Quando la testimonianza del bambino è l'unica fonte di prova

Avv. Pier Aurelio Cicuttini - Spesso la testimonianza del bambino e' l'unica fonte di prova e l'unica evidenza disponibile del presunto abuso e giunge a diversi anni di distanza dall'ipotizzato abuso. Appare quantomeno opportuno se non propriamente necessario sottoporla ad una verifica scientifica soprattutto in un tipo di processo ove l'imputato viene privato del diritto al contraddittorio nella formazione della prova garantito ex art.111 Cost. posto che la prova assunta nelle forme previste dell'incidente probatorio in ambito "protetto" non possono avere il valore pieno ed assoluto che puo' essere riconosciuto solamente alle prove acquisite con la piena garanzie del contraddittorio di tutte le parti processuali.

Capita abbastanza spesso che la Procura procedente si determini a formulare la richiesta di rinvio a giudizio senza la previa effettuazione di una perizia sulla capacita' del minore di testimoniare; capita anche che la richiesta da parte della Difesa di un Rito abbreviato (in sede di udienza preliminare) proposto come condizionato alla effettuazione della detta perizia venga rigettata qualificandosi la detta integrazione come superflua e prescindibile mentre invece essa e' assai spesso imprescindibile al fine di una necessaria verifica della possibilita' che il minore possa essere stato influenzato, eteroindirizzato e avere subito le pressioni dell'ambiente, tenuto altresi' conto che , come sempre avviene, l'incidente probatorio viene preceduto da numerose altre "interviste" dapprima in ambito familiare, poi da parte dei servizi e quindi della PG procedente.

Non si tratta certamente di perizia sulla "credibilita" giuridica del minore (accertamento non ammissibile in tale forma) bensi' di accertamento sulla "credibilita" cd. clinica nella quale l'esperto nominato e' chiamato a riferire in ordine alla capacita' di testimoniare sotto il duplice profilo della "capacita' generica" e della "capacita' specifica".

Ne' il diniego dell'assunzione di prova decisiva quale la perizia psicologica potra' mai fondarsi su un'apodittica certezza circa la veridicità, spontaneita', genuinita' delle dichiarazioni del minore salvo determinare una drammatica violazione del principio del "favor rei" dinnanzi ad un procedimento per propria natura (impossibilita' di acquisizione della testimonianza decisiva in contraddittorio) gia' severamente penalizzante per l'imputato.

La valutazione del contenuto della dichiarazione del minore in materia di abusi sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, non può non contenere un esame dell'attitudine psicofisica del teste a riferire in maniera utile ed esatta sulla specifica materia e sulla sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne, sicché, superando vecchie tecniche di indagine e valutazione, in questo campo é invalso (nella prassi piu' vistuosa) l'uso di un'indagine psicologica, che involge due aspetti fondamentali: l'attitudine del bambino, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare e la credibilità del minore.

Il primo si sostanzia nell'accertamento della sua capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa da considerare in relazione all'età, alle condizioni emozionali, che modulano le sue relazioni con il mondo esterno, nonché alla qualità ed alla natura delle dinamiche familiari.

Il modo in cui la giovane presunta vittima ha vissuto ed ha rielaborato la vicenda in guisa da indurla muoversi tra i termini della sincerità, del travisamento dei fatti o della menzogna.

Purtuttavia si trovano tutt'ora casi (soprattutto laddove la difesa e' sprovvista di mezzi e la Magistratura e' meno sensibile ed attenta) nei quali viene del tutto omesso l'esame psicologico del minore testimone laddove tale esame e' da ritenere viceversa imprescindibile.

Ne deriva il vizio logico - giuridico di poggiare una cosi' severa e tranchant statuizione di responsabilita' su di una singola, unica, prova costituita dalla deposizione del minore (in assenza di un reale contraddittorio e priva di ogni vaglio peritale) e senza il suffragio di alcun riscontro oggettivo.

Non si puo' peraltro ignorare come nel minore si registri una forte dipendenza dagli adulti, dall'ambiente esterno con atteggiamenti (anche istintivi ed incosapevoli) di acquiescenza e compiacenza e con difficolta' di source monitoring ovvero di riconosciemnto della fonte del ricordo ovvero se esso sia vissuto, narrato o immaginato.

