Per la Cassazione il reato è integrato anche se l'alienante si è attivato subito per cancellare l'ipoteca ed evitare effetti pregiudizievoli al compratore

di Lucia Izzo - Colpevole del reato di truffa aggravata il proprietario che ha venduto un appartamento tacendo il fatto che lo stesso fosse gravato da ipoteca giudiziale a favore dell banca. La circostanza che, successivamente al trasferimento dell'immobile, il proprietario si sia attivato per cancellarla per evitare che il compratore potesse subire un pignoramento, può essere valutata solo ai fini della determinazione della pena.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 28767/2016 (qui sotto allegata), che ha confermato le statuizioni civili nei confronti di due coniugi per concorso in truffa aggravata ex art. 61 n. 7 cod. pen., nonostante il reato dovesse essere considerato estinto per prescrizione.


Si contesta agli imputati di avere venduto un appartamento tacendo il fatto che sullo stesso gravava un'ipoteca giudiziale a favore della Banca. I dati catastali dell'immobile avevano subito delle variazioni a causa del cambio di destinazione d'uso prima della trascrizione dell'ipoteca e non erano stati correttamente riportati nei registri immobiliari. In ogni caso quando gli imputati seppero dell'esistenza della procedura esecutiva procedettero alla cancellazione dell'ipoteca evitando che gli acquirenti subissero la conseguente esecuzione. 


Tuttavia, quest'ultimo rilievo non è idoneo a escludere l'elemento psicologico del reato in contestazione, e non si può ritenere che gli imputati siano semplicemente caduti in errore credendo che l'ipoteca gravasse solo sul seminterrato dell'immobile e non sul bene venduto. 

Uno dei coniugi, infatti, oltre che marito della titolare del bene, è un imprenditore

geometra, quindi un tecnico esperto del settore, che si era interessato della procedura di frazionamento catastale e del cambio di destinazione d'uso dello stesso, nonché del mandato conferito all'agenzia immobiliare e dei contatti con gli acquirenti; situazioni queste che sono pienamente indicative della circostanza che gli imputati non potevano ignorare (anche solo per errore) l'esistenza del vincolo reale gravante sull'immobile venduto.


Il fatto che gli imputati si siano attivati in epoca successiva alla stipulazione del contratto alla cancellazione del vincolo ipotecario può avere rilevanza esclusivamente nell'ottica di determinazione della pena. 


Ciononostante, il reato è da considerarsi prescritto poichè il momento consumativo del reato non si ricollega, come afferma la Corte d'Appello, al momento del danno subito dalle persone offese che si sarebbe protratto fino al pagamento dell'ultima rata del mutuo.

La Cassazione rammenta che nell'ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma nel momento in cui si realizza l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato, situazione che nel caso di specie non può che essere ritenuta coincidente con il pagamento del prezzo del bene venduto. 


Non ritiene il Collegio, quindi, che ci si trovi in presenza di una truffa contrattuale a c.d. "consumazione prolungata" come apoditticamente affermato nella sentenza di primo grado e successivamente confermato nella sentenza d'Appello.

Il momento consumativo deve, sostanzialmente, ricollegarsi al conseguimento del profitto da parte degli imputati (ottenuto al momento della stipula del contratto e della conseguente ricezione del corrispettivo economico).

L'intervenuta estinzione del reato per prescrizione, in presenza di un sentenza di condanna nel merito, impone la conferma delle statuizioni civili. 

Cass, II sez. pen., sent. n. 28767/2016

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