di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 27225 del 4 Dicembre 2013. Il caso di specie offre uno spunto di riflessione interessante in merito all'applicazione retroattiva della rispettiva sanzione amministrativa in tema del c.d. processo di depenalizzazione. Tale effetto, in base al quale all'illecito commesso in un momento precedente all'entrata in vigore della normativa modificativa di fattispecie da penale ad amministrativa (modifica intervenuta quando il processo penale non era ancora concluso) va interpretato in combinato disposto con il principio del favor rei

. Questo principio cardine del nostro ordinamento penale prevede che, al sopravvenire di normativa (penale o depenalizzatrice) maggiormente favorevole per l'imputato, va data prevalenza alla sanzione meno "aggressiva". L'intervenuta depenalizzazione del d. lgs. 58/1998 - in materia di illeciti connessi all'attività di intermediazione finanziaria - costituisce sicuramente ipotesi favorevole agli accusati. Per tale motivo, il giudice del merito ha correttamente applicato l'intervenuta normativa che contempla l'applicazione di sanzione amministrativa invece della penale. Inoltre, secondo la Cassazione, "il nucleo di disvalore del fatto-reato è rimasto immutato (…). Correttamente, quindi, la Corte territoriale ha affermato che risponde del reato depenalizzato anche chi ha commesso la violazione di cui all'art. 187bis co4 del d. lgs. n. 58/98, prima dell'entrata in vigore della legge n. 62/05, allorchè il relativo procedimento penale non sia stato definito".

Circostanza di fatto, oggetto della presente trattazione, è l'acquisto di azioni da parte di un operatore di borsa, avvenuta attraverso lo sfruttamento di informazioni privilegiate ottenute dallo stesso proprio a causa dell'impiego svolto. L'autorità garante (Consob) procedeva conseguentemente ad irrogare una sanzione amministrativa pari a 150.000 euro, con contestuale confisca dei beni costituenti il prodotto dell'illecito posto in essere. Rigettate nel merito le doglianze, l'interessato propone ricorso in Cassazione. Il ricorso viene rigettato per i motivi sopra esposti, nonché, nel merito, per il fatto che secondo la Cassazione "ai fini della sanzionabilità della violazione addebitata rileva non l'acquisizione dolosa della notizia privilegiata bensì il possesso e l'utilizzazione di un'informazione privilegiata in chi - conoscendo o potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle stesse - compie taluno dei fatti descritti nella norma, la cui sussistenza è stata regolarmente verificata".


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