di Paolo M. Storani - Il Giudice Dott. Damiano SPERA del TRIBUNALE DI MILANO, con la sentenza del 28 ottobre 2011, n.13052, offre una soluzione condivisibile ad una problematica assai dibattuta nelle aule di giustizia. A nostro sommesso ma fermo avviso è perfettamente ammissibile l'intervento volontario dell'impresa assicurativa del danneggiato nel giudizio da costui promosso" - Significativa pronuncia del Tribunale di Milano in materia assicurativa a firma del padre nobile delle tabelle ambrosiane in ordine ad una fattispecie molto frequente nella casistica delle aule di Tribunale e di Giudice di Pace: l'atto di costituzione volontaria dell'impresa assicuratrice del danneggiato, che agisce quale attore in quel medesimo processo. Orbene, il Dott. Damiano SPERA considera tale intervento volontario perfettamente ammissibile e rituale al lume del rapporto di delegazione cumulativa non liberatoria ex Art. 1268 c.c. ed Art.105 c.p.c. - intervento adesivo autonomo. Nella prassi, a sostegno della singolare ed opposta tesi era stato agitato un eterogeneo ventaglio di considerazioni giuridiche: A) il primo concetto viene ancorato all'Art. 149 comma sesto Codice delle Assicurazioni Private che contempla il meccanismo dell'estromissione in ipotesi di intervento della compagnia assicurativa del responsabile civile; a tale cospetto, sarebbe consentita l'eventualità opposta a quella praticata dall'interveniente, che è l'assicuratrice dello stesso attore, che pure ha curato la gestione del sinistro nella fase precontenziosa della vertenza, formulando spesso anche offerta reale al danneggiato ed eseguendo la conseguente corresponsione, e come tale è dotata di quell'interesse giuridico qualificato ad intervenire a mente dell'Art. 100 c.p.c. Per chi oppone tale tesi non sussisterebbe in capo all'assicuratore interventore l'interesse ad agire, che deve essere attuale e concreto. B) il secondo concetto si ricollega alla pronuncia della Consulta n°180/2010 che ha sancito la facoltatività della procedura dell'indennizzo diretto, attribuendo al danneggiato da sinistro stradale la possibilità, in applicazione del predetto Art. 149 CdA, di esercitare l'azione diretta nei confronti della propria compagnia di assicurazioni, oppure, secondo la procedura ordinaria individuata dall'Art. 148 CdA, radicandola nei riguardi del responsabile del danno e dell'azienda che lo assicuri. Va ricordato che, in attuazione dell'Art. 150 CdA, le aziende assicurative hanno stipulato la Convenzione CARD, istituendo le conseguenti stanze di compensazione. C) Un terzo cardine del ragionamento che avversa la tesi poi prevalsa avanti al prestigioso Tribunale meneghino ruota attorno ad una sorta di meccanismo disincentivante dall'intraprendere azioni che sarebbe stato escogitato in ambito ANIA per scoraggiare cause ex Art. 144 CdA, di cui la prassi dell'intervento volontario sarebbe l'arma …impropria. Talvolta nella prassi delle aule di giustizia si accenna anche ad una sorta di gerarchia delle fonti normative tra CdA D. Lgs. 254/2006, atto normativo regolamentare, gerarchicamente subordinato alla legge e come tale non potrebbe fondare alcuna pretesa giuridica in contrasto con le norme sovraordinate di cui agli articoli 144 e 148 del CdA (D. Lgs. 209/2005) e che la normativa convenzionale adottata dall'ANIA non potrebbe costringere il danneggiato a difendersi contro un soggetto che ha consapevolmente scelto di non evocare in giudizio e con il quale è invece legato da vincoli tipici di cui all'Art. 1917 c.c. D) Inoltre, proseguendo nella disamina delle tesi avverse a quella adottata dal Tribunale di Milano, nell'ottica procedurale tale intervento volontario non sarebbe ammissibile in quanto non ricadrebbe nel novero di nessuna delle eventualità prefigurate dall'art. 105 c.p.c. In sintesi, l'intervento della compagnia assicurativa dell'attore non sarebbe inquadrabile in nessuna delle tre ipotesi previste: 1) intervento principale (ad excludendum o ad infrigendum jura utriusque litigatoris, quando l'interveniente afferma un diritto