di Barbara Luzi - La Suprema Corte con la sentenza n° 15676 del 21/06/2013, ha sancito che non può essere allontanato dal territorio nazionale il cittadino straniero che abbia dei figli adolescenti ben integrati nel nostro paese.
La Corte d'Appello di Napoli aveva confermato il provvedimento di allontanamento dal territorio emesso dal Tribunale dei Minorenni e contro questa decisione ricorrono i genitori dei ragazzi. Secondo il giudice di merito, infatti, "i gravi motivi connessi all'equilibrio psicofisico del minore straniero...devono essere correlati esclusivamente alla sussistenza di condizioni di emergenza, o di circostanze contingenti ed eccezionali che pongano in grave pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore". Nel caso di specie, invece, si trattava sempre per lo stesso giudicante di un mero disagio generico per i ragazzi e non di un vero e proprio pregiudizio psicofisico.

Gli ermellini hanno invece valutato che esisteva una sorta di pregiudizio per i minori sia nell'ipotesi di allontanamento del genitore che anche in quella di dover sradicare loro dall'ambiente in cui avevano vissuto fin dalla nascita e nel quale si erano formate le loro relazioni sociali. Nel nostro paese i minori avevano iniziato un processo educativo che sarebbe stato, necessariamente, interrotto. Ad istruttoria terminata era emerso secondo la Suprema Corte, un pregiudizio specifico e reale per l'equilibrio psico-fisico dei due ragazzi stranieri.
Le Sezioni unite della S.C. già con la sentenza n° 21799/2010 avevano affermato in un caso simile che l'autorizzazione, seppur temporanea, alla permanenza in Italia del famigliare del minore "non richiede necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dell'ambiente in cui é cresciuto, sempre che si tratti di situazioni che si concretino in eventi traumatici che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare."
Il giudice di primo grado non aveva proprio effettuato una valutazione del genere basandosi solo sulla valutazione restrittiva delle regole enunciate nel T.U. Immigrazione (D.lgs n. 286/1998); secondo tale norma infatti "l'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia del familiare del minore straniero può essere rilasciata solo in condizioni di emergenza ovvero in circostanze contingenti ed eccezionali per quest'ultimo."
Per questi motivi la Suprema Corte cassa il decreto impugnato e rinvia allo stesso Giudice in diversa composizione.

Barbara Luzi - barbaraluzi@libero.it
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