A seguito dell'entrata in vigore della l. 3/2012 e delle successive modifiche, oggi anche chi non soggiace alla legge fallimentare può ridimensionare i debiti

di Valeria Zeppilli - La procedura di esdebitazione è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla legge numero 3 del 2012, successivamente modificata dal decreto legge numero 179 dello stesso anno.

Essa tende a trovare una soluzione per le situazioni di sovraindebitamento che coinvolgono i soggetti che non hanno accesso alle procedure concorsuali. Si tratta, in sostanza, degli imprenditori agricoli, dei liberi professionisti, dei consumatori per le obbligazioni contratte fuori dall'eventuale attività di impresa, dei piccoli imprenditori commerciali e dei fideiussori che hanno garantito i debiti di un imprenditore fallito.

Requisiti di accesso

Da quanto detto emerge, pertanto, che la procedura di esdebitazione è attivabile solo se chi la richiede non sia assoggettato alle procedure di cui alla legge fallimentare e si trovi in una condizione di sovraindebitamento non riuscendo più a far fronte ai debiti contratti.

Rimedi

La procedura di esdebitazione prevede tre diversi rimedi: l'accordo di ristrutturazione dei debiti, la liquidazione del patrimonio del debitore e il piano del consumatore.

Ai primi due possono accedere tutti i soggetti destinatari della legge, al terzo solo il consumatore.

Accordo di ristrutturazione dei debiti

L'accordo di ristrutturazione dei debiti, innanzitutto, dà la possibilità a tutti i soggetti destinatari della legge numero 3/2012 (non assoggettabili a fallimento) di rivolgersi al Tribunale, proponendo un accordo con il quale tentare di far fronte alla propria condizione di sovraindebitamento.

È quindi il giudice che, una volta valutata la richiesta, decide se approvare o meno quanto con essa proposto.

Per poter avere il via e divenire operativo, tuttavia, l'accordo di ristrutturazione dei debiti necessita anche dell'assenso di un numero di creditori che rappresenti almeno il 60% dei crediti.

Liquidazione del patrimonio

Molto più svantaggioso, e pertanto scarsamente utilizzato, è il secondo rimedio previsto per l'esdebitazione: la procedura di liquidazione del patrimonio.

Con essa il debitore mette a disposizione, per la soddisfazione dei debiti, tutti i propri beni e tutti i propri crediti, liquidando di fatto il suo intero patrimonio.

Restano escluse solo le risorse necessarie per mantenere la famiglia.

Attivando tale procedura, i debiti che non possono essere ripagati si estinguono.

Piano del consumatore

Il piano del consumatore, infine, è lo strumento riservato alle persone fisiche/consumatori, in situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni contratte e il patrimonio liquidabile.

Per potervi accedere il cittadino, oltre a non agire con riferimento all'esercizio di un'attività professionale o imprenditoriale, deve essere meritevole e non deve aver quindi contratto debiti in maniera del tutto sproporzionata rispetto alle potenzialità del suo patrimonio.

In presenza dei richiesti presupposti, ogni consumatore per il tramite di un avvocato può oggi presentare al tribunale un piano per soddisfare i propri debiti. Sarà poi l'organismo di composizione della crisi nominato che, verificata l'esattezza dei dati contenuti nel piano, si esprimerò sulla sua applicabilità.

I creditori non danno un parere vincolante, ma possono essere ascoltati e possono presentare delle contestazioni.

Il vantaggio è che, se il piano del consumatore viene approvato, il cittadino ha la possibilità di sollevarsi dai propri debiti anche non soddisfacendoli per intero ma riducendone l'ammontare complessivo.

Occorre tuttavia precisare che se il debitore non rispetta il piano approvato, scatterà automaticamente la procedura di liquidazione del patrimonio. 



Vedi anche l'esdebitazione nel fallimento

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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