di Valeria Zeppilli - Gli assegni per il nucleo familiare (ANF) rappresentano una forma di sostegno che il nostro ordinamento garantisce ai lavoratori in difficoltà, al verificarsi di determinate condizioni.
La loro erogazione è mensile, ma talvolta accade che, per un qualsiasi motivo, gli stessi non vengano corrisposti ai lavoratori che ne hanno diritto.
A tal proposito, si sottolinea che il termine per poter richiedere gli assegni familiari arretrati mai corrisposti è di cinque anni, decorrenti dal mese successivo a quello in cui è stato maturato il relativo diritto (leggi anche: "Assegni familiari arretrati: come e fino a quando si possono richiedere").
La richiesta va fatta dal lavoratore o direttamente al datore di lavoro o all'Inps e ha come presupposti la regolarità contributiva e, ovviamente, la sussistenza dei requisiti per avvalersi del beneficio nel periodo per il quale esso è richiesto.
Ma cosa accade se il lavoratore nel frattempo è stato licenziato e ha così perso il proprio posto di lavoro?
Nulla: egli potrà comunque rivolgersi al vecchio datore di lavoro, alle cui dipendenze era impiegato quando avrebbe dovuto percepire gli assegni, per far valere i propri diritti ed avanzare le sue pretese.
Per la corresponsione degli arretrati, infatti, occorre guardare a come si presentava la situazione lavorativa del richiedente al momento in cui gli assegni per il nucleo familiare sarebbero dovuti entrare nelle sue tasche.
Per lo stesso motivo gli arretrati non possono essere invece richiesti al nuovo datore di lavoro presso il quale il lavoratore licenziato sia ora occupato: egli, infatti, potrà essere chiamato in causa esclusivamente per la corresponsione degli assegni per il nucleo familiare il cui diritto sia stato maturato a seguito dell'instaurazione del nuovo rapporto di lavoro.