E' nulla la sentenza che dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio se il ricorso è sottoscritto dalle parti personalmente e non dal difensore. È questo il contenuto della sentenza n. 26365 depositata il 7 dicembre 2011 dalla prima sezione civile del Palazzaccio. Respingendo la tesi secondo cui la difesa di un avvocato non sarebbe necessaria perché la domanda congiunta di scioglimento degli effetti civili del matrimonio
darebbe origine ad un procedimento camerale di volontaria giurisdizione, gli Ermellini hanno ribadito l'obbligatorietà del ministero di un difensore ai sensi dell'art. 82 cpc pena la nullità della sentenza. La domanda congiunta non implica la consensualità dello scioglimento perché è il Tribunale che decide dopo aver verificato l'esistenza dei presupposti di legge, per cui la difesa è sempre necessaria. Il provvedimento del giudice che scioglie il matrimonio ha carattere decisorio e incide sullo status delle parti e l'obbligo di difesa tecnica sussiste anche in procedimenti di natura volontaria. Secondo la ricostruzione della vicenda processuale, la sentenza
in commento è l'esito del ricorso di una donna che, in seguito alla sentenza di cessazione degli effetti civili del suo matrimonio, impugnava la stessa eccependone la nullità, in quanto il ricorso con cui i coniugi avevano congiuntamente adito il Tribunale era stato sottoscritto dalle parti personalmente e non anche dai difensori. La Corte di appello accoglieva la tesi della donna e l'ex marito proponeva ricorso per cassazione, sostenendo la tesi della non necessità del ministero difensivo per la domanda congiunta di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
, dando origine la stessa a un procedimento camerale di volontaria giurisdizione. Ritenendo il motivo di ricorso infondato la Corte, confermando la decisione dei giudici territoriali di secondo grado ha spiegato che "il carattere decisorio del provvedimento del giudice, attribuendo al relativo procedimento camerale natura contenziosa anziché volontaria, comporta l'applicazione della regola della necessità della difesa tecnica, come per tutti gli altri giudizi contenziosi regolati secondo il rito ordinario. Nel caso dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio chiesto congiuntamente dai coniugi, la decisorietà del provvedimento che lo dispone è evidente, trattandosi di provvedimento che incide sicuramente su diritti soggettivi ed è assunto con sentenza destinata a passare in giudicato. Il ricorrente sostiene che il procedimento di divorzio su istanza congiunta delle parti non abbia natura contenziosa perché le parti non hanno interessi contrapposti, ma concordano nella richiesta rivolta al giudice. A ciò va replicato ribadendo che è il carattere decisorio del provvedimento del giudice, ossia la sua incidenza sui diritti soggettivi o status con l'efficacia propria del giudicato, che conferisce carattere contenzioso - piuttosto che volontario - al relativo giudizio, e non le posizioni in concreto assunte dalle parti; inoltre il carattere "congiunto" della domanda non significa "consensualità" dello scioglimento del matrimonio, quasi che fosse la volontà delle parti e non il provvedimento del giudice a produrlo, salva la mera omologazione giudiziale, come avviene per la separazione consensuale dei coniugi (cui pure fa riferimento il ricorrente nelle sue difese): è invece il tribunale che decide in base alla verifica - che è sua prerogativa - dell'esistenza dei presupposti di legge, oltre che della valutazione della rispondenza delle condizioni indicate dagli istanti all'interesse dei figli (art. 4, ult. comma, cit.)".
Consulta testo sentenza n. 26365/2011

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