di Marina Crisafi - Il medico del pronto soccorso è obbligato a visitare il paziente, anche se lo stesso presenta un "codice verde". In caso contrario scatta l'omissione d'atti d'ufficio. Lo ha sancito la Cassazione (sentenza n. 40753/2016 qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un medico di guardia avverso la condanna per il reato ex art. 328 c.p.
Nella vicenda, il medico imputato "si era appena messo a riposare" quando al pronto soccorso arrivava una paziente anziana, accettata con codice triage verde, che lamentava un dolore al braccio a seguito di una caduta accidentale in casa. Il dottore si limitava a prescriverle un antidolorifico affidando alle infermiere (nonostante il reiterato invito di sottoporre a visita la donna per probabile frattura alla spalla) il compito di somministrare la terapia e tornava a dormire. La paziente veniva così visitata diverse ore dopo dal medico del turno successivo.
Per i giudici di merito la gravità del comportamento tenuto dal sanitario è indubbia e la condanna viene confermata anche dalla Cassazione.
Per la sesta sezione penale, è perfettamente corretto il ragionamento del collegio di merito, "non essendo revocabile in dubbio che la persona che si presenti al Pronto Soccorso, lamentando un disturbo, abbia il pieno diritto - cui corrisponde un correlativo dovere del sanitario di turno - ad essere sottoposta a visita medica, là dove l'assegnazione del codice di triage all'atto dell'accettazione vale soltanto a definire un ordine di visita fra più pazienti in attesa, ma non ad esentare il predetto sanitario dal dare corso alla visita del paziente la cui patologia sia valutata, ad un primo screening del personale paramedico, non grave". Ciò a maggior ragione, nel caso di specie, trattandosi di persona non più giovane che accusava un dolore acuto e a fronte delle reiterate sollecitazioni del personale infermieristico, dunque di personale qualificato ed in grado di valutare l'effettiva necessità della visita immediata da parte del medico. Né può giustificare il differimento della visita, il fatto che l'esame radiologico non avrebbe potuto essere espletato durante la notte, ma solo al mattino seguente. A prescindere dall'impossibilità di procedere ad un'immediata indagine, infatti, il medico di turno avrebbe dovuto, sottolinea la S.C., "verificare senza indugi la gravità della situazione e formulare una prima diagnosi, così da scongiurare patologie di intensità tale da richiedere un intervento sanitario tempestivo e non dilazionabile al giorno successivo".
Per cui, nessun dubbio sulla qualifica del fatto ai sensi dell'art. 328 c.p. avendo il medico rifiutato un atto sanitario che aveva il dovere di porre in essere.
Cassazione, sentenza n. 40753/2016