Conferma condanna da parte della terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 53138 depositata il 22 dicembre 2014

Lo aveva minacciato tutti i giorni, rincorrendolo mentre passava con la bici davanti al suo giardino. E alla fine l'aveva aggredito. Ma il "bullo" del quartiere questa volta era un cane e la responsabilità per le lesioni personali da morso causate al ciclista e giudicate guaribili in tre giorni è stata addebitata alla padrona per omessa custodia.

La vicenda, decisa con la sentenza del Tribunale di Messina (in appello) con la quale la donna era stata condannata per il reato di cui all'art. 590 c.p. e per la violazione amministrativa di cui all'art. 672 c.p. oltre al risarcimento del danno a favore della parte civile, si è conclusa con la conferma della condanna da parte della terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 53138 depositata il 22 dicembre 2014.

A nulla sono servite le doglianze dell'imputata che invocava la mancanza di motivazione in ordine al nesso di causalità fra l'aggressione e le lesioni e alla presunzione che il cane fosse di proprietà della stessa e non di terzi, nonché la manifesta illogicità circa la ritenuta pericolosità del quadrupede con conseguente irrogazione della sanzione amministrativa di cui all'art. 672 c.p.

Per la S.C., infatti, è decisiva la dettagliata deposizione della persona offesa, la quale, conformemente alla dinamica dei fatti e ai certificati del pronto soccorso, riferiva "di aver visto il cane che più volte aveva tentato di azzannarlo quando transitava in bicicletta e che il cane stesso si trovava nel giardino dell'imputata e cioè nella sua custodia, come sostanzialmente confermato da un testimone".

Quanto alla pericolosità dell'animale, presupposto necessario per l'applicazione della sanzione amministrativa di cui all'art. 672 c.p., la stessa, ha concluso la Corte dichiarando inammissibile il ricorso, "poteva ampiamente desumersi dalla deposizione la persona offesa, che giornalmente era spaventata dal suo atteggiamento aggressivo".  

Cassazione Penale, testo sentenza 22 dicembre 2014, n. 53138

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