Guarda il video sulla relazione all'art. 4-bis della Commissione Antimafia, con le nuove regole pensate per scongiurare lo smantellamento della disciplina dell'ergastolo ostativo a seguito delle pronunce della Cedu e della Consulta

Quale futuro per l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario

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"Questo è un importante risultato, l'Antimafia deve continuare su questa strada e su questo impegno trasversale", con queste parole l'on. Stefania Ascari (M5S) sintetizza l'esito del lavoro effettuato dalla Commissione parlamentare Antimafia, a cui ha fatto seguito una relazione presentata a Palazzo Chigi avente ad oggetto l'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario.




Questa norma è stata recentemente oggetto di due importanti pronunce: in primis, la sentenza del 13 giugno 2019 relativa al caso "Viola c. Italia con cui la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sostanzialmente "bocciato" la disciplina italiana sull'ergastolo ostativo, ritenuta lesiva della dignità umana e incompatibile con i diritti fondamentali, consigliandone una riforma.

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In seguito, con la sentenza n. 253/2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 4-bis, comma 1, o.p. nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità di collegamenti con l'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di tali collegamenti.

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Le pronunce richiamate hanno fortemente inciso sul regime del c.d. "fine pena mai" di cui all'art. 4-bis o.p., smantellando un sistema indubbiamente rigoroso, ma introdotto in un momento particolarmente drammatico per il nostro Paese che, a differenza di altri, presenta un'esperienza del tutto peculiare con la criminalità organizzata, giunta in diverse occasioni a sferrare fendenti micidiali direttamente al cuore della giustizia italiana e contro molti servitori dello Stato.

L'importanza storica dell'ergastolo ostativo

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Ad oggi, il tema dell'ergastolo ostativo è al centro di un fervente dibattito che vede opposti, da un lato, i sostenitori di un simile meccanismo, ritenuto necessario e creato ad hoc per contrastare con forza il fenomeno mafioso in Italia, e, dall'altro, coloro che ne auspicano una riforma affinché la detenzione sia sempre in linea con i principi costituzionali e faciliti il reinserimento e la rieducazione dei condannati.

La Commissione parlamentare Antimafia ritiene, tuttavia, che non possa prescindersi dall'importanza storica assunta dall'istituto di cui all'art. 4-bis o.p., introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento da una riforma (contenuta nel D.L. n. 152/1991) a cui ha lavorato personalmente lo stesso Giovanni Falcone, all'epoca Direttore generale degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia.

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"Dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio - scrive in una nota il Presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra - hanno assunto rilevanza preponderante la tutela della sicurezza pubblica e il contrasto alla criminalità organizzata rendendo necessaria l'introduzione tra i reati riferibili al crimine organizzato di una presunzione assoluta di pericolosità sociale superabile solo attraverso un'esplicita scelta di collaborare con la giustizia che imponeva, pertanto, per chi volesse godere dei benefici previsti dalla normativa in vigore dal 1986 di dover manifestare chiaramente la volontà di collaborare con lo Stato".

Il senatore Morra, parlando di un vero e proprio "dovere morale" volto a scongiurare un ritorno al periodo antecedente le stragi, sottolinea la necessità di un intervento celere del legislatore affinché sia scongiurato lo smantellamento dell'istituto in questione, soprattutto in questo momento in emergenza durante il quale le mafie non hanno rallentato la loro azione.

La Relazione della Commissione Antimafia sull'ergastolo ostativo

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L'on. Ascari, relatrice insieme al sen. Pietro Grasso del testo licenziato in data 20 maggio 2020, espone il risultato a cui è giunto il nucleo di lavoro che si è adoperato per trovare soluzioni atte a colmare il vuoto normativo prodotto dai recenti orientamenti giurisprudenziali, elaborando nuove regole per la concessione dei benefici penitenziari.

A seguito di plurime e diverse interlocuzioni, riflessioni e dibattiti, con la relazione in esame la Commissione persegue l'obiettivo di fornire elementi concreti e tempestivi affinché Parlamento e Governo possano tramutare in norma osservazioni e criteri in essa contenuti.

Pur non avendo ottenuto un'auspicata unanimità (stante l'astensione di alcuni gruppi politici di minoranza), la relazione viene salutata come "un grande risultato di squadra collettivo e trasversale", frutto di "studio approfondito e analitico della casistica da parte sia dei membri sia dei tecnici della Commissione stessa".

Concessione dei permessi premio

Nell'elaborazione di un nuovo procedimento in materia di concessione dei benefici (in particolare i permessi premio, oggetto della pronuncia della Consulta) in caso di mancata condotta collaborativa del condannato, l'Antimafia distingue in due tipologie i reati contenuti nell'art. 4-bis, comma 1, della legge sull'ordinamento penitenziario.

In particolare, la Magistratura di sorveglianza dovrà seguire un iter più rigoroso per quanto riguarda i reati di "prima fascia", ovvero quelli dal maggior disvalore sociale, inerenti fenomeni associativi e di criminalità organizzata, con finalità eversive, terroristiche o finalizzati al traffico di stupefacenti. Un regime fondato su tre pilastri: regime probatorio rafforzato; prova positiva; parere delle varie autorità coinvolte.

In sostanza, graverà unicamente sull'istante/condannato l'onere di fornire le prove che consentono di escludere sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il ripristino di quei collegamenti. Dovrà trattarsi, inoltre, di allegazioni specifiche, non generiche, e sopratutto fondate su elementi fattuali precisi, concreti e attuali.

Il Magistrato prenderà la sua decisione in base a tali elementi e alle informazioni fornite dal Procuratore nazionale antimafia che si coordinerà con i procuratori distrettuali e con i comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Invece, per quanto riguarda tutti gli altri reati, quelli c.d. monosoggettivi, dovrà essere fornita la prova negativa dell'inesistenza dei collegamenti, quindi dell'inesistenza pericolosità sociale.

La relazione della Commissione, inoltre, ha elaborato anche due ipotesi aperte per quanto riguarda il tema della competenza a decidere sulla concessione dei permessi premio. Da un lato, si ipotizza la competenza e l'accentramento al Tribunale di sorveglianza di Roma. Dall'altro, invece, emerge l'ipotesi del trasferimento della competenza in tema di permessi premio dai magistrati di sorveglianza (a cui spetta attualmente), al Tribunale di sorveglianza territoriale.


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