Di Laura Tirloni - Si parla spesso di incuria o discuria per descrivere l'inadeguatezza dell'accudimento fornito dal caregiver nei confronti del bambino. Più raramente si parla di ipercura, che allo stesso modo rappresenta una grave forma di maltrattamento, meno conosciuta forse, ma non meno presente. L'ipercura si manifesta tutte le volte in cui le cure fornite al bambino dalla figura di accudimento sono eccessive e tendenti alla medicalizzazione. In questa categoria rientra la Sindrome di Munchausen per procura, che, seppur descritta una trentina d'anni fa, risulta ancora poco conosciuta e si presenta laddove un genitore, il più delle volte la madre, induce un'apparente malattia nel figlio, con gravi conseguenze su quest'ultimo. In altre parole, laddove un soggetto induce o simula intenzionalmente dei segni, sintomi fisici o psichici in un'altra persona che è affidata alle sue cure.

In questi casi, il genitore sarebbe indotto, da propri meccanismi psicologici, a provocare una fittizia malattia nel figlio per un bisogno coatto di vederlo malato, al fine di attirare l'attenzione su di sé, proiettando sul piccolo le proprie insoddisfazioni e problematiche più profonde. E' evidente come tale pratica possa essere considerata una grave forma di abuso nei confronti del minore, che può spingersi fino a simulare sintomi, procurare dei disturbi o una vera e propria malattia, così da potersi occupare in modo ossessivo della salute del bambino, sottoponendolo ad esami, visite mediche e talvolta anche interventi invasivi.

La diagnosi deve essere in prima analisi effettuata dal pediatra, sulla base del fatto che il bambino non sembra presentare i sintomi che la madre (o il padre) denuncia. Ma è una diagnosi complessa, perché spesso i sintomi descritti non sono ascrivibili a nessuna malattia nota, e questo può spingere i sanitari ad approfondire il caso con ulteriori accertamenti. Risulta inoltre difficile "sospettare" di un genitore che appare così premuroso e attento (ipercuria) alla salute del proprio figlio-vittima. Un elemento fondamentale per effettuare la diagnosi risulta l'osservazione del caregiver che accudisce il bambino.

Karlin (1995) distingue tre tipi di madri che inducono la sindrome: le "help seekers": donne che attraverso la preoccupazione per la salute del figlio, esprimono ansia e depressione e, soprattutto, la loro incapacità a prendersi affettivamente cura del minore.

Spesso si tratta di madri sole, di gravidanze inattese o di situazioni di coppia fortemente conflittuali. Le "active inducers": donne per lo più ansiose e depresse che inducono nei figli malattie con metodi drammatici e tendono a controllare i medici, aspirando ad apparire come madri impeccabili. Infine le "doctors addicts": donne focalizzate sul bisogno di ottenere cure mediche per malattie inesistenti del proprio figlio. Rifiutano l'esclusione della malattia e appaiono sospettose e diffidenti. In generale, quindi, le madri che procurano la sindrome di Munchausen sono affette da una forma ipocondriaca piuttosto grave che tendono a proiettare sul figlio, insieme alla parte deteriorata del proprio sé.

Può capitare anche nella pratica di un avvocato, nell'ambito di una separazione o altro, di entrare in contatto con questa forma di abuso di difficile individuazione e che pertanto necessita di un occhio attento e vigile da parte di tutte le figure che si trovano a lavorare in ambito minorile e che sono tenute ad intervenire, sempre, nel rispetto della tutela del minore e di chi se ne prende cura.


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