Anche un clandestino che veste con un abbigliamento che denota uno stato di povertà deve essere espulso. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione affermando che l'intimazione di lasciare il terrritorio va fatta anche nei confronti di clandestini trascurati e trasandati nell'abbigliamento. In precedenza il Tribunale che si era occupato del caso esaminato ora dalla Corte, aveva assolto un clandestino "perche' il fatto non costituisce reato" che non aveva ottemperato all'ordine di lasciare il territorio impartito dal questore alcuni giorni prima. Secondo il Tribunale il fatto che l'immigrato apparisse trasandato e non indossasse "capi di abbigliamento costosi" era indice del fatto che fosse privo di disponibilita' economica tale da giustificarne la sua permanenza in Italia. Ricorrendo in Cassazione la Procura
ha sostenuto che il clandestino dovesse invece essere espulso e che la trascuratezza nel vestiario non poteva costituire il metro per misurarne "l'assoluta impossidenza". La prima Sezione penale della Corte (sentenza 18537/2009) ha accolto il ricorso della Procura ed ha osservato che "gli indici" che avevano portato il giudice a stabilire la poverta' del clandestino "non integrano l'ipotesi di particolare pregnanza della assoluta e comprovata impossidenza, idonea a costituire giustificato motivo di inottemperanza" all'ordine di espulsione. In sostanza, spiegano gli Ermellini, la trascuratezza dell'abbigliamento non puo' essere utilizzata come parametro di valutazione per giudicare uno stato di povertà tale da fare assolvere i cosiddetti "migranti economici" che non rispettano l'ordine del questore di lasciare il paese.

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