Per la Cassazione, la sola indicazione delle iniziali dell'offeso se l'ambito territoriale è ristretto giustifica la sussistenza del reato di diffamazione

di Lucia Izzo - Per la diffamazione ai danni di un avvocato è sufficiente la sola indicazione delle sue iniziali e del foro di appartenenza, laddove i fatti siano avvenuti in un ambito territoriale ristretto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 54177/2016 (qui sotto allegata). 


Il G.u.p. del Tribunale aveva prosciolto gli imputati dai delitti di cui agli artt. 595 c.p. e 13 legge 47/48, consistiti, per uno di questi, comandante della Polizia municipale, nel redigere e diffondere un comunicato stampa, in cui, tra l'altro, offendeva la reputazione di un avvocato indicato, sia pure indirettamente, come complice di falsità in atto pubblico compiuto da un suo cliente; per gli altri imputati, in qualità di redattori e direttori di giornali on line, per aver pubblicato il suddetto comunicato stampa e aver omesso il controllo necessario ad evitare che fosse pubblicato.


Nel ricorso per Cassazione, l'avvocato sottolinea che, nonostante l'indicazione delle sole iniziali nel comunicato diffamatorio, la sentenza ha sbagliato a ritenere difficoltosa l'identificazione della parte civile, poiché il foro di appartenenza, il paese, molto piccolo, in cui aveva lo studio e le iniziali erano a tanto idonei.


Motivo accolto dagli Ermellini per i quali deve darsi atto che i fatti dl cui al processo sl sono svolti in un ambito territoriale ristretto così da poter avere interresse e rilievo per un pubblico di lettori circoscritto all'ambito giudiziario; tuttavia, allo stesso tempo, e per la stessa appartenenza al settore ove il ricorrente opera, il pubblico sarebbe stato sufficientemente informato ed in condizione di collegare utilmente le notizie ricavabili dal testo incriminato. 


In tale contesto le ulteriori indicazioni fattuali riguardanti il foro di appartenenza della parte civile

, il piccolo paese in cui aveva lo studio, e le sue iniziali, potevano condurre in modo non difficoltoso, ma anzi sufficientemente agevole, all'individuazione dell'ipotizzato complice nel delitto di falso nell'avvocato ricorrente, soprattutto in considerazione del fatto che questi, come la stessa sentenza riconosce, è l'unico legale del Foro con studio nel suindicato paese.


Ne deriva che, conclude la Cassazione "sia pure con riferimento al suindicato ristretto ambito sociale e lavorativo, l'individuazione dell'avvocato che sarebbe stato complice del suo assistito della falsità ideologica per cui quest'ultimo era stato condannato, nonostante l'assenza del nome e cognome per esteso, era non solo possibile, ma facile ad opera in particolare dei professionisti frequentanti gli ambienti giudiziari, del personale degli Uffici Giudiziari di quel territorio e degli stessi Magistrati che vi esercitavano le funzioni".


Quanto alla diffusione del comunicato, la rete internet ha sicuramente allargato la platea dei potenziali lettori in grado di giungere all'identificazione del legale implicato nel delitto d falsità ideologica con la parte civile ricorrente, potenzialmente aumentandone il lamentato effetto lesivo della sua onorabilità.


Va rammentato il principio, più volte ribadito dalla Corte, secondo cui "il reato di diffamazione a mezzo stampa è configurabile anche in assenza di esplicite indicazioni nominative, quando i soggetti verso cui le espressioni ritenute diffamanti sono state rivolte, siano individuabili tramite riferimenti alle attività lavorative svolte". 7


Tuttavia, il ricorso va considerato privo di fondamento nella parte in cui coinvolge gli imputati che rivestivano il ruolo di direttori responsabili dei giornali telematici. Infatti, come correttamente affermato dalla sentenza di proscioglimento, "il direttore di un periodico on-line non è responsabile per il reato di omesso controllo, ex art. 57 cod. pen., sia per l'impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, sia per l'impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori 'postati' direttamente dall'utenza".

Per la restante parte, dunque, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al giudice di merito per un nuovo esame.

Cass., V sez. pen., sent. 54177/16

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