Per la Cassazione non sussiste incolpevole incapacità di adempiere gli obblighi se è possibile ricavare il necessario dalla vendita immobiliare

di Lucia Izzo - Non sussiste incolpevole incapacità del genitore separato di adempiere ai suoi obblighi di mantenimento se costui è in possesso di beni immobili dalla cui vendita potrebbe guadagnare quanto necessario per il sostentamento dei figli. 


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 34211/2016 (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un uomo, condannato per il reato di cui all'art. 570 c.p. (Violazione degli obblighi di assistenza familiare) per aver tenuto condotta contraria alla morale della famiglia e aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al coniuge separato e ai tre figli minori, dall'aprile 2003 e con "reato in corso".


Inutile per l'uomo dedurre di aver assolto al proprio obbligo di sovvenire ai bisogni della famiglia anche dal punto di vista materiale, richiamando "numerose ricevute di pagamento relative al periodo successivo alla nuova separazione dei coniugi e sino all'inizio del procedimento de quo", ed evidenziando di essere versato in situazione di incolpevole incapacità ad adempiere ai suoi obblighi di mantenimento.


Per gli Ermellini, la sentenza impugnata giustifica congruamente la circostanza che il ricorrente abbia versato solo parzialmente l'importo dovuto per il mantenimento del coniuge e dei tre figli minori, facendo loro mancare i mezzi di sussistenza, forniti poi dal Comune, per un lasso temporale di oltre sei anni.


Manca, inoltre, la incapacità assoluta e incolpevole dell'obbligato, tra l'altro proprietario di beni immobili, dalla cui vendita, sottolinea il collegio, ben avrebbe potuto ricavare quanto necessario per il mantenimento dei figli minori. 


Neppure il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare può considerarsi prescritto, trattandosi di reato permanente che si è protratto unitariamente per tutto il periodo in cui è perdurato l'omesso adempimento, con la conseguenza che, anche con riferimento alla fase iniziale della condotta illecita, il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza, coincidente con il sopraggiunto pagamento o, in mancanza, come nel caso di specie, con l'accertamento della responsabilità nel giudizio di primo grado.



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