Quando scatta la responsabilità del proprietario

Avv. Emanuela Foligno - I cani, si sa, non hanno altro modo di esprimersi e comunicare se non abbaiando: spesso lo fanno per mostrare la loro felicità, altre volte per comunicare un disagio.

I cani che abbaiano spesso sono quelli che restano da soli tutto il giorno e quindi vogliono comunicare solitudine, impazienza e paura. Ma spesso se l'amico a quattro zampe abbaia troppo, il proprietario ne è responsabile nei confronti dei vicini di casa o di appartamento.

Il cane che abbaia incessantemente, sicuramente disturba. Ma tra il diritto esistenziale pacifico degli animali e il disturbo delle persone, quando scatta la responsabilità del proprietario?

Certamente il legame e la convivenza dell'uomo con l'animale ha fatto scaturire e aumentare le norme a salvaguardia degli animali. 

Vediamo come si comporta la giurisprudenza.

La Cassazione Penale (N. 36241/2004) ha sentenziato che: "non ha importanza se a lamentarsi per i latrati dei cani è un solo vicino. A fare scattare la responsabilità del proprietario dell'animale, infatti, non è l'effettivo raggiungimento di plurime persone, ma la potenzialità diffusiva dell'abbaiare dell'animale, che deve essere oggettivamente idonea a disturbare le occupazioni o il riposo".

La Cassazione, nel caso sopra citato, ha condannato il proprietario per disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone per "non aver impedito il latrato dei propri cani che, di giorno e di notte, in aperta campagna rendevano impossibile il riposo e la quiete delle persone".

Diversamente ha opinato il Giudice di Pace di Rovereto (Sentenza del 11.8.2006) stabilendo che abbaiare è un "diritto esistenziale" dei cani, e di conseguenza che il collarino anti-abbaio che il proprietario aveva messo al proprio cane per non farlo abbaiare era invece uno strumento lesivo dei diritti dell'animale.

Successivamente la Suprema Corte (N. 715/2010) ha statuito che il proprietario di un cane deve evitare che sia arrecato disturbo ai vicini di casa. Diversamente risponderà del reato previsto e punito dall'art. 659 c.p.

Si tratta, ha chiaramente spiegato la Corte nella pronunzia sopra indicata, di una contravvenzione in cui "l'elemento psicologico dell'illecito è costituito dalla mera volontarietà della condotta". Questa volontarietà peraltro si può desumere da oggettive circostanze di fatto "senza che risulti necessaria l'intenzione dell'agente di disturbare la quiete pubblica".

Il reato sussiste, dunque, quando il fatto di per sè risulta idoneo ad "arrecare fastidio a un numero indeterminato di persone" anche a prescindere da fatto che sia provato l'effettivo disturbo arrecato, e il loro abbaiare supera la normale tollerabilità.

Sul criterio della normale tollerabilità, ha specificato poi, che : " il criterio va riferito alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente ove i rumori fastidiosi vengono percepiti, mentre e' irrilevante la eventuale assuefazione di altre persone che abbiano giudicato non molesti i rumori".

In un' altra pronunzia della Cassazione Penale (N. 715/2011), è stato puntualizzato che: "La responsabilità dei proprietari di cani che, abbaiando, disturbano il riposo notturno del vicinato sono suscettibili di contravvenzione per disturbo della quiete pubblica, poiché non hanno impedito il molesto abbaiare.

Anche nel caso sopra indicato la Corte ha condannato il proprietario del cane, precisando che "per la sussistenza dell'elemento psicologico della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., attesa la natura del reato, è sufficiente la volontarietà della condotta desunta dalle obbiettive circostanze di fatto, non occorrendo, altresì, l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica (Cass., Sez. 1^, 26/10/1995, n. 11868) mentre elemento essenziale della fattispecie di reato in esame è l'idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l'effettivo disturbo alle stesse (Cass., Sez. 1^, 13/12/2007, n. 246).

Ed ancora la Corte di Cassazione, Sezione Penale (N. 4706/2011) ha condannato a due mesi di carcere i proprietari dei cani poiché gli stessi non hanno in nessun modo impedito le molestie derivanti dall'abbaiare dei cani, nonostante le proteste del vicinato.

Di diverso avviso e in controtendenza rispetto alla giurisprudenza di legittimità, la pronunzia del Tribunale di Lanciano nella quale si legge che "abbaiare è un diritto sacrosanto del cane, specie quando aiuta l'uomo nella difesa della sua proprietà. Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Lanciano (2012 - Giudice Dott. Giancarlo De Filippis), a conclusione di un procedimento civile d'urgenza.

I due cani sono stati accusati dai vicini di disturbare con il loro abbaio, ma il Giudice ha stabilito che i cani hanno tutto il diritto di abbaiare, specie se qualcuno o qualcosa si avvicina al loro territorio di riferimento e purchè non si superi la soglia di tollerabilità stabilita nel codice.

Ed ancora, più di recente, la Suprema Corte ha statuito che risponde del reato di cui all'art. 659 c.p. chi non impedisce il molesto abbaiare del proprio cane (N. 44916/2013 commentata su questo sito).