proprio incompatibile sia con il diritto preteso dall'attore che con quello preteso dal convenuto) 2) intervento adesivo autonomo (detto anche litisconsortile) - esamineremo poi la fondamentale e dirimente pronuncia, n.13052 del 28 ottobre 2011, che, nel sovvertire l'impalcatura del ragionamento che contrasta la tesi dell'intervento volontario, adotta propria questa figura procedurale quale pietra angolare che legittima pienamente l'intervento nella fattispecie in disamina, per effetto della delegazione cumulativa, del tutto trascurata dalla pur analitica e formalmente pregevole, nella sostanza totalmente erronea, tesi contrario all'intervento volontario. 3) intervento adesivo dipendente, in ipotesi che il terzo vanti un interesse proprio a partecipare al processo per sostenere le ragioni di una delle parti litiganti. E) Curiosamente secondo l'opposta tesi non soltanto l'interveniente non ha alcun diritto da far valere nei confronti delle parti del giudizio promosso dall'attore, danneggiato dal sinistro ed assicurato proprio con la compagnia interveniente, ma anzi, in caso di accertata responsabilità della parte litigante opposta all'attore, le verrebbe consentita l'azione diretta proprio nei confronti dell'interveniente. In buona sostanza, per l'interveniente impresa assicurativa si verserebbe in ipotesi di autentico harakiri. F) La tesi contraria sostiene anche che i rapporti tra assicuratore ed assicurato siano regolati dall'Art. 1917 Codice Civile, norma di ordine pubblico che non può essere derogata dagli accordi associativi stabiliti in ambito ANIA. G) E' impossibile ipotizzare, sempre stando all'articolato assunto di orientamento opposto, un accollo ai sensi dell'Art. 1273 Codice Civile ovvero di un accordo tra debitore e terzo a favore del creditore, essendo evidente che l'impresa assicuratrice non interverrebbe nel caso di specie a favore del creditore, vale a dire l'attore, bensì contro di esso, con istanza di reiezione della richiesta risarcitoria avanzata da costui. Talché, tale risultanza degli accordi fra le compagnie di assicurazione sarebbe contra legem. Al lume del predetto Art. 1917 Codice Civile, norma diretta a tutelare l'assicurato, l'interesse in ipotesi esistente ai sensi dell'Art. 100 c.p.c. sarebbe quello a tenerlo indenne e non già a contrastarlo, come intenderebbe fare l'impresa interveniente. H) In ultima analisi, ricordata la natura degli accordi privati tra assicuratori, privi di rilevanza pubblicistica, si invoca spesso la declaratoria di inammissibilità dell'intervento spiegato dalla compagnia. Il Tribunale di Milano della sentenza non definitiva del 28 ottobre 2011, Estensore il Dott. Damiano SPERA, compie un'analitica disamina della problematica di natura operativa. La rassegna del Giudice milanese, particolarmente lucida, poggia su solidi appigli normativi. In particolar modo, il Tribunale ambrosiano divisa che il rapporto tra le due compagnie assicuratrici integri la fattispecie della delegazione cumulativa non liberatoria, a lume dell'Art. 1268 Codice Civile. La norma disciplina un'ipotesi di modificazione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio che può comportare la successione di un nuovo debitore al debitore originario (nel caso di delegazione liberatoria) ovvero l'affiancarsi ad esso di un nuovo debitore con un conseguente rafforzamento della garanzia patrimoniale del creditore, come appunto nella fattispecie. Tant'è che, stando a Cassazione n.17954 del 1° luglio 2008, la domanda originaria s'intende automaticamente estesa al terzo interventore volontario. Ed ora non rimane che tuffarsi nelle articolate motivazioni sviluppate dal Tribunale meneghino nella pronuncia parziale, che costituisce anche una valida sintesi del quadro normativo di riferimento. Tribunale di Milano Sentenza 28 ottobre 2011, n. 13052 Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto ritualmente notificato in data 31.03.2011 D. L. esponeva: - che il giorno 4.04.2010 in Novate Milanese si verificava un sinistro tra la propria autovettura, Audi