di Annamaria Villafrate - Wikipedia dipinge un ritratto affascinante dell'avvocato, professionista capace di destreggiarsi tra studio, appuntamenti e rapporti di colleganza fondati su infinita stima e correttezza. Leggendo le parole dell'enciclopedia più consultata del web chissà quanti giovani si immaginano con la toga, impegnati nella loro prima arringa. Certo, qualche difficoltà all'inizio è normale, ma nulla di preoccupante.
La realtà però è tragicamente diversa. Il tirocinio formativo, che il neo laureato immagina ricco di esperienze interessanti, si rivela spesso deludente. Levatacce indicibile per notificare gli atti, file interminabili alle cancellerie e lunghe attese per assistere a udienze di dieci minuti.
I momenti trascorsi in studio da destinare alla ricerca e alla redazione degli atti sono continuamente interrotti. Telefonate, visite senza appuntamento di clienti ansiosi e documenti immancabilmente urgenti e importantissimi da fotocopiare.
La nota più dolente però è la totale assenza di riconoscimento economico per il lavoro svolto. Non è raro che volenterosi e bravissimi tirocinanti riescano a elaborare autonomamente tesi giuridiche capaci di convincere anche i giudici più scettici.
L'impegno e la preparazione meritano un compenso che il più delle volte non c'è. Occorre anche una motivazione concreta per poter proseguire un'attività fin troppo avara di soddisfazioni. La consapevolezza di aver fatto il possibile per tutelare gli interessi dei clienti non è sufficiente.
E la situazione non è detto che migliori una volta superato il difficilissimo esame di abilitazione.
Le realtà degli studi di provincia sopravvive grazie al riciclo dei praticanti.
Diventati avvocati abilitati le opzioni sono davvero poche. Si può continuare a collaborare nello stesso studio con un guadagno da fame oppure ci si può dirigere verso la porta (dato che lo studio non potrà permettersi una collaborazione normalmente retribuita) e andarsi a creare (in quanti anni?) un proprio giro di clienti.
Amarezza, rabbia e tristezza accompagnano i giorni e le notti dei primi anni di attività. Le misere entrate non riescono a far fronte a costi fissi troppo elevati. La famiglia rappresenta ancora e purtroppo l'unica forma di aiuto economico di giovani ambiziosi, disposti a trascorrere intere serate in studio per non deludere il dominus e se stessi.
Tantissimi i sacrifici, davvero per pochi spiccioli destinati a una categoria bistrattata dalla politica e da tutti coloro che non respirano la dedizione di chi ama la professione, nonostante le mille difficoltà da affrontare.
Per qualcuno magari si tratta solo di percorrere una strada già segnata dal nonno o dal padre. Per qualcun altro la professione rappresenta una passione innata che è costata anni di sacrifici, di rinunce e di non si sa quanti rospi da ingoiare solo per sentirsi chiamare "avvocato". Non ci resta dunque che continuare a sperare che le cose cambino (prima o poi) perché, come scrisse Eleanor Roosevelt, "il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni"
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