Per il Tribunale di Milano parametro di riferimento per stabilire si vi sia una autosufficienza economica può essere la soglia reddituale prevista per accedere al patrocinio a spese dello Stato

di Lucia Izzo - Già con la recente sentenza n. 11504/2017 la Corte di Cassazione aveva (definitivamente?) abbandonato il criterio del tenore di vita per stabilire se l'ex coniuge avesse diritto (e in che misura) all'assegno di mantenimento (Vedi: Divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita. Ecco le motivazioni). La Cassazione aveva dato rilevanza piuttosto al criterio della "indipendenza economica". Una nuova pronuncia, del Tribunale di Milano, sembra ora aver tirato in ballo un nuovo criterio di valutazione: quello dell'"non autosufficienza economica" che dovrebbe costituire una sorta di perfezionamento del criterio della "indipendenza economica".


Cerchiamo di ricostruire le tappe di questi recenti mutamenti giurisprudenziali.

Cassazione: l'addio al tenore di vita e il parametro dell'indipendenza economica

Il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio è stato ritenuto non più attuale dagli Ermellini con la sentenza 11504/2017. Secondo la Corte tale parametro finirebbe per determinare da un lato per determinare una sorta di "ultrattività" del vincolo matrimoniale anche dopo il divorzio, dall'altro avrebbe comportato una commistione inammissibile e indebita tra due fasi di giudizio e due diversi accertamenti che devono rimanere separati (ossia la fase in cui si determina la spettanza dell'assegno (l'"an debeatur") e quella in cui si stabilisce il "quantum").

La dimensione economico-patrimoniale, hanno precisato i giudici di legittimità, entra in gioco normativamente ed esplicitamente soltanto per l'eventuale fase del giudizio avente a oggetto la determinazione dell'assegno e non nella precedente che riguarda la sussistenza o meno del diritto all'assegno.

Pertanto, il parametro da tenere in considerazione, secondo la Cassazione, in questa prima fase sarebbe quello dell'indipendenza economica raggiunta o raggiungibile da parte del richiedente.

La decisione ha subito avuto ampio seguito tra i giudici di merito che hanno applicato a diversi casi di specie le statuizioni della Suprema Corte, ammettendo o negando il diritto all'assegno divorzile dei coniugi richiedenti.

Tribunale di Milano: assegno solo per chi percepisce meno di 1.000 euro al mese

Il Tribunale di Milano, IX sezione, ha precisato in un'ordinanza presidenziale del 22 maggio 2017 che, quanto all'indipendenza economica idonea a negare il diritto all'assegno divorzile, deve farsi riferimento alla "capacità per una determinata persona, adulta e sana - tenuto conto del contesto sociale di inserimento - di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali)".


Per il Tribunale meneghino un parametro (non esclusivo) di riferimento può essere rappresentato dall'ammontare degli introiti che consente a un individuo di accedere al patrocinio spese dello Stato, soglia che ad oggi è di euro 11.528,41 annui ossia di circa euro 1000 mensili.


Inoltre, un secondo parametro proposto per adattare in concreto il concetto di "indipendenza" per il Tribunale di Milano può essere rintracciato "nel reddito medio percepito nella zona in cui il richiedente vive ed abita" (per approfondimenti: Divorzio: assegno solo a chi guadagna meno di mille euro al mese).


Una decisione che tiene esplicitamente conto del nuovo indirizzo giurisprudenziale e tende al perfezionamento del nuovo criterio dell'indipendenza economica, o, come avviene per il riconoscimento dell'assegno a favore dei figli maggiorenni, quello della non autosufficienza economica che viene espressamente menzionato dalla sentenza milanese.


Il riferimento a tali criteri imposti dalla giurisprudenza di legittimità viene, pertanto, applicato immediatamente dai giudici di merito ai giudizi in corso relativi al riconoscimento dell'assegno divorzile: un'analisi che, secondo il Tribunale milanese, si svolge in due fasi come articolate dalla Cassazione, ovverosia quella primaria e preminente circa l'esistenza o meno del diritto all'assegno e quella, eventuale, circa la misura dello stesso.


Ciò in quanto l'assegno di divorzio non deve rappresentare una misura che mira impropriamente a colmare l'eventuale sperequazione reddituale esistente tra i coniugi, bensì a verificare le diverse posizioni di questi che andranno interpretate secondo il principio della auto-responsabilità economica di ciascuno, come persone singole.


L'onere probatorio circa l'esistenza del diritto all'assegno, infine, resta sul richiedente, fermo il diritto all'eccezione e alla prova contraria dell'altro ex coniuge.


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