La Quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 34771 depositata il 27/9/2010, ha stabilito che, perché possa ritenersi assolto l'obbligo di sicurezza previsto dagli artt. 21 e 22 del D.Lgs. 626/94 (vigente all'epoca dei fatti), è necessario che il lavoratore venga informato dei rischi specifici connessi all'uso di un prodotto. "Tale specificità non deve arrestarsi alla esplicitazione di un mero divieto, ma deve indicare le conseguenze per la sicurezza e la salute che determinate modalità di lavoro possono comportare." Nel caso specifico, in seguito al ricorso del legale rappresentante della società - condannato nei primi due gradi di giudizio per il delitto di omicidio colposo
a seguito della morte di un proprio dipendente, avvenuta durante il lavaggio di una cisterna -, la Suprema Corte ha confermato quanto precedentemente stabilito dai giudici di merito ritenendo infondato il ricorso. In particolare, la Cassazione rileva che l'informazione specifica del rischio di esplosioni nell'utilizzo del prodotto (un solvente) non è stata data ai lavoratori addetti al lavaggio delle cisterne né risulta essere stata effettuata alcuna specifica attività di formazione in tema di sicurezza. Nel documento aziendale di valutazione dei rischi, inoltre, il pericolo di esplosioni conseguente all'uso del solvente non era stato preso in considerazione. La Corte ricorda infine che - come si legge in sentenza - "in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso, il datore è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (Cassazione n. 21587/2007)."

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