A3 tg ***, assicurata per la RCA dalla società Alfa S.p.A. e l'autovettura Ford Mondeo tg *** di proprietà del sig. L. G., condotta dalla sig.ra L. R. ed assicurata per RCA dalla società Beta Ass.ni Spa; - che il 7.04.2010 l'attore D.L. azionava la procedura di indennizzo diretto ex D. Lgs. 209/2005 nei confronti della Alfa Spa, ma in data 5.05,.2010 quest'ultima negava ogni risarcimento; - che, in data 24.05.2010, l'attore richiedeva quindi il risarcimento alla società Beta Ass.ni Spa, la quale invitava a rivolgere le proprie richieste alla Alfa Spa, opponendo l'applicabilità della procedura di indennizzo diretto; - che in data 23.07.2010, l'attore riceveva da parte della Alfa Spa, la somma di euro 10.000,00, dallo stesso trattenuta in acconto del maggior danno subito. Conveniva quindi in giudizio la Beta Ass. ni Spa e L. G. e, concludeva affinché questo Tribunale: - dichiarasse la civile ed esclusiva responsabilità di R. L. in ordine alla cessazione del sinistro di cui è causa, in conseguenza del mancato rispetto, da parte della stessa, del segnale di precedenza; - condannasse, in solido, ex artt. 2043, 2054, 2057 e 2059 c.c. e D. Lgs 209/2005, L. G. e la società Beta Ass. ni Spa al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti dal sinistro nella misura di euro 21.279,04. Nell'udienza di prima comparizione delle parti ex art. 183 c.p.c., veniva dichiarata la contumacia dei convenuti. Interveniva volontariamente la Società Alfa Spa, la quale sosteneva di agire per conto di Beta Ass. ni SpA e concludeva chiedendo di: I. respingere le domande proposte dall'attore D.L., poiché infondate per violazione della procedura di Risarcimento Diretto; II. dichiarare legittimo ed ammissibile il proprio intervento: In subordine: III. dichiarare la colpa concorrente del L. nella causazione del sinistro e la conseguente riduzione del risarcimento ex art. 1227 c.c., detraendo la somma già versata all'attore; IV. disporre che l'eventuale ulteriore indennizzo dovuto all'attore venisse posto a proprio carico, ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le due imprese coinvolte. Il giudice nella stessa udienza rilevava d'ufficio la questione circa l'ammissibilità dell'intervento volontario della Società Alfa Spa e, sentite le parti, riservava la decisione. Sciogliendo la riserva, il giudice invitava le parti a precisare le conclusioni ed alla contestuale discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c... Nella successiva udienza del 28.10.2011 le parti precisavano le conclusioni come da verbale e, nella stessa udienza dava lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. La procedura di Risarcimento Diretto Al fine di decidere la questione pregiudiziale di legittimità ed ammissibilità dell'intervento, appare opportuno premettere quanto segue circa la procedura del Risarcimento Diretto (ex art. 149 D. Lgs 209/2005, Codice delle Assicurazioni Private, d'ora in avanti Codice). Ai sensi dell'art. 149, in caso di sinistro tra due veicoli assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, "i danneggiati devono rivolgere la richiesta di risarcimento all'impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato"; inoltre, qualora l'offerta di liquidazione effettuata dall'assicurazione sia ritenuta insufficiente o non venga comunicata nei termini oppure sia negato il risarcimento diretto, "il danneggiato può proporre l'azione diretta di cui all'art. 145, c.2, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione". La questione di legittimità costituzionale Sul tenore letterale dell'art. 149 è stata già sollevata la questione di incostituzionalità in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 111 Cost., sul presupposto che la norma configurerebbe in capo al danneggiato un obbligo di agire, nelle fattispecie indicate, secondo le modalità della nuova procedura, obbligatoriamente, nei confronti della propria compagnia assicurativa. La Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità, precisando che la norma stabilisce una facultas agendi in favore