sopra si è visto, l'atto incriminato non pecca nemmeno, secondo le corrette valutazione del perito, sotto il profilo della convenienza, opportunità, e abilità imprenditoriale.
Ci troviamo quindi ben lontani da quel confine sopra tracciato, e cioè quello che possiamo definire come atto solo apparentemente di impresa, ma in realtà atto fraudolento posto in essere ai danni dell'impresa e del ceto creditorio. ****
5.2 Le suddette considerazioni, per completezza, stimolano qualche approfondimento a proposito del concetto di distrazione (l'unico che, alla luce delle risultanze peritali, appare meritevole di approfondimento in questa sede).
Tradizionalmente il concetto di distrazione oscilla fra una pluralità di definizioni.
Da un lato la distrazione viene identificata come la estromissione di un bene dal patrimonio dell'imprenditore; in sostanza si pone l'accento sulla mera estromissione (intesa come distacco) di un bene dal patrimonio del fallito, finalizzata a sottrarre i beni alla garanzia dei creditori, e ad ostacolarne l'apprensione da parte degli organi fallimentari (v. Sez. V, 17 maggio 1996, in C.E.D. Cass., n. RV 205921; Sez. V, 14 maggio 1993, in Cassazione Penale, 1995, p. 1633, n. 1038; Sez.V, 20 novembre 1987, in Cassazione Penale, 1989, p. 680, n. 650; Sez. V, 24 maggio 1984, in C.E.D. Cass., n. RV 165673; Sez. V, 11 dicembre 1970, in C.E.D. Cass., n. RV 116879; Sez.V, 20 gennaio 1970, in C.E.D. Cass., n. RV 114762).
Il suddetto concetto appare in linea, effettivamente, con il significato semantico del termine (distrazione, da distrahere: separare, staccare, dividere).
In dottrina tale criterio è stato però criticato, osservandosi che le attività possono essere sottratte alla procedura esecutiva anche senza estrometterle dal patrimonio, come ad esempio nel caso in cui vengano trasferite in un paese estero, dove non siano raggiungibili dagli organi del fallimento.
Secondo altra definizione, la distrazione consisterebbe invece nell'usare del bene per un fine diverso da quello doveroso (per la tesi dello sviamento del bene dalla sua destinazione doverosa sembra schierata, fra le altre, Sez. I, 25 aprile 1990, in Giust. pen., 1990, II, c. 601).
Secondo un altro Autore la distrazione consisterebbe nella sottrazione (anche tentata) di un bene alla prevedibile esecuzione concorsuale, a prescindere dalla sua estromissione dal patrimonio dell'imprenditore.
Quest'ultimo pragmatico concetto (che possiamo definire "procedimentale") attiene quindi, essenzialmente, al contesto del procedimento fallimentare, e in sostanza ricerca i caratteri della distrazione non, a monte, nella intrinseca natura dell'atto, ma, a valle, nei suoi negativi effetti sull'efficacia della esecuzione concorsuale.
Orbene, destinazione delle attività a finalità antidoverose e sottrazione dei beni alla esecuzione concorsuale, sono concetti almeno in parte coincidenti, dato che già porre in essere atti devianti dall'interesse dell'impresa finisce (a causa del danno provocato alla funzionalità dell'impresa medesima) per sottrarre beni alla garanzia creditoria.
Non solo; fra le finalità antidoverose c'è anche la sottrazione del bene alla garanzia dei creditori (art. 2740 c.c.), sottrazione che quindi coincide direttamente con la sottrazione dei beni all'esecuzione concorsuale.
Quindi, a ben vedere, le due ultime tesi si riducono, almeno in linea di massima, ad una soltanto, e cioè a quella che concepisce la distrazione come destinazione del bene a fini antidoverosi.
Ad avviso di questo giudice, le oscillazioni concettuali sopra sintetizzate (della giurisprudenza, in particolare), in tema di distrazione, non sembrano costituire un vero e proprio consapevole conflitto.
