"Un diffuso atteggiamento intimidatorio" tenuto dal lavoratore nei confronti dei colleghi non è una giusta causa di licenziamento. E' quanto afferma la Corte di Cassazione con sentenza n. 20566 del 4 ottobre 2010 accogliendo il ricorso di un lavoratore -licenziato per aver minacciato dei colleghi- avverso la sentenza
con cui la Corte d'Appello, confermando la sentenza di primo grado, respingeva la domanda avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento disciplinare intimatogli. La Suprema Corte, come si legge nella sentenza, sottolinea la contraddittorietà della motivazione fornita dalla Corte di merito che pone a base della valutazione della sussistenza della giusta causa del licenziamento, gli stessi fatti estremamente generici addebitati al lavoratore che non possono avere rilievo disciplinare ed evidenzia l'assenza di precisazioni sulla entità e le modalità delle minacce. Precisazioni, continua la Corte, necessarie per una corretta "valutazione dei fatti di causa alla luce delle disposizioni della contrattazione collettiva e più specificatamente di quelle regolanti le sanzioni conservative e quelle espulsive". Su tali considerazioni la Suprema Corte, cassando la sentenza impugnata, rinvia alla Corte di Appello competente.

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