del danneggiato, il quale può, non deve, agire contro la propria assicurazione: "il nuovo sistema di risarcimento diretto non consente di ritenere escluse le azioni già previste dall'ordinamento in favore del danneggiato", precisando che "l'azione diretta contro il proprio assicuratore è configurabile come una facoltà, e quindi un'alternativa all'azione tradizionale per far valere la responsabilità dell'autore del danno" (Corte Costituzionale, Sent. 19/06/2009, n.180). Tuttavia il decisum della Corte non ha risolto tutti i dubbi posti dalla dottrina. Le censure relative alla facoltatività della procedura di indennizzo diretto Sono state mosse infatti alla sentenza di cui sopra le seguenti censure: 1. Secondo la tesi della facoltatività limitata all'ambito giudiziale, bisognerebbe distinguere la facoltà di rivolgere la richiesta di risarcimento all'una e all'altra assicurazione, rispetto alla possibilità di agire in giudizio nei loro confronti; la facultas riconosciuta dalla Corte riguarderebbe soltanto la fase giudiziale e non anche quella stragiudiziale, che dovrebbe sempre avere corso tra le parti del rapporto assicurativo; solo in caso di esito negativo della procedura di liquidazione stragiudiziale gestita dalla propria compagnia, rimarrebbe salva per il danneggiato la possibilità di esperire azione diretta nei confronti dell'assicurazione del responsabile civile. 2. Una seconda tesi, fondata sulla lettera degli artt. 149 e 150 del Codice e dell'art. 9 DPR n. 254/2006, Regolamento del Codice delle Assicurazioni, torna a proporre un regime di obbligatorietà (non solo per la fase stragiudiziale, ma anche per quella giudiziale) dell'azione diretta per garantire il rispetto dei valori costituzionali, anche ai fini di una migliore efficienza del mercato assicurativo. La tesi della facoltatività limitata all'ambito giudiziale (tesi sub 1) non può essere accolta in quanto si prospetterebbe una mancata corrispondenza tra diritto sostanziale e potere di agire in giudizio, in contrasto con il principio della strumentalità del processo per la tutela dei diritti: secondo questa tesi, infatti, la citazione in giudizio del responsabile e della sua compagnia assicurativa sarebbe ammissibile solo in caso di esito negativo della fase stragiudiziale (cogente) tra le parti del rapporto assicurativo. Per altro verso, al precipuo fine di evitare il contenzioso, non appare razionale che vi sia un'assoluta libertà in fase giudiziale non preceduta da pari facoltà di agire in fase stragiudiziale. Anche la tesi c.d. dell'obbligatorietà (tesi sub 2) non ha pregio, in quanto l'assicurazione del danneggiato non è titolare di una propria posizione debitoria nei confronti dell'assicurato, ma agisce per conto dell'impresa assicurativa del responsabile civile. La scelta di impedire al danneggiato di rivolgersi al proprio debitore si pone in contrasto palese sia con le argomentazioni della Corte Costituzionale che con la Direttiva 2005/14/CE. …e la censura relativa all'alternatività Altra dottrina ha infine mosso censura alla citata pronuncia della Corte Costituzionale anche riguardo al concetto di alternatività, perché non definirebbe adeguatamente l'ampiezza e la portata del rapporto tra la procedura di risarcimento diretto e la comune azione diretta ex art. 144 del Codice. In particolare il rapporto di alternatività si potrebbe configurare come: A) esclusione unilaterale dell'azione del danneggiato nei confronti del responsabile per effetto dell'anteriore azione ex art. 149 del Codice; B) esclusione eventuale: alternatività come mera facoltà di promuovere l'una, l'altra o entrambe le azioni; C) esclusione reciproca tra l'azione ex art. 149 del Codice e l'azione nei confronti del responsabile. L'interpretazione sub A) non appare condivisibile in quanto comporterebbe l'abrogazione per via interpretativa dell'art. 2043 c.c.. Risultato nella stessa misura inaccettabile consegue anche dalla seconda interpretazione, che condurrebbe alla moltiplicazione delle procedure e delle controversie, senza possibilità