L'esercizio del diritto di licenziamento da parte del datore di lavoro incontra notevoli limiti legislativi. Per effetto dell'art. 1 della legge n. 604 del 1966 il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 del codice civile
o per giustificato motivo (tale norma trova ulteriore supporto negli artt. 18 della legge n. 300 del 1970 e 2 della legge n. 108 del 1990). La definizione di giusta causa si rinviene nell'art. 2119 del codice civile ove è previsto che le parti possono recedere dal contratto di lavoro (sia determinato che indeterminato) senza necessità di preavviso, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto. Ricorre l'ipotesi del giustificato motivo soggettivo quando sussiste un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro; mentre il licenziamento può essere intimato per giustificato motivo oggettivo per fatti inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Nel caso di licenziamento
per giustificato motivo il datore di lavoro deve dare al prestatore preavviso del recesso stesso. La durata del periodo di preavviso è stabilità dai contratti collettivi nazionali e varia in relazione alle qualifiche e all'anzianità dei lavoratori. Dalla natura dell'illegittimità dell'atto di licenziamento discende la conservazione del posto di lavoro e/o del risarcimento del danno a secondo delle dimensioni dell'impresa e della natura dell'invalidità. Dalla dimensione aziendale dipende l'applicazione della cd. tutela reale nelle imprese con più di 15 dipendenti, o della cd. tutela obbligatoria nelle imprese fino a15 dipendenti.
La tutela reale è prevista dall'art. 18 della legge 300 del 1970 così come modificato dall'art. 1 della legge n. 108 del 1990. Il giudice, con la sentenza che dichiara l'inefficacia o la nullità o che annulla il licenziamento, ordina la reintegrazione del lavoratore e condanna il datore al risarcimento del danno in misura non inferiore a 5 mensilità . La tutela obbligatoria è prevista dall'art. 8 della legge n. 604 del 1966 così come sostituito dall'art. 2 della legge n. 108 del 1990. Il giudice, con la sentenza che annulla il licenziamento condanna il datore a riassumere il lavoratore entro 3 giorni oppure a risarcire il danno da questi patito, versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 13380 del 08/06/2006, con decisione di segno opposto rispetto al precedente costituito dalla sentenza n. 1404 del 2000, ha statuito, in tema di licenziamento illegittimo, la compatibilità tra la tutela obbligatoria e l'indennità sostituiva del preavviso. La Corte ha statuito che il licenziamento comporta sempre, a carico del datore, l'obbligo del preavviso o dell'indennità sostitutiva, esclusa l'ipotesi di sussistenza della giusta causa per il recesso in tronco e in caso di risoluzione consensuale del rapporto, ove le parti si accordino in tal senso, mentre nell'area della tutela reale il recesso ingiustificato non è idoneo ad estinguere il rapporto di lavoro, che continua de iure, provocando solo l'interruzione di fatto alla prestazione lavorativa, viceversa, nell'area della tutela obbligatoria il licenziamento, ancorché privo di giustificazione, è idoneo ad estinguere il rapporto, giacchè l'art. 8 della legge n. 604 del 1966 come modificato dall'art. 2 della legge n. 108 del 1990, fa riferimento all'obbligo di riassumere il lavoratore, segno quindi della già avvenuta risoluzione. Ne consegue, continua la Suprema Corte, che in caso di licenziamento illegittimo, mentre il relazione alla tutela reale la indennità sostitutiva del preavviso è incompatibile con la reintegra perché non si ha interruzione del rapporto, viceversa, stante il carattere meramente risarcitorio accordato alla tutela obbligatoria, il diritto alla indennità sostitutiva del preavviso sorge per il fatto che il rapporto è risolto. In quest'ultimo caso l'indennità prevista va a compensare i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa e giustificato motivo, mentre l'indennità sostitutiva del preavviso va a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, è stato in tronco, e non vi è incompatibilità tra le due prestazioni; viceversa, sarebbe incongruo sanzionare nello stesso modo due licenziamenti, entrambi privi di giustificazione, ma l'uno intimato con preavviso e l'altro invece intimato in tronco. (Avv. Raffaele Cirillo)
Nota a Corte di Cassazione, Sez. lav., Sent. 8.6.2006 n° 13380 - Avv. Raffaele Cirillo

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