Un padre che versa in ritardo l'assegno di mantenimento non può essere condannato se tale ritardo è dovuto a temporanee difficoltà economiche. E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione (sentenza n. 25596/2012) occupandosi del caso di un papà separato che pur avendo sempre cercato di pagare entro i termini stabiliti dal giudice, si era trovato in una temporanea difficoltà e, per alcuni mesi, i suoi versamenti erano stati irregolari. La ex moglie, infastidita dai ritardi aveva sporto denuncia contro l'ex marito e la corte d'appello di Caltanissetta aveva ritenuto l'uomo responsabile del reato di "sottrazione agli obblighi di assistenza famigliare" Di diverso avviso i giudici di piazza Cavour che hanno ribaltato il verdetto facendo notare innanzitutto che il reato previsto dall'art. 570 del codice penale
(Violazione degli obblighi di assistenza familiare), non può essere configurato da qualsiasi tipo di inadempimento e, in secondo luogo, che per una condanna penale è anche necessario che sia accertata una volontà dolosa di sottrarsi all'adempimento degli obblighi di assistenza. Non solo. Secondo la Corte, perché si possa parlare di reato non basta un inadempimento sporadico ma occorre che ci sia un "inadempimento serio e sufficientemente protratto (o destinato a protrarsi) per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza che il soggetto obbligato deve fornire". Se quindi in linea di principio la violazione della norma penale può ritenersi integrata anche in caso di semplice ritardo, sarà compito del giudice valutarne la gravità e "l'attitudine oggettiva a integrare la condizione che la norma è tesa ad evitare". Nel caso di specie, spiega la Cassazione, ci sono stati solo dei ritardi brevi e dovuti a problemi economici temporanei.

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