Accolto il ricorso di una donna, madre di due bambine imputata del reato ex art. 570 c.p.

di Marina Crisafi - Non può essere condannata per violazione degli obblighi di assistenza familiare, la madre che fa mancare i mezzi di sussistenza ai propri figli se non ha neanche lei i mezzi per vivere. Lo ha sancito la sesta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 25711/2016 depositata oggi (qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di una donna, madre di due bambine imputata del reato ex art. 570 c.p. per aver omesso di versare 100 euro al mese a titolo di contributo di mantenimento.

La Corte d'appello l'aveva condannata alla pena relativa per aver fatto mancare alle minori i mezzi di sussistenza, ma la donna ricorreva innanzi alla Suprema Corte contestando che il giudice di merito aveva sovvertito il giudizio di assoluzione di primo grado senza fornire una motivazione idonea ad affermare la sua responsabilità "oltre ogni ragionevole dubbio".

Per gli Ermellini l'istanza va accolta. Intanto, scrivono nella sentenza, "l'originario appello del pm era inammissibile, in quanto si limitava a riproporre gli elementi già valutati, deducendone la concludenza, senza specifica confutazione del fondamento logico e fattuale degli argomenti del primo giudice, coi quali invero l'impugnazione non si confrontava".

Infatti, proseguono i giudici, "a fronte dell'incapacità della ricorrente a far fronte ai propri obblighi di mantenimento, ritenuta dal tribunale sulla base dell'insufficienza dei modestissimi redditi da lei percepiti a soddisfare i suoi primari bisogni di vita, specificamente individuati anche in riferimento a precise e attendibili testimonianze sul punto, l'appello del pm si limita a porre quei redditi in comparazione con quelli del coniuge affidatario, anch'essi modestissimi, e a prefigurare, ancora una volta in modo generico e sostanzialmente immotivato, ulteriori accertamenti circa l'ipotesi, definita plausibile, che la ricorrente avesse percepito negli anni di riferimento l'indennità di disoccupazione".

Da qui l'annullamento della sentenza senza rinvio.

Cassazione, sentenza n. 25711/2016

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