La Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 13201/2009) ha stabilito che, in sede di accertamento induttivo, l'atto impositivo dell'Amministrazione Finanziaria non è valido se gli appunti dell'imprenditore non sono allegati al processo verbale di constatazione e prodotti in giudizio. Gli Ermellini hanno dunque precisato che "il giudice tributario, quindi (…), - come chiarito anche in controversia analoga (‘compensi in mero ricevuti dalla società …. Nei cui confronti era stata compiuta una verifica fiscale nel corso della quale era emerso dalle scritture extracontabili la corresponsione' ad alcuni dipendenti ‘del compenso non assoggettato alle prescritte ritenute fiscali') (…) -, non è tenuto ad acquisire d'ufficio le prove in forza dei poteri istruttori attribuitigli dall'art. 7 D. Lg.vo 31 dicembre 1992 n. 546, perché tali poteri sono meramente integrativi (e non esonerativi) dell'onere probatorio principale e vanno esercitati, al fine di dare attuazione al principio costituzionale della parità delle parti nel processo, solo per sopperire all'impossibilità dell'una di esibire documenti in possesso dell'altra parte; l'art. 7 detto, infatti (…), deve essere interpretato ed applicato alla luce dell'art.111 Cost. (…) secondo cui il giudice deve essere ‘terzo' e dunque non può collocarsi a fianco di una parte (in ipotesi negligente) per sopperire alle carenze probatorie della stessa".
La Corte ha poi evidenziato che il giudice delle leggi ha affermato che "'il giudice tributario - ove non ritenga che l'accertamento sia adeguatamente sorretto da altri mezzi di prova, anche a prescindere dunque dalle dichiarazioni di terzi - potrà e dovrà far uso degli ampi poteri inquisitori riconosciutigli dal comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo n. 546 dl 1992, rinnovando e, eventualmente, integrando - secondo le indicazioni delle parti e con garanzia di imparzialità - l'attività istruttoria svolta dall'ufficio' (…)".

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