di invocare il giudicato. Ritiene questo giudice, pertanto, preferibile la soluzione sub C). La Corte, nel dichiarare la facultas, ha lasciato la possibilità al danneggiato di agire sia con azione diretta ex art. 144 del codice sia con l'azione ordinaria ex artt. 2043 e ss. c.c.,concedendo di scegliere, a suo insindacabile giudizio, la procedura risarcitoria che egli ritenga più conveniente. Ciò non comporta,tuttavia, che queste diverse azioni siano cumulabili né che possano essere proposte in fasi successive. La corretta interpretazione della facoltatività del risarcimento diretto e della sua alternatività rispetto alle altre procedure deve essere ricercata nel principio electa una via, non datur recursus ad alteram, in base al quale il danneggiato che agisca in giudizio nei confronti della propria impresa di assicurazione, o di quella del responsabile civile, consuma così, in ogni caso, il suo potere di scelta esercitandolo. Non si ritiene opportuno, invece, applicare tale principio anche alla richiesta effettuata in via stragiudiziale: ammettere che la richiesta di liquidazione in via stragiudiziale, rivolta a una delle due imprese di assicurazione, precluda la possibilità di esperire la procedura stragiudiziale e la successiva azione in giudizio nei confronti dell'altra, sarebbe ancora una volta in contrasto con il principio della facoltatività espresso dalla Corte e limiterebbe il diritto di difesa dei danneggiati. La Corte ha affermato che la disposizione di cui all'art. 149, c.6, del Codice, utilizzando il verbo "potere" intende esprimere che il danneggiato può, non deve esperire questo tipo di azione, vale a dire che egli è libero di esercitare o non esercitare lo strumento giudiziale. In conclusione, ritiene questo giudice, in aderenza alla lettura costituzionalmente orientata, preferibile la tesi: a. dell'assoluta libertà di scelta da parte del danneggiato, in fase stragiudiziale, in termini di concorrenza, di rivolgere le proprie pretese risarcitorie nei confronti di entrambe le compagnie assicuratrici; b. della facoltà di scelta in fase giudiziale, in termini di alternatività, nei confronti dell'una o dell'altra (ovviamente nel rispetto dell'iter procedimentale stragiudiziale prescritto per ciascuna di tali azioni ex artt. 144 e ss. ed ex art. 149 del Codice). Questa tesi ha, in primo luogo, il pregio di rafforzare la posizione dell'assicurato rimasto danneggiato tramite la legittimazione ad agire direttamente nei confronti della propria compagnia assicuratrice, senza sottrargli la possibilità di far valere la responsabilità dell'autore del danno (nel rispetto tra l'altro della citata direttiva CE). Inoltre, sebbene la sentenza della Corte Costituzionale si limiti ad affermare la possibilità in capo al danneggiato di scegliere il soggetto passivamente legittimato, non si può comunque ritenere che tale facoltà di scelta sia negata in fase stragiudiziale, essendo in tale fase ammissibile la cumulabilità. Ciò premesso, nella fattispecie concreta, devesi rigettare l'eccezione pregiudiziale proposta dall'intervenuta, secondo cui sarebbe inammissibile la domanda dell'attore per mancato rispetto della procedura di risarcimento diretto. L'attore infatti aveva espletato la procedura stragiudiziale (con le modalità richieste dalla legge) nei confronti di entrambe le compagnie di assicurazione, avendone (alla luce di quanto esposto) la facoltà. Successivamente ha evocato in giudizio solamente il responsabile e la compagnia assicuratrice dello stesso, consumando così la propria facultas agendi. Sull'ammissibilità dell'intervento volontario Ai fini dell'ammissibilità dell'intervento bisogna invece valutare la disciplina processuale allorché, nello stesso processo, siano chiamate in causa contemporaneamente le due compagnie assicuratrici ovvero le stesse vi partecipino in fasi successive. Certamente è inammissibile la chiamata in causa di entrambe le compagnie proprio perché in contrasto con il principio di alternatività nell'accezione acquisita. A maggior ragione è esclusa