Per cui e' tanto piu' imprescindibile un accertamento peritale della competenza testimoniale "generica" ossia la idoneita' a rendere testimonianza , la capacita' del testimone di ricordare (e non viceversa un quesito peritale sulla sincerita' e verita' della narrazione, ovviamente giuridicamente inammissibile e scientificamente non plausibile) che puo' essere inficiata da una inidoneita' cognitiva ovvero da una inidoneita' della struttura della personalita' o da una personalita' istrionica ovvero da una personalita' psicopatica; e' da verificare la capacita' di memoria autobiografica e , spesse volte, ancor di piu' la cd. "resistenza alla suggestionabilita'" tenendo altresi' presente che riferendosi spesso a fatti emersi o riemersi dopo diversi anni vieppiu' entra in gioco la difficolta' di recuperare il ricordo autobiografico ed il consustanziale problema del "source- monitoring".

D'altra parte nelle pubblicazioni di vari autori (tra i quali il prof.Gullotta ed il prof.Sartori) viene osservato come quando l'unica risultanza dell'abuso sono le dichiarazioni del minore rimane il problema (spesso del tutto sottostimato nelle sentenze) di valutare se tali dichiarazioni siano attendibili e perche'.

Secondo gli studiosi la rivelazione per essere giudicata attendibile deve :

  • essere una descrizione dettagliata dell'evento corrispondente all'abuso sessuale.
  • dare informazioni esplicite riguardo all'abuso sessuale subito.
  • descrivere dettagli specifici riguardanti il contesto ambientale dove sarebbe avvenuto il fatto/reato.
  • essere espressa con partecipazione emotiva congrua.
  • mantenere la coerenza dei maggiori dettagli tra le diverse interviste che il minore ha sostenuto.

Spesso (anche in sentenze, purtroppo, di condanna) emergono e spiccano la estrema carenza di dettagli nelle rievocazioni dei fatti da parte del bambino oltre al fatto che questi non sono collocati nel tempo e quindi avrebbero potuto verificarsi in qualsiasi momento e sospesi quasi in una dimensione onirica e "sospesa nel vuoto" (spesso si sottostima la tremenda compromissione del diritto di difesa che cio' comporta non potendosi fornire alcuna prova d'alibi o comunque indicarsi alcuna prova dinnanzi alla assoluta vaghezza del narrato d'accusa).

Alcuni studi hanno verificato le differenze tra ricordi realmente esperiti e ricordi solamente immaginati e/o suggeriti; e' stato percio' trovato che i ricordi che si riferiscono a percezioni reali di eventi realmente esperiti includono piu' informazioni contestuali di tipo spaziale e temporale e maggiori dettagli di tipo sensoriale.
I ricercatori in ordine alla qualita' del ricordo hanno riscontrato le seguenti differenze tra ricordi che derivano da suggerimenti post-evento -come quelli derivanti da domande suggestive ed altro- e i ricordi reali:
le persone usano un numero maggiore di parole per descrivere i ricordi reali, usano piu' espressioni dubitative e menzionano piu' spesso processi cognitivi ed emozioni, mentre nei ricordi suggeriti fanno assai meno riferimento ad attributi sensoriali dell'evento sicche' il ricordo risulta piu' vago, ovvero assolutamente vago come spesso si verifica.
Dalla revisione di un assai elevato numero di casi quando ci si trovi di fronte ad una denuncia di abuso sessuale su minore andranno verificate quantomeno le seguenti possibilita':
- la denuncia e' credibile ed accurata e l'abuso e' sussistente.
- il minore ha subito abuso ma a causa di deficit cognitivi o dell'eta' manca di capacita' verbali per fornire una descrizione credibile del suo stesso abuso.
- il minore ha subito abuso ma per paura o intimidazioni patite non ne fornisce un racconto credibile ed adeguato
- il minore ha subito abuso ma per una sorta di lealta' verso l'abusante non racconta l'abuso patito.
- il minore non ha subito abuso ma ha frainteso una interazione innocente
- il minore non ha subito abuso ma e' stato in modo non intenzionale suggestionato da persona preoccupata o ipervigilante che si prende cura di lui
- il minore non ha subito abuso ma e' stato in modo intenzionale manipolato da persona affettivamente a lui vicina che l'ha portato a credere di essere stato abusato.
- il minore non ha subito abuso ma consapevolmente accusa qualcuno di averlo abusato (ad esempio per vendetta), essendo quest'ultima opzione potenzialmente valida in particolare per bambini gia' grandi poiche' i bambini piu' piccoli difficilmente hanno le capacita' cognitive per portare avanti in modo credibile una falsa denuncia.

