La Cassazione ha rimesso alla Consulta la decisione sulla possibilità di indennizzare ex lege n. 210/92 i soggetti danneggiati dopo essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria ma raccomandata anti epatite A

di Lucia Izzo - Sarà la Consulta a doversi pronunciare sulla possibilità di indennizzare, ex art. 1, comma 1, L. n. 210/1992, anche i soggetti che abbiano subito lesioni e/o infermità, da cui siano derivati danni irreversibili all'integrità psico-fisica, per essere stati sottoposti a vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata, anti epatite A.


Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l'ordinanza interlocutoria n. 25697/2019 (sotto allegata) dichiarando rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 cit., in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

Il caso

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Gli Ermellini si sono pronunciati sulla vicenda di una donna che rappresentava di essersi ammalata di "lupus eritematoso sistemico" a seguito della vaccinazione anti epatite A cui era stata sottoposta. Tale vaccinazione, pur non imposta come obbligo giuridico, era stata fortemente incentivata dalla Regione senza lasciare spazio alla discrezionalità del singolo.


La donna era infatti stata vaccinata dopo una specifica convocazione dell'ASL regionale nell'ambito di una campagna di vaccinazioni avviata nel 1997 ed estesa contro l'epatite A, che rendeva palese l'intento di considerarle obbligatorie.


Secondo i giudici di merito, il caso della vaccinazione imposta per legge non poteva differenziarsi da quello in cui essa era raccomandata da specifici atti normativi. Pertanto, ritenuto provato il nesso di causalità tra il vaccino e la malattia, la Corte d'Appello riteneva che, in base a un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma, anche i danni derivati dalla vaccinazione di epatite di tipo A avrebbero dovuto essere indennizzati ai sensi della L. n. 210/1992.

Vaccinazioni obbligatorie e indennizzi

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In Cassazione, a seguito del ricorso del Ministero della Salute, la Procura Generale conclude chiedendo la rimessione alla Corte Costituzionale e i giudici di Piazza Cavour ritengono la questione "rilevante e non manifestamente infondata".


L'art. 1, comma 1, legge n. 210 cit. ha introdotto nell'ordinamento, in via generale, il diritto ad un indennizzo per chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di un'autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psicofisica.


La tutela indennitaria, inizialmente riconosciuta solo nell'ambito delle vaccinazioni obbligatorie, è stata ampliata ricomprendendovi le vaccinazioni imposte o sollecitate da interventi finalizzati alla protezione della salute pubblica a seguito di significativi arresti della Corte Costituzionale, fino a ricomprendere conseguenze invalidanti di vaccinazioni assunte nell'ambito della politica sanitaria anche solo promossa dallo Stato.

L'intervento della Corte Costituzionale

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La Corte costituzionale, che con la sentenza n. 268/2017 ha dichiarato illegittimo l'art. 1, comma 1, legge n. 210/1992 nella parte in cui non prevede il diritto all'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da vaccinazione antinfluenzale, ha ritenuto, nella prospettiva incentrata sulla salute quale interesse, anche obiettivo, della collettività, che non vi è differenza qualitativa tra obbligo e raccomandazione, essendo l'obbligatorietà del trattamento vaccinale semplicemente uno degli strumenti, a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche, per il perseguimento della tutela della salute collettiva, al pari della raccomandazione.


Ancora, quanto alle vaccinazioni raccomandate, in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, il Giudice delle leggi, con la richiamata decisione, ha ribadito il naturale svilupparsi di un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie, il che rende la scelta individuale (di aderire alla raccomandazione) di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli .


La Corte ha ribadito che la ragione determinante del diritto all'indennizzo non deriva dall'essersi sottoposti a un trattamento obbligatorio in quanto tale, ma risiede, piuttosto, nelle esigenze di solidarietà sociale che si impongono alla collettività, ove il singolo subisca conseguenze negative per la propria integrità psico-fisica derivanti da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato) effettuato anche nell'interesse della collettività.

Indennizzo L n. 210/92 anche per vaccinazione Antiepatite A

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In conclusione, per la Consulta la mancata previsione del diritto all'indennizzo in caso di patologie irreversibili derivanti da determinate vaccinazioni raccomandate si risolve in una lesione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione perché le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo richiedono che sia la collettività ad accollarsi l'onere del pregiudizio individuale, mentre sarebbe ingiusto consentire che siano i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio anche collettivo.


La Cassazione, chiedendo l'intervento della Corte Costituzionale, ritiene che le conclusioni sulle vaccinazioni non obbligatorie, ma raccomandate, possano valere anche per la vaccinazione antiepatite A, che, pur non imposta come obbligo giuridico, è stata fortemente incentivata dalla Regione.


Pertanto, ben potrebbe ricondursi alla sfera di applicabilità della L. n. 210/1992, rientrando a pieno titolo tra quelle raccomandate: infatti, "in presenza di diffuse e reiterate campagne di comunicazione a favore dei trattamenti vaccinali, è naturale che si sviluppi un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorità sanitarie: e ciò rende la scelta individuale di aderire alla raccomandazione di per sé obiettivamente votata alla salvaguardia anche dell'interesse collettivo, al di là delle particolari motivazioni che muovono i singoli".


Scarica pdf Cass., sezione lavoro, ord. n. 25697/2019

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