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Cause di estinzione della servitù

Le servitù prediali

Anche le disposizioni relative alle cause di estinzione del diritto di servitù sono state raggruppate in un autonomo capo del titolo dedicato all'istituto in esame (cfr. gli articoli 1072 e ss. del codice civile).

Salve restando le ipotesi di compimento del termine finale o avverarsi della condizione risolutiva che siano stati eventualmente introdotti nel titolo, le cause che determinano il venir meno del diritto di servitù sono le seguenti:


Prescrizione

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In relazione alla servitù, oltre a fissare il termine ventennale per la prescrizione del diritto non esercitato (cfr. art. 1073, comma 1, c.c.), il codice contiene delle norme che specificano il dies a quo (termine iniziale), a seconda della categoria cui appartiene la servitù in questione.

Da un lato, bisogna distinguere le servitù positive da quelle negative: per le prime, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui cessa l'attività di godimento del fondo altrui, mentre per quelle negative solo dal momento in cui si verifica un fatto che impedisce o viola l'esercizio della servitù e dalla contestuale mancata riattivazione del diritto successivamente al verificarsi del fatto stesso (Cass. n. 10280/2010).

Dall'altro lato, mentre per le servitù discontinue il termine comincia il suo decorso dalla data in cui è stato compiuto l'ultimo atto di esercizio della servitù stessa, per le servitù continue comincia dal giorno in cui è venuta meno la possibilità di godere regolarmente del diritto.

La prescrizione si interrompe per l'esercizio effettivo della servitù da parte del titolare del diritto, dalla notificazione dell'atto con il quale inizia un giudizio (art. 2943 c.c.; Cass. n. 5958/1978), per effetto del riconoscimento della stessa da parte del proprietario del fondo servente (Cass. n. 938/2010).

 

Confusione

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Altra causa estintiva è la confusione, situazione che si realizza allorché viene meno, per qualunque motivo, il requisito della diversità di proprietario dei due fondi.

Ex art. 1072 c.c., infatti, quando in una sola persona si riunisce la proprietà del fondo dominante con quella del fondo servente, la servitù si considera estinta.

 

Impossibilità d'uso e inutilità

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Il legislatore ha previsto, inoltre, all'art. 1074 c.c., due cause che si fondano sulla necessità che il diritto non solo possa essere esercitato in concreto, ma che sia in grado, altresì, di realizzare quell'utilità che l'ordinamento ha ritenuto meritevole di tutela. Ebbene, qualora sopravvenga l'impossibilità di esercitare la servitù o cessi l'utilità in funzione della quale la servitù è stata costituita, quest'ultima, pur non estinguendosi subito, resta in uno stato di "quiescenza" per un periodo di venti anni, nell'eventualità di un ulteriore mutamento dello stato dei luoghi che ripristini lo status quo ante o, comunque, renda possibile la sopravvivenza del diritto, sino a che non decorre il termine indicato dall'art. 1073 c.c. (Cass. N. 7485/2011; Cass. N. 1854/2006).

 

Rinuncia o abbandono

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Il diritto di servitù si estingue, infine, in caso di rinuncia del proprietario del fondo dominante ovvero di abbandono del fondo servente ex art. 1070 c.c.

L'ultima ipotesi citata è anche detta "abbandono liberatorio" e si realizza quando il titolare del fondo servente, tenuto in forza del titolo o della legge alle spese necessarie per l'esercizio della servitù se ne libera, rinunziando alla proprietà del fondo a favore del proprietario del fondo dominante.

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