Va estesa all'infortunio in itinere la previsione in tema di comporto dettata per la malattia professionale, sicché nel comporto vanno calcolate le sole assenze per malattia e non anche quelle per infortunio sul lavoro o malattia professionale.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 14756/2013, ha rigettato il ricorso proposto da una società avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello, confermando la decisione del giudice di prime cure, disponeva la reintegra del lavoratore illegittimamente lincenziato per superamento del periodo di comporto.
Nel caso di specie il lavoratore, nel recarsi dal posto di lavoro in Ospedale poiché bisognoso di cure urgenti, subiva un grave infortunio che lo costringeva ad una lunga assenza dal lavoro.

La Suprema Corte ha ricordato che " in tema di eccessiva morbilità del lavoratore, la disposizione (...) che prevede un limite massimo di conservazione del posto in caso di assenze per infermità e, nel contempo, il diritto alle retribuzioni fino a guarigione nel caso di infortunio sul lavoro

va interpretata nel senso che, ai fini del calcolo del periodo di comporto, superato il quale il datore può recedere dal rapporto, vanno calcolate le sole assenze per malattia e non anche quelle per infortunio sul lavoro o malattia professionale, atteso che non possono porsi a carico del lavoratore le conseguenze del pregiudizio da lui subito a causa dell'attività lavorativa espletata."

Correttamente - affermano i giudici di legittimità - la Corte d'appello ha considerato che malattia professionale e infortunio in itinere

hanno in comune la causa di origine lavorativa che giustifica l'assenza dal lavoro. Ed infatti l'art. 46 del c.c.n.l. applicabile al rapporto, "riferisce il comporto e la sua disciplina temporalmente delimitata "alla malattia comune e all'infortunio non sul lavoro", sicché diversa è l'ipotesi della malattia dipendente da infortunio sul lavoro che non ricade nelle limitazioni temporali proprie del comporto.".


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