La vicenda ha visto coinvolta una coppia di coniugi che in seguito alla condanna del Tribunale di Salerno, per schiamazzi e rumori provocati dall'abbaiare del loro cane, sono approdati in Cassazione.

Nel caso in esame gli Ermellini hanno statuito che risponde del reato di cui all'art. 659 c.p. chi non impedisce il molesto abbaiare del proprio cane anche se custodito nella sua proprietà e ciò se l'accaduto viene confermato dall'intero condominio.

L'interessante pronunzia di merito (Tribunale di Lucca, 10/01/2014, N. 40) ha statuito che se il continuo abbaiare di un cane, custodito nell'appartamento condominiale, supera la normale soglia di tollerabilità, ed il condomino non si attiva per risolvere tale situazione, lo stesso è obbligato al risarcimento dei danni patiti da uno dei condomini.

Nel primo giudizio la proprietaria di un immobile aveva citato la condomina del piano sottostante, chiedendo al giudice di pace una sentenza di condanna per la cessazione delle immissioni rumorose provocate dal continuo abbaiare del cane. Il Giudice di pace dopo aver rilevato che l'abbaiare del cane superava la normale soglia di tollerabilità, aveva ordinato alla proprietaria dell'animale di adottare accorgimenti per risolvere i rumori molesti provocati dal cane.

Tale sentenza di condanna, tuttavia, non ha prodotto gli effetti sperati sino a provocare nella vicina di casa un vero e proprio disturbo psichico causato dal continuo abbaiare del cane. Conseguentemente quest'ultima chiama dinnanzi al Tribunale di Lucca la proprietaria del cane onde ottenere il risarcimento del danno.

Il Giudice ha dichiarato fondata la domanda presentata dalla condomina-danneggiata dai rumori del cane, constatando che la sentenza del Giudice di Pace aveva già accertato che le immissioni rumorose determinate dal continuo abbaiare del cane superavano la normale soglia di tollerabilità, e considerando che tale sentenza era divenuta irrevocabile: tale circostanza, e cioè quella dell'intollerabilità delle immissioni rumorose, non poteva più essere posta in discussione.

Il Tribunale ha anche riconosciuto il risarcimento per le lesione del diritto alla salute, danno biologico di natura psichica accertato dalla C.T.U., alla condomina danneggiata. La sentenza, quindi, ha rilevato che nel caso di specie "si rientra nello schema generale di risarcimento del danno ex art. 2043 e, trattandosi di danno che incide su un diritto inviolabile della persona, il superamento dei limiti di tollerabilità può essere apprezzato quale danno ingiusto ". (Cass.civ. sez. III, 13 marzo 2007, n. 5844).

Eclatante, da ultimo, la pronunzia del Tribunale di Bergamo del febbraio 2014, con la quale sono stati condannati i proprietari di un cane pastore tedesco che abbaiava nel giardino della villetta.

Complessivamente, tra spese legali e risarcimento del danno i proprietari del cane sono stati condannati a pagare l'importo di 25.000 euro.

Si è visto, con questo breve excursus, che una decina di anni fa la Suprema Corte ha riconosciuto il diritto del cane di potere abbaiare, connotandosi in una sorta di diritto esistenziale.

Successivamente però la giurisprudenza ha tutelato esclusivamente il "riposo" delle persone difettando in alcuni casi una valutazione concreta del caso esaminato, orientamento non superato dalle pronunzie di merito.

Ciò che è chiaro, in questo altalenarsi di pronunzie (vedasi anche la riforma del condominio che ha escluso la possibilità che i regolamenti condominiali vietino la presenza di animali negli appartamenti), è che il proprietario dell'animale ha comunque l'obbligo di impedire che quest'ultimo disturbi il riposo delle altre persone. Altrimenti scatta il reato per il proprietario. 

Vi è da aggiungere che il proprietario dell'animale è soggetto a doppia responsabilità, quella penale e quella civile. 

La responsabilità civile può sussistere quando il latrato infastidisce anche una sola persona e sia idoneo a disturbare le occupazioni o il riposo della gente. Il superamento della normale tollerabilità deve, comunque sussistere sempre.

La responsabilità penale, invece, sussiste quando i rumori prodotti dall'animale sono idonei a disturbare un numero indeterminato di persone. Per cui è esclusa la responsabilità quando i latrati rechino disturbo agli occupanti di un solo appartamento. Il reato, infatti, è previsto per tutelare la quiete e la tranquillità pubblica: "pubblica" appunto e non, invece, di un numero determinato di individui.

L'ordinamento italiano non può essere considerato all'avanguardia nella tutela dei diritti degli animali.

C'è ancora molta strada da percorrere: gli articoli 544 bis e seguenti del codice penale, l'art. 5 della Legge 189 del 2004 e, da ultimo, la ratifica della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, che stabilisce l'obbligo morale dell'uomo di rispettare tutte le creature viventi, sono di buon auspicio.


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