Nota di commento a Cassazione, sentenza n. 36993/2016

Avv. Veronica Ribbeni - Il nostro codice di rito disegna il modello normativo della motivazione, sia nel contesto della decisione sia nel contesto della giustificazione mediante regole epistemologiche, che guidano il giudice penale nell'accertamento dei fatti giuridicamente rilevanti e nella valutazione delle prove.

In tale contesto gli artt. 192, c. I, e 546, c. I lett. e), c.p.p. prefigurano l'archetipo del ragionamento probatorio, il cui metodo formale è indicato dalle menzionate regole. Entrambe le norme statuiscono che ogni passaggio argomentativo dal fatto probatorio al fatto da provare sia giustificato dal giudice, il quale valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri d'inferenza adottati e richiedono che la sentenza contenga l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa nonché l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie.

Con la sentenza n. 7718/1996 la Suprema Corte ha precisato che affinché sussista nullità della sentenza per vizi della motivazione, è necessario che il giudice non abbia indicati gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento; che si sia limitato a un esame sommario o superficiale degli elementi stessi senza un'approfondita disamina logico-giuridica; che, partendo da premesse inaccettabili, sia pervenuto a conclusioni aberranti secondo la logica comune; che abbia palesato perplessità, che sia caduto in contraddittorietà, palese, ponendo a base della decisione considerazioni inconciliabili o che sia incorso in travisamento del fatto.
Rileva che come scrive G. Spangher in un sistema a verdetto motivato, la motivazione debba giustificare la decisione dovendo proprio il controllo sulla essa, ridurre in qualche modo il rischio di una decisione ingiusta (cfr. Trattato di procedura penale, Volume 5 di G. Spangher, Wolters Kluwer Italia, 2009).

Posto quanto sopra, in tema di istruzione dibattimentale, quando siano necessarie specifiche competenze scientifiche, tecniche ed artistiche, il giudice può ritenere superflua la perizia ove pensi di giungere alle medesime conclusioni di certezza sulla base di altre prove.

La quinta sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 36993/2016 precisa al riguardo che viceversa non gli è consentito di rinunciare all'apporto del perito per avvalersi direttamente di proprie competenze.

Infatti, sebbene la perizia grafologica debba ritenersi basata su un percorso valutativo più che su leggi scientifiche, il giudice di merito deve dare conto delle specifiche motivazioni per le quali ritenga di disattendere il percorso metodologico seguito.


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