Assai spesso nei resoconti dei minore risultano essere presenti ben pochi dettagli e diversi di questi vengono ricostruiti solo con l'aiuto (verrebbe da dire spesso con il "suggerimento") degli intervistatori.
Eppure le Procure recepiscono tali racconti come "genuini", tantopiu' in quanto scarsamente dettagliati, aspecifici e spesso contraddittori proprio per l'apodittica asserzione secondo la quale se una accusa fosse strumentale e pretestuosa verrebbe assai meglio confezionata.
Le "interviste" anche condotte da personale esperto elicitano la condizionabilita', suggestionabilita' del soggetto minore rendendo effettivo il problema dell'acquiescenza del bambino nei confronti dell'intervistatore e di possibili condizionamenti esterni.

E' un effetto "a catena" posto che spesso nell'incidente probatorio laddove il minore si contraddica o sia amnesico o reticente viene "guidato" dall'intervistatore che gli legge, gli ricorda o gli suggerisce quanto egli aveva (o avrebbe) prima raccontato agli altri precedenti soggetti.


Questi comportamenti degli intervistatori (purtroppo frequenti) oltre che scorretti anche da un punto di vista deontologico (ma non sanzionati) non sono certamente i piu' funzionali ad accertare la verita' bensi' a ricercare surrettiziamente conferme e coerenze interne a costo di sacrificare il ruolo tecnico dell'intervistatore che deve necessariamente porsi (tenuto altresi' conto del sacrificio cui e' gia' sottoposta la regola della cross-exhamination) in una posizione "neutra" al fine di difendere La Verita' cosi' come ha sottolineato il prof.Gullotta dal pericolo "...di considerare come non accaduti dei veri abusi (falsi negativi) e... di considerare come abusi fatti che non lo sono (falsi positivi)...".


L'intervistatore e' invece assai spessoguidato dalle sue aprioristiche convinzioni rispetto all'occorrenza di certi eventi che di norma ricostruisce sulla base della documentazione che ha letto nel fascicolo d'indagine .


Con tali premesse e' evidente che il risultato e' che le interviste vengono condotte per ottenere delle evidenze confermatorie di queste convinzioni preconcette senza considerare plausibili le ipotesi alternative che si possano presentare.


Quando il minore fornisce all'intervistatore risposte palesemente inconsistenti queste vengono d'ambleau ignorate dallo stesso ovvero, peggio ancora, comunque interpretate e reinterpretate alla luce delle sue convinzioni.


Questa frequente tendenza dell'intervistatore, che viene definita in letteratura "interviewer bias" porta lo stesso intervistatore a formulare domande suggestive, che sono all'evidenza domande che affermano piu' di quanto non chiedano e quindi, in particolare ove rivolte ad un minore, impiantano nella memoria del teste elementi insiti nella domanda stessa, in particolare quando l'intervistatore viene istintivamente percepito dal minore come una autorita' da compiacere.


E' scientificamente dimostrato come la memoria dei minori infatti sia tutt'altro che un fedele registrazione delta realta'.
Le ricerche hanno dimostrato ripetutamente come la memoria abbia un carattere ricostruttivo e percio' L'alto grado di distorsioni cui vanno incontro i ricordi, soprattutto a distanza di anni.


Elementi nuovi e falsi possono essere inseriti nella memoria dei minori mediante formulazione di domande suggestive o mediante fenomeni di influenzamento sociale soprattutto da parte di persone ad essi affettivamente vicine.


E' da molto tempo noto in psicologia il fenomeno delle "implanted beliefs" o false memorie cioe' delle informazioni che si aggiungono alla rappresentazione mnestica originale di un evento in un secondo momento.


Diversi studi mostrano l'esistenza di un meccanismo per cui ricordi falsi possono essere creati a partire da piccole suggestioni da parte di una persona familiare, cui si crede, oppure dall'incorporare dentro la propria storia personale l'esperienza di qualcun altro.


