Per la Cassazione, non aver sfruttato le proprie competenze per seguire la famiglia non fa venir meno il diritto all'assegno divorzile

di Marina Crisafi - Le competenze professionali non sfruttate per dedicarsi alla famiglia e la breve durata del matrimonio non fanno venir meno il diritto all'assegno divorzile. Lo ha affermato la sesta sezione civile della Cassazione con l'ordinanza n. 9945/2017 (qui sotto allegata), respingendo le doglianze di un uomo contro la sentenza di merito che confermava a suo carico l'obbligo di versare un assegno divorzile a favore della ex moglie, rigettando altresì la richiesta di riduzione del contributo nei confronti del figlio adolescente.

La vicenda

Il tribunale di Treviso dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio affidando il figlio ad entrambi i genitori con residenza presso la madre alla quale andava un assegno di 800 euro per il mantenimento del ragazzo e un assegno divorzile di 400 euro al mese.

L'uomo proponeva appello lamentando la sopravvalutazione del proprio reddito mensile, la violazione delle norme in materia di assegno divorzile per l'omessa considerazione della breve durata del matrimonio e delle competenze professionali della moglie mai sfruttate nella ricerca di occupazione.

La corte d'appello respingeva il gravame e l'uomo si rivolgeva al Palazzaccio.

Ma per gli Ermellini il ricorso è infondato.

Il mantenimento del figlio

Quanto all'ammontare e alla periodicità fissa dell'assegno di mantenimento del figlio il giudice di merito, hanno ritenuto da piazza Cavour, "ha ampiamente esposto le ragioni per cui ha confermato l'assegno indipendentemente dai periodi di tempo che il minore passava con ciascuno dei genitori, in considerazione della sua collocazione per tutto l'anno scolastico e per parte delle vacanze estive presso la madre".

Idem per quanto riguarda la misura della somma destinata al mantenimento dell'adolescente, perfettamente congrua "rispetto ai redditi dei genitori, alle loro capacità, sostanze e possibilità, ai tempi di permanenza presso i genitori, all'età e alle esigenze del figlio".

L'assegno divorzile

Quanto infine all'assegno all'ex moglie, la corte d'appello ha considerato una ipotesi reddituale minima in capo all'uomo di oltre 3mila euro mensili e una sua maggiore potenzialità di guadagno in base alla qualifica professionale rivestita (ndr. dirigente medico ospedaliero) e alla circostanza incontestata dello svolgimento anche di attività professionale privata. Quanto alla donna, invece, la "prevalente dedizione alla vita familiare che ha consentito all'uomo un'attività professionale di rilevante impegno" le ha presumibilmente impedito all'età di oltre 50 anni di "reperire una posizione lavorativa sicura e stabile pur avendo un titolo di studio che astrattamente lo consente (laurea di ottometrista)" .

Pertanto, hanno concluso dalla S.C., correttamente e contrariamente a quanto affermato dall'uomo "il giudice ha considerato l'apporto e il sostegno recato dalla donna alla vita familiare e specificamente all'attività professionale del marito e all'accudimento del figlio, ha valutato le sue potenzialità lavorative e reddituali che non ha escluso". Tant'è che è pervenuta a una determinazione contenuta dell'assegno divorzile in misura inferiore a quella stabilita consensualmente dai coniugi in sede di separazione e diretta a concretizzare un apporto al reddito della donna tale da consentirle una tendenziale conservazione di un tenore di vita sicuramente non eccedente la normalità.

Cassazione, ordinanza n. 9945/2017

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