qualsivoglia ipotesi di litisconsorzio necessario tra le stesse e si deve ora valutare se vi siano ammissibili ipotesi (come quelle in esame) di litisconsorzio facoltativo, successivo all'instaurazione del giudizio. L'art. 149 del Codice (sia pure con tecnica giuridica non raffinata) risolve al sesto comma solamente la problematica relativa all'intervento dell'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile, nel senso che la stessa "può chiedere di intervenire un giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato". Il Codice nulla dispone, invece, circa l'intervento in esame dell'impresa assicuratrice nel giudizio proposto nei confronti del responsabile civile. La società Alfa SpA, interventore volontario, sostiene di agire per conto di Beta Ass.ni SpA, in qualità di gestore del risarcimento del danno subito dall'attore in occasione del sinistro stradale in regime derivante dalla sottoscrizione della CARD (Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto), che comporta l'assunzione della "veste […] di Gestionaria, quando il risarcimento viene effettuato, in tutto o in parte, per conto dell'impresa assicuratrice del veicolo civilmente responsabile del sinistro" ovvero "di Debitrice quando, i danni provocati dal proprio assicurato responsabile vengono risarciti per suo conto da un'altra impresa che avrà diritto ad essere rimborsata secondo la quota di responsabilità attribuibile al proprio assicurato". Tale convenzione è stata stipulata in esecuzione dell'art. 13 DPR n. 254/2006, secondo cui "le imprese di assicurazioni stipulano tra loro una convenzione ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto". Pertanto, premessa indefettibile della decisione sull'ammissione dell'intervento è l'esatta individuazione della natura giuridica dei rapporti sostanziali sottostanti. Sulla natura giuridica del rapporto tra le due compagnie assicuratrici Ritiene il Tribunale che il rapporto tra le due compagnie assicuratrici integri la fattispecie della delegazione cumulatoria non liberatoria (art. 1268 c.c.). La norma disciplina un'ipotesi di modificazione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio che può comportare la successione di un nuovo debitore al debitore originario (nel caso di delegazione liberatoria) ovvero l'affiancarsi ad esso di un nuovo debitore con un conseguente rafforzamento della garanzia patrimoniale del creditore, come appunto del caso in esame. Nell'ambito del rapporto di provvista (rapporto tra delegante e delegato) diverse sono le ragioni che possono indurre il terzo delegato ad assumere il debito del delegante, ovvero a provvedere (nel caso di delegatio solvendi) al pagamento del debito originariamente assunto dal delegante; nel caso in esame tale assunzione avviene, come sopra esposto, in ragione della sottoscrizione della CARD e per le motivazioni nella stessa indicate. Non costituisce un ostacolo all'inquadramento della fattispecie nella delegazione la circostanza che nella CARD siano regolati debiti futuri. La delegazione può infatti avere a fondamento sia preesistenti rapporti obbligatori, sia rapporti che sono fonte di crediti non ancora liquidi ed esigibili, ovvero altresì crediti futuri (Corte di Cassazione, sent. Del 19 maggio 2004, n.9470). Il regime delle eccezioni opponibili dal delegato con riferimento a vizi relativi ai rapporti sostanziali è diverso a seconda che le parti nessun riferimento facciano ai rapporti sottostanti di provvista e di valuta (c.d. delegazione astratta) ovvero vi facciano riferimento (c.d. delegazione titolata). Nella fattispecie concreta gli accordi tra le due compagnie assicuratrici hanno per oggetto la delegazione di debiti futuri, non ancora esistenti, ma geneticamente collegati alle obbligazioni nascenti dal futuro svolgimento di rapporti tra delegante e delegatario (rapporto di valuta). Nel caso di specie, quindi, a seguito della sottoscrizione della Convenzione CARD e del fatto illecito in esame, si individuano: a. il rapporto di valuta tra Beta Ass.ni SpA (in qualità di delegante) ed