E' stato reso evidente anche che i ricordi relativi ad esperienze traumatiche possono essere alterati da nuove esperienze ed interi eventi mai accaduti possono essere inseriti tra i ricordi personali.


La capacita' di resistere alla suggestione e' peraltro influenzata dalle capacita' cognitive del singolo individuo, a volte scarse soprattutto in soggetti minori provenienti da realta' familiari marginali, devianti o comunque svantaggiate.
In uno studio eseguito su un gruppo di adolescenti maschi al diminuire della capacita' mnestica aumentava la suggestionabilita' che e' la tendenza a rispondere in modo accondiscendente e compiacente alle domande che includono gia' una risposta.
Va a questo punto ricordato ed osservato che il nostro ordinamento non pone aprioristicamente una incapacita' a testimoniare in derivazione della minore eta', spettando al giudice nell'esercizio del suo potere discrezionale valutare la credibilita' di dichiarazioni rese da testi minori di anni quattordici che viceversa a cagione della loro incapacita' di diritto penale sostanziale e processuale non possono assumere la qualita' di imputato.


Pero' la Corte di Cassazione cosi' sottolinea l'importanza di valutare il minore testimone persona offesa:
"La valutazione del contenuto delle dichiarazioni del minore p.o. di reati sessuali in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta deve contenere un esame della attitudine psicofisica del test ad esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne. 

Proficuo e' l'uso dell'indagine psicologica che concerne due aspetti fondamentali: l'attitudine del bambino a testimoniare sotto il profilo intellettivo ed affettivo e la sua credibilita'. Il primo consiste nella sua capacita' a recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle ed esprimerle in una visione complessa da considerare in relazione all'eta' alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualita' e natura dei rapporti familiari. Il secondo da tenere distinto dalla attendibilita' della prova che rientra nei compiti esclusivi del giudice e' diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerita', travisamento dei fatti e menzogna..." (Cass. Pen. Sez. III 3.10.1997 n ° 8962, Ruggeri)


Polche' assai spesso i ricordi da parte del bambino dei luoghi e degli atti sono assolutamente privi di dettagli, assolutamente non collocati net tempo, spesso in contraddizione con quanto viene riportato da altri testimoni, molte volte evocati e sollecitati con domande suggestive da parte dell'intervistatore devono, ragionevolmente ritenersi sussistenti quantomeno seri dubbi sia sulla attitudine di determinati minore a testimoniare e sulla credibilita' di quanto viene racconta e appare assolutamente opportuna una consulenza tecnica.


Spesso le Sentenze enfatizzano quelli che vengono definiti "sintomi tipici dei minori abusati"!
Sul punto e' necessaria la piu' ferma critica e stigmatizzazione.
E' ormai consolidato e riconosciuto in ogni ambito scientifico che la presenza di sintomi da stress in un bambino come incubi, ansia, insonnia, crisi di pianto non dice nulla sulla possibilita' di un abuso polche' altri fattori e circostanze possono ben avere causato tali manifestazioni di disagio.


Questi sintomi sono del tutto aspecifici in quanto la risposta da stress e' aspecifica quindi assolutamente non necessariamente legata ad una situazione di abuso ma ben puo' essere collegata ad un malessere generale del bambino.
A questo proposito e' noto a chi approcci l'argomento come il Comitato sugli aspetti psicologici della salute del bambino e della famiglia detta Accademia Americana dei Pediatri ha messo in guardia conto il pericolo di scambiare per segnali di abuso comportamenti che invece sono collegati, ad esempio, con la fase di dissoluzione del legame matrimoniale.


Nel medesimo documento viene evidenziato ad esempio come per molti bambini le tensioni continue e l'intero processo del divorzio rappresentino una lunga e bruciante esperienza anche quando si verifichi in circostanze non particolarmente drammatiche o traumatiche.


In campo medico viene ulteriormente sottolineato che molti dei disturbi dei bambini sottoposti ad abusi sessuali possono essere espressioni di semplici varianti dello sviluppo normale o di stress psicologici aspecifici.
E' da tenere ulteriormente presente a tale riguardo che il 28-38% dei normali bambini di 3-8 anni soffre di incubi notturni, mentre il 26% dei normali bambini di 5-11- anni ha paura del buio.