Le definizioni che si rinvengono in seno alla giurisprudenza della Suprema Corte, da quella più limitata del "distacco" dal patrimonio, a quella più ampia dell'atto viziato nella funzione, non vengono supportate con argomenti effettivamente contrapposti.
La sensazione è quella di una giurisprudenza ispirata soprattutto dai casi concreti, i quali spesso non sollecitano definizioni elaborate, potendo bastare la semplice constatazione della estromissione del bene dal patrimonio del fallito.
Comunque, è il concetto di distrazione come atto viziato nella funzione ad essere il più meritevole di approfondimento, per la fondamentale ragione per cui esso fornisce al giudice penale una forte capacità di penetrazione e controllo sulla stessa discrezionalità (tendenzialmente: libertà) dell'imprenditore.
E' noto che, per l'art. 2740 co.1 c.c., il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri; beni che, quindi, hanno una funzione primaria (dalla quale non possono essere sottratti), che è quella di garantire i creditori.
Orbene, secondo tale tesi (dell'atto viziato nella funzione), l'atto di distrazione sarebbe quello con il quale l'imprenditore indirizza il bene ad una destinazione diversa da quella impostagli dall'art. 2740 c.c., ponendo in essere una sorta di "sviamento del bene" rispetto al fine della garanzia dei creditori, o più in generale rispetto al fine della funzionalità dell'impresa (ma il pregiudizio alla funzionalità dell'impresa, indirettamente, si risolve anch'esso in un pregiudizio alla garanzia dei creditori).
In giurisprudenza si è sostenuto, su questo versante, che la distrazione consisterebbe in ogni forma di diversa ed ingiusta destinazione volontariamente data al patrimonio rispetto ai fini che questo deve avere nell'impresa, quale elemento necessario per la sua funzionalità e quale garanzia verso i terzi (v. Sez. V, 4 novembre 1993, in Cassazione Penale, 1995, p. 1635, n. 1040; Sez. V, 10 febbraio 1978, in C.E.D. Cass., n. RV 140253; in senso analogo v. Sez. V, 26 febbraio 1986, in C.E.D. Cass., n. RV 173143; Sez. V, 10 luglio 1985, in C.E.D. Cass., n. RV 170792; Sez. V, 28 marzo 1985, in C.E.D. Cass., n. RV 168927).
Si badi che (secondo uno sviluppo rigoroso della tesi) le finalità verso le quali l'atto dell'imprenditore è stato sviato possono anche non essere, di per se stesse, antigiuridiche, pur essendo penalmente rilevanti come distrazione; al limite, potrebbe anche trattarsi di finalità moralmente encomiabili, ma comunque ingiuste dal punto di vista dell'interesse dei creditori.
In sostanza si assume l'esistenza di un vincolo di finalizzazione dell'atto imprenditoriale, ossia di un fine istituzionale dell'impresa, che è l'unico cui devono ispirarsi gli atti di gestione (in questo senso v. infatti Sez. V, 9 marzo 1999, in C.E.D. Cass., n. RV 213117).
In dottrina, si è sostenuto che la distrazione è condotta che deve provocare una diminuzione patrimoniale; che (la distrazione) si può annidare anche in un negozio oneroso a prestazioni corrispettive, ed infine che la diminuzione patrimoniale consegue ad una anomalia genetica o funzionale del negozio.
Più precisamente, si assume che nel processo formativo della volontà del fallito, interferirono o prevalsero, rispetto all'interesse alla salvaguardia del patrimonio e al benessere dell'impresa, interessi diversi e contrastanti, eventualmente anche non patrimonali (Sez. V, 26 giugno 1990, in C.E.D. Cass., n. RV 185891, definisce la distrazione, appunto, quale atto negoziale di disposizione patrimoniale affetto da anomalie genetiche e/o funzionali, dal quale deriva una diminuzione patrimoniale).
In altre parole si può ben dire che l'atto di distrazione è un atto "viziato nella funzione".
La tesi condivisibile della distrazione quale atto sviato dalla funzione di garanzia di cui all'art. 2740 co.1 c.c. (e in genere dalla funzione produttiva) necessita di qualche messa a punto.