il danneggiato, D.L. (in qualità di delegatario); b. il rapporto di provvista tra la stessa Beta Ass.ni SpA (delegante) e la Società Alfa SpA (delegata). Di regola, nelle ipotesi di delegazione cumulativa, segue il regime della solidarietà tra le obbligazioni assunte dal debitore principale (delegante) e il nuovo debitore (delegato). Del resto l'atto con cui il delegatario può liberare il delegante è del tutto eventuale e la volontà di liberare il creditore principale deve essere espressa in modo non equivoco (Cassazione, sent. n. 848/2002). Ebbene ritiene il Tribunale che, nella fattispecie concreta, l'atto processuale di intervento volontario produca anche effetti giuridici sostanziali, integrando la manifestazione di volontà della società Alfa SpA (delegata) di obbligarsi verso il creditore L. D. (delegatario) ai sensi dell'art. 1268 c.c.. La Convenzione CARD e la dichiarazione contenuta nell'atto di intervento rendono opponibile all'attore (creditore delegatario) tutte le eccezioni relative al rapporto tra quest'ultimo e la società Beta Ass.ni SpA (art. 1271, ult.cpv., c.c.). Natura litisconsortile dell'intervento Ai fini dell'ammissibilità dell'intervento in esame deve essere da ultimo chiarita la natura giuridica dello stesso. L'intervento volontario (ex art. 105 c.p.c.), come è noto, può essere: a. principale (ad excludendum o ad infrigendum jura utriusque litigatoris), quando l'interveniente afferma un diritto proprio incompatibile sia con il diritto preteso dall'attore che con quello preteso dal convenuto, b. adesivo autonomo (o litisconsortile), quando l'interveniente, facendo valere un diritto autonomo soltanto nei confronti di una o di alcune delle parti, assume comunque posizione uguale o parallela a quella di una delle altre parti originarie pur rimanendo in posizione diversa; sicché la sua difesa rimarrà distinta da quella della parte originaria; c. adesivo dipendente, quando il terzo che vi ha un proprio interesse (non subire eventuali effetti sfavorevoli della sentenza) partecipa al giudizio per sostenere le ragioni di una delle parti, configurandosi una posizione di dipendenza processuale dell'interventore solamente ad adiuvandum. E' di tutta evidenza che la posizione processuale assunta dalla Alfa SpA sia inquadrabile nella figura di intervento litisconsortile, atteso che l'interveniente assume solidalmente le obbligazioni risarcitorie (asseritamente) già in capo a Beta Ass. ni SpA. Giova a tal riguardo rilevare che, anche in assenza di una specifica domanda dell'attore, le domande proposte in giudizio con l'atto di citazione si estendono automaticamente alla compagnia intervenuta. Infatti la Cassazione (sentenza n.17954 del 01.07.2008) ha statuito che "Qualora il terzo spieghi volontariamente intervento litisconsortile assumendo esser lui -e non il convenuto- il soggetto nei cui confronti si rivolge la pretesa dell'attore,la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, nei confronti del quale il giudice può, pertanto, assumere le consequenziali statuizioni". Anche per questo verso, quindi, si giustifica la legittimazione passiva della Alfa SpA intervenuta volontariamente nel presente giudizio. La causa viene rimessa sul ruolo istruttorio con separata ordinanza per le statuizioni sulle altre domande proposte dalle parti. P.Q.M. Il Tribunale di Milano, non definitivamente pronunciando, così provvede: - dichiara ammissibile la domanda proposta in giudizio dall'attore; - dichiara ammissibile l'intervento volontario proposto dalla società Alfa SpA; - riserva le statuizioni sulle spese processuali alla sentenza definitiva; - dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva; - la presente sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte di questo giudice ed è immediatamente depositata in cancelleria. Milano, 28.10.2011. Firmato Dott. Damiano SPERA.
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Civilista e penalista, dedito in particolare
alla materia della responsabilità civile
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