Ancora a proposito del nesso di causa tra alcuni sintomi emotivi e le ipotesi di abuso sessuale anche la Carta di Noto che e' il documento redatto nel 1996 da un panel di esperti italiani giuristi, psichiatri psicologi, criminologi e medici legali relativo alla condotta che dovrebbe tenere il consulente durante l'esame psicologico del minore consiglia, oltre al fatto che mai la perizia dovrebbe avere ad oggetto l'accertamento dei fatti, altresi' che "l'esperto rappresenti a chi gli conferisce l'incarico che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilita' ovvero di incompatibilita' tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L'esperto anche se richiesto non deve esprimere sul punto della compatibilita' ne' pareri, ne' formulare alcuna conclusione".


Sulla "necessarieta'" di una rigorosa indagine positiva e scientifica sulla idoneita' mentale e capacita' di testimoniare, soprattutto ove la deposizione della p.o. /teste sia La sola ed unica fonte di prova:
Cassaz.Sez.III n 1216/2004 del 9.6.2004 precisa che "l'indagine psicologica sui minori deve involgere due aspetti fondamentali: l'attitudine del bambino in termini intellettivi ed affettivi a testimoniare e la sua credibilita'" nonche' in merito al recente e clamoroso caso di "Rignano" Cassa.sez.III 18.9-9.10.2007 in Guida al diritto n 43 del 3.11.2007 pagg.65 e segg. e la Cassaz.sez.III 7.11.2006-7.2.2007 n 5002 per cui l'indagine relativa all'attitudine del bambino a testimoniare "consiste nell'accertamento della sua capacita' di recepire le informazioni di raccordarle con altre di ricordarle e di esprimerle in una visione complessa..." mentre l'indagine sulla credibilita' "e' diretta ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerita', travisamento dei fatti e menzogna".


Le sentenze in materia di abusi sessuali su minori richiedono straordinaria attenzione e particolari garanzie portando con se' conseguenze devastanti (si ricordi che lo stato attuale della legislazione priva il condannato di ogni beneficio in exhecutivis , dell'indulto e cosi' via) mentre spesso vengono irrogate sulla base unica e sola della testimonianza di un minore problematico e portatore di deficit cognitivi in assenza di qualsivoglia riscontro obiettivo esterno e in mancanza di una apprezzabile coerenza intrinseca in quanto spesso priva di dettagli fattuali e riferimenti spazio-temporali;

Percio' e' tanto piu' necessaria la sottoposizione di simili testimonianze alla valutazione e validazione di un esperto; la testimonianza del minore e' una vera e propria species del genus "testimonianza":
attenendosi alle regole indicate dalla norma di cui all'art.192 cpp sono testimonianze spesso da ritenere inadeguate a sostentare un giudizio di colpevolezza in ragione di incoerenze, inesattezze, incongruenze e contraddizioni, nonche' per la frequente assenza di qualsivoglia riscontro; ma certamente al fine di ritenerle utilizzabili si rende necessaria la loro sottoposizione alla valutazione e validazione di un consulente tecnico tenuto conto della assoluta necessita' di una valutazione molto attenta della "attitudine del bambino a testimoniare sotto il profilo intellettivo ed affettivo e la sua credibilita" Cassaz. Sez.111 3.10.1997, Ruggeri tenuto conto che il bambino e' facilmente suggestionabile ed usa la bugia in maniera fisiologica ricercando il consenso dell'adulto che si trova di fronte e che nell'ottica del fanciullo conosce gia' i fatti.


Il Giudice, si sa, rimane judex peritus peritorum ma, per valutare se siano attendibili le dichiarazioni rese dalla p.o. minorenne dovra' opportunamente avvalersi delle conoscenze acquisibili solo attraverso la perizia e le consulenze tecniche e tenere conto delle indicazioni fornite dalla scienza psicologica.


In difetto derivano in questa materia condanne draconiane e con effetti devastanti per l'imputato e giova forse ricordare che "purtroppo l'uomo puo' ingannarsi ed ingannarsi terribilmente ... e il sospetto e l'esasperazione quando non sian frenati dalla ragione e dalla carita' hanno la trista virtu' di far prendere per colpevoli degli sventurati sui piu' vani indizi e sulle piu' avventate affermazioni" (cosi' Manzoni nella Storia della colonna infame ancora nel 1842).

Avv. Pier Aurelio Cicuttini


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