Vanno considerate le ulteriori fonti di reddito di cui beneficia l'ex marito sia pur non risultanti dalla documentazione fiscale
Con ordinanza n. 2445 del 9 febbraio 2015, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un'ex moglie avverso la sentenza di appello che le aveva ridotto a cinquecento euro l'assegno di mantenimento.

La ricorrente denunciava tra le altre cose l'omesso esame da parte dei giudici di merito di un fatto decisivo ai fini della riduzione dell'assegno di mantenimento: le ulteriori fonti di reddito di cui beneficia l'ex marito sia pur non risultanti dalla documentazione fiscale.

Secondo la Suprema Corte, "il giudice nella determinazione dell'assegno di mantenimento deve avere quale indispensabile elemento di riferimento ai fini della valutazione di congruità dell'assegno, il tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza" e deve accertare le disponibilità patrimoniali di chi è obbligato a corrispondere l'assegno. A tal fine, spiega la Corte richiamando una precedente decisione del 2007 (Cass. civ., sez. I, n. 9915 del 24 aprile 2007), "il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito (sia pure molto elevato) emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico".

In sostanza i giudici di merito hanno omesso ha omesso di considerare la percezione di redditi ulteriori percepiti dall'obbligato, il suo tenore di vita dopo la separazione e la consistenza del suo patrimonio ed ha erroneamente basato la stima del reddito sulla sola documentazione prodotta senza motivare le ragioni per cui non ha disposto delle indagini patrimoniali.

La Corte fa rilevare inoltre che la Corte d'appello "ha attribuito all'assegnazione della casa familiare in comproprietà dei coniugi il valore di componente del mantenimento" mentre il provvedimento di assegnazione della casa coniugale non è previsto dall'articolo 156 c.c. in sostituzione o quale componente dell'assegno di mantenimento ma ha lo scopo di garantire ai figli minorenni o non autosufficienti economicamente la continuità dell'habitat familiare. 

N.B.: Si consideri in proposito quando indicato nella guida legale 'L'assegno di mantenimento

': l'assegnazione della casa coniugale "non può essere disposta come se fosse una componente dell'assegno previsto dall'articolo 156 c.c.". Ma è necessario che il giudice valuti, "una volta modificato l'equilibrio originariamente stabilito fra le parti se sia ancora congrua la misura dell'assegno di mantenimento originariamente disposto" (Cassazione Civile, sentenza n. 9079 del 20 Aprile 2011). L'assegnazione della casa familiare è un vero e proprio atto che incide sensibilmente sulla disponibilità economica del coniuge cedente.

In secondo luogo, continua la Corte, la misura dell'assegno va determinata non solo valutando i redditi dell'obbligato, ma anche altre circostanze non indicate specificatamente, né determinabili a priori, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell'obbligato, suscettibili di incidere sulle condizioni economiche delle parti.

Insomma il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto di ogni altro elemento di ordine economico.

Da ultimo la Cassazione fa presente che in tema di determinazione dell'assegno di mantenimento, l'esercizio del potere di disporre indagini patrimoniali avvalendosi della polizia tributaria rientra nella discrezionalità del giudice di merito; l'eventuale omissione di motivazione sul diniego di esercizio del relativo potere, pertanto, non è censurabile in sede di legittimità, ove, sia pure per implicito, tale diniego sia logicamente correlabile ad una valutazione sulla superfluità dell'iniziativa per ritenuta sufficienza dei dati istruttori acquisiti.

Qui sotto il testo integrale della sentenza.

Cassazione Civile, testo ordinanza 9 febbraio 2015, n. 2445

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