di Temistocle Marasco - La lentezza nell'attività lavorativa e l'insubordinazione legittimano il licenziamento del lavoratore: tale comportamento, infatti, interrompe il vincolo fiduciario con il datore di lavoro. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente sentenza [1].
La Suprema Corte ha così ritenuto legittima la cessazione del rapporto di lavoro, dovuta alle manchevolezze del lavoratore, alla scarsa efficienza e affidabilità, in quanto idonei a compromettere il rapporto fiduciario tra le parti. Nel caso di specie, l'attività del dipendente era caratterizzata dalla lentezza nell'assolvere i compiti assegnatigli, frequenti irreperibilità, rifiuto di usare il computer, incapacità di lavorare in gruppo, inosservanza della sanzioni disciplinari ricevute.
Si è sempre discusso sulla legittimità del licenziamento per scarso rendimento, in quanto non sempre è facile stabilire se la insufficiente produttività del dipendente sia dovuta alla mancanza di impegno oppure a fattori contingenti, che vanno al di là delle singole capacità.
In linea generale, ciascuna prestazione lavorativa deve essere eseguita con la professionalità e la diligenza richieste dal tipo di attività svolta. Per dimostrare le manchevolezze del dipendente, è necessario individuare dei parametri in merito alla prestazione che il datore di lavoro può legittimamente esigere. Ciò è possibile tramite l'analisi delle prestazioni medie dei lavoratori adibiti alle medesime mansioni [2]: attraverso questa valutazione, si può dimostrare, in via presuntiva, la negligenza del lavoratore, risultante dalla sproporzione tra gli obiettivi fissati nei programmi di produzione e quelli effettivamente raggiunti.
Temistocle Marasco
[1] Cass. Sent. n. 23172 dell'11.10.2013.
[2] Cass. Sent. n. 6747 del 3.05.2003.

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: