di Licia Albertazzi  - Corte di Cassazione Civile, sezione terza, sentenza n. 9240 del 17 Aprile 2013. Un dipendente della Regione Campania agisce avverso il proprio datore di lavoro contestando il mancato riconoscimento di adeguata posizione lavorativa, la quale non risulterebbe rapportata alle qualifiche professionali dallo stesso possedute. In primo grado il Tribunale, ex art. 2043 cod. civ., riconosce la lesione subita dal lavoratore e condanna la Regione al risarcimento del danno. In appello tuttavia tale statuizione viene integralmente riformata, avendo il giudice di secondo grado accolto in toto le doglianze presentate dalla Regione Campania. Ricorre avverso tale sentenza

il dipendente.

 

Partendo dalla nozione di responsabilità extracontrattuale la Suprema Corte afferma come, ai fini della prova della colpa della resistente o dell'antigiuridicità del fatto dalla stessa posta in essere, non rilevi la circostanza che il ricorrente sia in possesso di diploma di laurea. Tale qualifica non può obbligare il datore di lavoro ad assegnare al dipendente mansioni differenti rispetto a quelle contrattualmente previste, nè conferirgli in automatico un grado superiore rispetto a quello previsto nel bando di concorso e ribadito in sede di accordo contrattuale. Sostiene la Corte che "la qualifica accademica non può estendere il diritto all'inquadramento lavorativo al di là di quello contrattualmente previsto", respingendo la pretesa del lavoratore ricorrente.

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