Il Tribunale di Roma fa un elenco delle voci rilevanti nei redditi dei genitori ai fini della quantificazione dell'assegno

di Marina Crisafi - Per determinare il contributo per il mantenimento dei figli, anche maggiorenni, occorre esaminare le condizioni economiche delle parti, calibrando poi il risultato sulla base delle esigenze della prole, del tenore di vita durante il matrimonio e dei tempi di permanenza presso ogni genitore. Lo ha ricordato il tribunale di Roma con la sentenza dell'8 aprile scorso (qui sotto allegata) affermando con chiarezza che il "principio di proporzionalità rispetto al reddito percepito da ciascun genitore" è applicabile anche nell'ipotesi di divorzio e l'analisi del giudice va effettuata senza necessità di alcun raffronto con la situazione esistente all'epoca della separazione, trattandosi di giudizio autonomo e diverso.

Esaminando analiticamente i redditi dei due ex coniugi nel caso di specie, il giudice capitolino ha rilevato come entrambi vivano di un'unica fonte di reddito, lo stipendio da dipendente bancario. Sennonché, il padre guadagna circa tremila euro a fronte di oltre 1.100 euro di uscite, corrispondenti al mutuo contratto per l'abitazione in cui vive insieme alla nuova compagna e a un finanziamento rinegoziato in costanza di matrimonio; la madre, invece, guadagna poco meno (circa 2600 euro) ma è gravata da un affitto di oltre 1600 euro e da un prestito in forma di cessione del quinto di quasi 450 euro mensili.

Anche a voler considerare che i canoni di affitto e la rata del mutuo vengano suddivisi dall'ex coppia con i rispettivi nuovi compagni, la ricostruzione rende evidente come, ragiona il tribunale romano, seppur siano equivalenti i tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore, ci sia una "superiorità delle condizioni economiche del padre" dovuta sia ai maggiori redditi che, soprattutto, alle minori uscite. Senza contare, poi, che l'uomo, a differenza dell'ex moglie, ha una casa di proprietà, suscettibile di valutazione economica.

Tutto ciò conduce il giudice a stabilire a carico del padre un "assegno perequativo di 500 euro mensili" a titolo esclusivo di mantenimento ordinario, non reputando che l'assegno cumulativo "a forfait" chiesto dalla donna possa risolvere gli aspri conflitti esistenti tra i due.

Ciò in quanto le spese straordinarie sono "oggettivamente imprevedibili" e in grado di incidere sul criterio dell'adeguatezza al mantenimento da parte di ciascun genitore, col rischio di "esautorare il padre dalla possibilità di assumere scelte significative nell'educazione, nella cura e nell'istruzione dei figli, le quali continuano a far parte della responsabilità genitoriale anche oltre il raggiungimento della maggiore età, incidendo necessariamente nel percorso di vita che viene attraverso gli impegni economici dei genitori consentito di percorrere alla prole fino al raggiungimento dell'autonomia della medesima".

Da qui, più opportuna è invece una regolamentazione degli esborsi straordinari, nei quali rientrano tutte le spese di natura medico sanitaria, scolastica, sportiva, ludica o parascolastica, preventivamente concordate da entrambi i genitori ad eccezione di quelle obbligatorie o urgenti, con suddivisione al 50% tra le parti.

Tribunale Roma, 8 aprile 2016

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