Commento a Corte di Cassazione, II Sezione Civile, sent. n. 24296 del 27.11.2015

Avv. Paolo Accoti - Si presumono di proprietà comune, se il contrario non risulta dal titolo, tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune; le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.

Ogni condomino può servirsi degli anzidetti beni, a patto che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Tanto emerge dal combinato disposto dagli artt. 1117 e 1102 c.c., norme cardine approntate dall'ordinamento vigente per definire i beni comuni e disciplinarne l'utilizzo.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, con sentenza n. 24296, del 27.11.2015, ha precisato che: "Il presupposto per l'attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l'esistenza o per l'uso (ovvero siano destinati all'uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o porzioni di piano dell'edificio".

Evidenza la Suprema Corte, con la sentenza in commento, che il fondamento tecnico del diritto di condominio, in altre parole, il diritto che ogni singolo condomino può legittimamente vantare su beni o servizi comuni, è da individuarsi nella relazione di accessorietà che lega quel determinato bene o servizio alla singola unità immobiliare, e cioè dal collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all'uso o al servizio della medesima.

Lo spunto per enunciare i predetti principi di diritto, viene fornito dal ricorso per cassazione proposto da un condomino che, in primo grado, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Cosenza il Condominio per la declaratoria di nullità di una delibera condominiale, con la quale l'assemblea aveva deliberato in merito alla demolizione della parte finale di una canna fumaria e la contestuale chiusura della stessa.

A dire del condomino, ciò avrebbe compromesso il suo diritto all'utilizzo di tale impianto, collegato con il camino sito in un locale al piano terra di sua proprietà.

Resisteva in giudizio il Condominio il quale deduceva che la demolizione della canna fumaria era necessaria in virtù dell'accertato pericolo di crollo e, comunque, in considerazione del mancato utilizzo della medesima da parte dei condomini sin dal 1985, attesa la trasformazione dell'impianto di riscaldamento da centralizzato in autonomo. Evidenziava altresì l'illegittimità del collegamento realizzato dal condomino tra il camino del suo locale posto a piano terra e la canna fumaria comune, siccome mai autorizzato e limitativo del diritto degli altri condomini.

Il Tribunale, all'esito della disposta consulenza tecnica d'ufficio, dichiarava nulla la delibera condominiale e confermava il diritto del condomino all'uso della canna fumaria condominiale.

La sentenza veniva completamente riformata, in secondo grado, dalla Corte d'Appello di Catanzaro, che affermava come i proprietari delle unità immobiliari i quali per ragioni di conformazione dell'edificio non sono mai stati serviti dall'impianto termico centralizzato di cui faceva parte la canna fumaria oggetto di causa, tra cui il condomino istante, non sono titolari di alcun diritto comune sull'impianto medesimo, non essedo lo stesso legato alle unità immobiliari dalla relazione di accessorietà, non esistendo alcun collegamento strumentale, materiale e funzionale, consistente nella destinazione all'uso o al servizio.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 24296/2015, conferma la sentenza della Corte d'Appello e, pertanto, rigetta definitivamente il ricorso del condomino.

La stessa - dopo avere condiviso l'assunto di secondo grado per il quale, il locale magazzino di cui il ricorrente è proprietario non era servito dall'impianto termico centralizzato quando questo era in esercizio; il condomino ha realizzato all'interno del locale un caminetto che ha provveduto a collegare alla canna fumaria -, richiamando un proprio precedente, evidenzia che: "il proprietario dell'unità immobiliare (nella specie, magazzino) che, per ragioni di conformazione dell'edificio, non sia servita dall'impianto di riscaldamento centralizzato, non può legittimamente vantare un diritto di condominio sull'impianto medesimo, perché questo non è legato alla detta unità immobiliari da una relazione di accessorietà (che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio), e cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all'uso o al servizio della medesima" (Cfr.: Cass. civ., Sez. II, 7/06/2000, n. 7730).

Ciò posto ha ritenuto corretto il ragionamento della Corte d'appello che ha escluso che l'utilizzazione della canna fumaria, per lo scarico dei fumi dal camino realizzato nel magazzino a piano terra, rientrasse in un'ipotesi di uso frazionato della cosa comune, non essendo l'impianto termico e la canna fumaria, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, a servizio di quel locale.

In altra fattispecie, è stato parimenti ritenuto che: "Affinché possa operare, ai sensi dell'art. 1117 cod. civ., il cosiddetto diritto di condominio, è necessario che sussista una relazione di accessorietà fra i beni, gli impianti o i servizi comuni e l'edificio in comunione, nonchè un collegamento funzionale fra primi e le unità immobiliari di proprietà esclusiva. Pertanto, qualora, per le sue caratteristiche funzionali e strutturali, il bene serva al godimento delle parti singole dell'edificio comune, si presume - indipendentemente dal fatto che la cosa sia, o possa essere, utilizzata da tutti i condomini o soltanto da alcuni di essi - la contitolarità necessaria di tutti i condomini su di esso. Detta presunzione può essere vinta da un titolo contrario, la cui esistenza deve essere dedotta e dimostrata dal condomino che vanti la proprietà esclusiva del bene, potendosi a tal fine utilizzare il titolo - salvo che si tratti di acquisto a titolo originario - solo se da esso si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della corte di appello che aveva ritenuto non superata la presunzione di comunione del muro sul quale poggiava la costruzione realizzata dal dante causa del ricorrente, non avendo quest'ultimo fornito la prova della proprietà esclusiva del muro perimetrale su cui si innestavano i manufatti edificati, a nulla rilevando che parte del detto muro "si aprisse" su un terrazzo di proprietà esclusiva del ricorrente stesso)". (Cass. civ. Sez. II Sent., 21/12/2007, n. 27145. Si veda anche: Cass. civ. Sez. III, 13/03/2009, n. 6175; Cass. civ. Sez. II, 16/04/2007, n. 9093; Cass. civ. Sez. II, 18/01/2005, n. 962).

Peraltro, per come ricordato a più riprese dalla stessa Corte di Cassazione (Sent.: 17332/2011; 19939/2012; 2305/2008), la relazione di accessorio e principale fonda "ipso iure e facto" la creazione del cd. supercondominio, e tanto senza bisogno di approvazioni assembleari, sempre se il titolo non dispone altrimenti. Ciò avviene quando i singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati attraverso la predetta relazione tra accessorio e principale, la cui proprietà rimarrà comune e "pro quota" in capo agli intestatari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati. 

Paolo AccotiAvv. Paolo Accoti - profilo e articoli
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