Il 14 dicembre scorso il senato ha definitivamente approvato una legge di iniziativa del sen. Azzolini ed altri, recante disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo. Con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata dall'Italia nel 1955, si è inteso perseguire gli obiettivi del Consiglio d'Europa per la difesa e lo sviluppo dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, attraverso l'affermazione di diritti civili e politici e la previsione di un sistema teso ad assicurare il rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi assunti con la firma della Convenzione. L'articolo 46 della CEDU stabilisce che le Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti dell'uomo pronunciate nell'ambito delle controversie di cui siano parti e che le sentenze della Corte sono trasmesse al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l'esecuzione. Anche se gli Stati contraenti non hanno l'obbligo formale di incorporare la CEDU nel sistema giuridico interno, dal principio di sussidiarietà che è alla base della Convenzione stessa discende che le giurisdizioni nazionali devono, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto interno in modo conforme alla Convenzione. Se spetta alle autorità nazionali interpretare e applicare il diritto interno, la Corte europea dei diritti dell'uomo è comunque chiamata a verificare se il modo in cui tale diritto è interpretato e applicato produce effetti conformi ai princ?pi della Convenzione, della quale la giurisprudenza della Corte costituisce parte integrante. Il Trattato sull'Unione europea
, ratificato nel 1992, ha sostanzialmente " comunitarizzato " i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU, in quanto li ha espressamente riconosciuti come " princ?pi generali del diritto comunitario ". Va sottolineata l'importanza della formale adesione dell'Unione europea alla CEDU e l'inclusione dei diritti fondamentali da quest'ultima sanciti nella parte II del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e ratificato nel 2005. Tutto ciò premesso, occorre prendere atto delle numerose sentenze di condanna nei confronti dell'Italia pronunciate dalla Corte di Strasburgo, dalle quali risulta l'accertamento di violazioni di disposizioni della CEDU e dei suoi Protocolli aggiuntivi, con particolare frequenza di quelle relative all'articolo 6 sul diritto a un giusto processo, specie sotto il profilo del termine ragionevole di durata dei processi. Per le violazioni rilevanti sotto quest'ultimo profilo, la Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sua giurisprudenza piu' recente, ha ritenuto non effettivo, il rimedio interno apprestato dalla cosiddetta " legge Pinto
" - in quanto, in base a esso, i giudici italiani, continuano a liquidare ai cittadini lesi nel proprio diritto a una ragionevole durata del processo, somme di gran lunga inferiori rispetto a quelle quantificate dal Giudice di Strasburgo - e ha conseguentemente condannato l'Italia al pagamento di ulteriori e piu' consistenti indennizzi. Da cio' emergono effetti finanziari rilevanti per lo Stato italiano, dovendosi in molti casi considerare, ai fini dell'esborso a titolo di risarcimento del danno, non solo la condanna pronunciata dalla Corte di Strasburgo - di per se´ rilevante considerati i criteri di calcolo in quella sede adottati - ma anche la riparazione eventualmente ottenuta dal ricorrente in sede nazionale, con la conseguenza che, paradossalmente, talora il risarcimento per violazione del termine ragionevole e' notevolmente maggiore rispetto al petitum originario. Inoltre, molte pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo rilevano carenze strutturali del nostro ordinamento giuridico che rendono lo Stato italiano inadempiente nell'ambito della Convenzione. Occorre aggiungere che l'Italia e' oggetto di particolare attenzione da parte dell'organo che, nell'ambito del sistema CEDU, verifica l'attuazione delle pronunce della Corte, in considerazione dei tempi non certo solleciti con i quali il nostro Stato provvede all'esecuzione delle sentenze di condanna. Infatti, alla data del 28 aprile 2004, circa il 70 per cento dei 3.700 casi di sentenze definitive non eseguite pendenti di fronte al Comitato dei Ministri riguardavano l'Italia, poiche´ l'attuazione delle sentenze della Corte richiede, da parte del nostro Stato, un tempo di gran lunga maggiore di quello (mediamente circa tre anni) necessario negli altri Paesi. Del resto, se da un lato il Governo italiano ha adottato, anche recentemente, strumenti per conformare l'ordinamento giuridico alle indicazioni provenienti dalla Corte, dall'altro occorrono ulteriori e incisivi interventi per consentire sia l'attuazione di numerose sentenze rimaste ineseguite, sia la previsione di rimedi interni piu' efficaci di quello previsto dalla cosiddetta " legge Pinto " e applicabili anche ad altre violazioni delle disposizioni della Convenzione. Lo stato di inadempienza dell'Italia e' oggetto di attenzione anche da parte dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa che, lo scorso anno, ha approvato la raccomandazione 1684 (2004) con la quale chiede al Comitato dei Ministri di assicurarsi che le Autorita' italiane adottino una normativa che consenta la riapertura dei processi, in particolare negli affari penali, al fine di dare un effettivo seguito alle sentenze, e diano attuazione senza ulteriori ritardi alle sentenze della Corte in sospeso da oltre cinque anni. Con la nuova legge, si introducono nell'ordinamento giuridico - apportando limitate modifiche all'articolo 5 della legge n. 400 del 1988 - disposizioni finalizzate a consentire la sollecita attuazione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, permettendo al Parlamento di avere una tempestiva conoscenza delle pronunce emanate nei confronti dell'Italia. In tale modo, di fronte a sentenze di condanna che richiedano l'adozione di interventi normativi, le Camere potranno valutare le iniziative piu' opportune, svolgendo, in materia di scelte di politica legislativa apprezzabili soprattutto sul piano processuale, un ruolo centrale. Pertanto, la nuova legge aggiunge alle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, da esercitare direttamente o conferendo delega a un Ministro, quella di promuovere gli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo emanate nei confronti dello Stato italiano. Inoltre, introduce la previsione della tempestiva comunicazione alle Camere, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o di un Ministro da lui delegato, delle medesime pronunce, ai fini dell'esame da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti e della presentazione annuale al Parlamento di una relazione sullo stato di esecuzione delle suddette pronunce. L'esame parlamentare delle sentenze nonche´ della relazione del Governo potra' consentire sia l'individuazione dei meccanismi anche normativi piu' opportuni per eliminare situazioni di contrasto dell'ordinamento giuridico italiano con il sistema giuridico CEDU, sia l'attivazione di un efficace controllo da parte del Parlamento sulla fase di esecuzione delle pronunce di condanna.

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