Gli atti di straordinaria amministrazione dei beni e dei diritti che, secondo l'art. 177 c.c., ricadono nella comunione legale devono essere compiuti con il consenso di entrambi

Gli atti di straordinaria amministrazione dei beni e dei diritti che, secondo l'art. 177 c.c., ricadono nella comunione legale (Vedi la guida "La comunione dei beni fra coniugi") devono essere compiuti con la necessaria partecipazione, al momento decisionale, di entrambi i coniugi.

Ma cosa accade quando un atto venga posto in essere da uno solo dei due coniugi, in mancanza del consenso dell'altro, in violazione dell'art. 180 c.c.?

In merito, l'art. 184 c.c. prevede che "gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro e da questo non convalidati, sono annullabili" laddove riguardino beni immobili o beni mobili registrati, purché però l'azione di annullamento da parte dell'interessato sia esperita entro un anno dall'avvenuta conoscenza dell'atto e, in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione, ovvero, se l'atto non sia stato trascritto e il coniuge ne abbia avuto conoscenza dopo lo scioglimento della comunione, entro un anno dallo scioglimento dello stesso.

Si tratta, pertanto, di una situazione patologica che fa comunque salva l'efficacia interinale dell'atto realizzato da uno dei coniugi, giacché l'azione di annullamento è concessa soltanto a favore dell'altro (Cass. n. 1252/1995; n. 10872/1994).

Il termine annuale di cui all'art. 184 c.c. sembra avere natura decadenziale poiché oltre lo stesso non è più possibile alcuna azione da parte del coniuge non consenziente, ma non mancano pronunce giurisprudenziali di segno contrario (Cass. n. 1279/1996).

L'annullabilità, così come palesato dal tenore letterale della norma, può essere sanata dalla "convalida" da parte dell'altro coniuge; inoltre, secondo la giurisprudenza, l'atto annullabile, per la mancanza di consenso di uno dei due coniugi, non determinerebbe il venir meno della possibilità di ricorrere all'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. (cfr. Cass. n. 2202/2013, in una fattispecie di preliminare di vendita di immobile di proprietà comune dei coniugi).

Restano invece validi, come dispone il terzo comma dell'art. 184 c.c., a tutti gli effetti, gli atti compiuti da un coniuge senza il dovuto consenso da parte dell'altro, qualora abbiano ad oggetto beni mobili non registrati.

In tali ipotesi, il coniuge che ha agito in mancanza del consenso, è obbligato, su istanza del coniuge non partecipante, a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell'atto e, laddove ciò non sia possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti all'epoca della ricostituzione. 

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