Che, a seguito della sentenza di fallimento, tutti gli atti di gestione "sviati" nel senso di cui sopra possano essere puniti quale distrazione pare eccessivo.
Non si dimentichi, infatti, che l'atto distrattivo costituisce di regola l'esercizio di un diritto (almeno nei casi in cui si tratti di beni di cui l'agente abbia la legittima disponibilità), colorandosi di illiceità penale solo quando pregiudica gli interessi dei creditori.
A ben vedere, però, si può rimediare a tale difetto ermeneutico (ed evitare un ampliamento eccessivo del concetto di distrazione) evidenziando che la responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. (che è oggetto della tutela offerta dalla norma penale sulla distrazione), tradotta sul piano della legge fallimentare, diventa soggezione del patrimonio dell'imprenditore agli organi fallimentari.
Ne consegue che l'atto di distrazione si caratterizza (e si limita) ulteriormente per essere atto diretto ad impedire l'apprensione del bene da parte degli organi del fallimento; solo un atto oggettivamente funzionale a tale risultato (sottrazione di attività agli organi fallimentari) può essere considerato distrattivo.
E' bene osservare, inoltre, che un forte ridimensionamento delle potenzialità accusatorie del concetto di distrazione, intesa quale "sviamento dalla funzione di garanzia dei creditori" (nel senso di cui sopra), si verifica sul piano dell'elemento soggettivo del reato, sia che venga inteso come dolo generico, sia che si propenda invece per il dolo specifico.
In effetti varie voci della dottrina hanno ritenuto che alla distrazione sia sufficiente il dolo generico, ed anche la giurisprudenza della Cassazione sembra orientata per la tesi, appunto, del dolo generico (per la tesi del dolo generico v. fra le altre Sez. I, 27 febbraio 1997, in Giust. pen., 1997, II, c. 630; Sez.V, 18 aprile 1988, in Giust. pen., 1989, II, c. 340; Sez. V, 4 giugno 1987, in Riv. pen., 1988, p. 1020).
Tuttavia, anche a voler concordare con la tesi del dolo generico, diventa comunque possibile limitare l'incriminazione per distrazione a quei soli atti di gestione caratterizzati dalla consapevolezza di sottrarre con essi proprie attività alla garanzia dei creditori, e più specificamente all'esecuzione concorsuale; dal che si può desumere che l'imprenditore agente deve essere anche consapevole dell'esistenza o della probabilità del proprio stato di insolvenza.
In argomento la Cassazione (v. Sez. V, 11 aprile 1975, in C.E.D. Cass., n. RV 131532) ha rilevato ancora che l'elemento psicologico della bancarotta per distrazione è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà della distrazione; ma poichè la norma incriminatrice ha lo scopo di tutelare le ragioni dei creditori, è necessario, per l'esistenza del dolo, che l'agente sia consapevole che l'atto cagionerà danno (o la possibilità di danno) alla massa dei creditori.
A ben vedere, quindi, la concezione della distrazione come vizio della funzione dell'atto d'impresa, non ha effetti dirompenti sul piano della conclusiva affermazione della responsabilità penale, posto che la deviazione funzionale dell'atto deve essere dolosa, nel senso sopra precisato.
Piuttosto si tratta di una concezione decisamente importante sul piano investigativo o istruttorio, in particolare perchè il pubblico ministero e il giudice (e soprattutto il consulente tecnico o il perito) sono chiamati ad una analisi quantitativamente e qualitativamente assai penetrante sull'attività dell'imprenditore fallito; analisi che coinvolgerà (in prima battuta) il giudizio sulla correttezza economica e funzionale dell'attività di impresa, e quindi (una volta negata quella correttezza) l'evidenziazione di eventuali elementi atti ad accertare la natura dolosa delle operazioni economicamente scorrette.
Ma si è visto sopra che, per quanto riguarda l'imputato qui giudicato, l'analisi peritale è del tutto favorevole all'imputato stesso. ****
Il Giudice Dott. Domenico Potetti